effetti delle mafie sui ragazzi . i suicidio di Vittorio Maglione 13 anni figlio di un camorrista che non vuole diventare come il padre

  effetti  delle  mafie   sui  ragazzi  . i  suicidio   di   Vittorio Maglione  13  anni figlio di un  camorrista  


  da  https://www.facebook.com/leonardocecchi1991 

Vittorio Maglione aveva 13 anni quando si impiccò nella sua cameretta, a Napoli, il 10 aprile 2009. Lo scrisse su messanger, dicendo addio a tutti, fuorché al padre, un camorrista. A lui disse solo questo: “Io non voglio diventare come te. Me ne vado, non ti scoccio più”. Vittorio aveva perso il fratello maggiore pochi anni prima, ucciso perché aveva rubato il motorino alla persona sbagliata. E da anni “scocciava” il padre e la famiglia, perché nonostante avesse 13 anni tutto voleva fuorché una vita da delinquente, a cui pure a causa del contesto dove viveva sembrava destinato. Si tolse la vita in questo giorno. Un ragazzo che studiava alla scuola dedicata a Giancarlo Siani e che voleva un futuro lontano dalla malavita. Ricordando questo giorno, è difficile esprimere un concetto che non sia francamente solo il dolore per una morte così. Eppure un pensiero va fatto: quanti Vittorio esistono? Quanti ragazzi vengono condannati ad un futuro a cui non possono sottrarsi? Le mafie sono un cancro e si autoalimentano. Combatterle passa dall’agire preventivamente sulle loro fonti, le famiglie. Perché di Vittorio ce ne sono tanti, ed è compito dello Stato offrire loro una fuga da quel mondo che non sia togliersi la vita.


e da repubblica  del 11 aprile 2009

Suo padre è un esponente dei Casalesi, suo fratello fu ucciso giovanissimo
Dopo una lite col padre, lascia un messaggio in chat e si toglie la vita

Napoletano, 13 anni, figlio di boss
annuncia suicidio sul web e s'impicca

di STELLA CERVASIO


Napoletano, 13 anni, figlio di boss annuncia suicidio sul web e s'impicca
NAPOLI - "Adesso sei contento? Non ti rompo più ". Figlio di boss dei Casalesi, a tredici anni ha lasciato una riga di rabbia contro il padre nel grande mare di parole di Messenger. L'addio affidato alla chat alla quale gli adolescenti consegnano i loro pensieri protetti da un nickname, un nome di fantasia. Ha legato una corda a una trave del soffitto della casa dove viveva con i genitori e un fratello gemello, a Villaricca, periferia di Napoli e si è  lasciato cadere da un tavolo. Non voleva andarsene senza dirlo a nessuno, ha lasciato anche un biglietto, trovato sul tavolo: "Addio a tutti quelli che mi hanno voluto bene".
A luglio avrebbe compiuto tredici anni. Uno meno di suo fratello, rapinatore ammazzato dagli "scissionisti" di Secondigliano nel 2005 a Mugnano. Vittorio Maglione andava a scuola, faceva la seconda media, e a differenza del fratello Sebastiano, a quattordici anni già  sulla strada del crimine, non aveva esordito nel mondo di Gomorra. Una famiglia difficile, la violenza di una periferia congestionata e abbandonata: il padre, Francesco Maglione, nel giro era entrato molto presto.
Finito in galera per il primo omicidio a scopo di rapina nel '78, a diciott'anni, era stato nella Nco di Raffaele Cutolo, e alla fine degli anni ottanta era entrato in forze ai Casalesi, passando prima con il boss Tambaro e infine con il feroce Francesco Bidognetti, "Cicciotto 'e mezanotte".
A trovare il ragazzo quando non c'era più niente da fare è stata la madre, che era uscita per fare la spesa. Il primo giorno di vacanze per Pasqua a scuola. Il tredicenne si era alzato tardi e si era messo al computer per la quotidiana razione di "chiacchiere" elettroniche tra coetanei. I carabinieri della compagnia di Giugliano hanno trovato il pc acceso con una schermata di commenti negativi a quel proposito annunciato con enfasi: "Me ne vado, non ti scoccio più ", rivolto al padre. Gli amici, identificati con nickname dai quali gli investigatori cercheranno di risalire alla vera identità dei ragazzi, hanno cercato di dissuadere Vittorio. Molti i messaggi increduli. "Veramente ti vuoi ammazzare?".
Niente aveva girato pi� in quella casa, dopo la morte violenta di "Bastiano", quattordici anni e la vita a rischio per amicizie sbagliate. In piena faida di Secondigliano, gli "scissionisti", i dissidenti del clan Di Lauro che hanno insanguinato un vasto territorio con un crescendo di sfide, il 9 marzo del 2005 spararono un colpo alla testa a distanza ravvicinata al figlio maggiore di Maglione. Aveva rapinato la persona sbagliata e doveva essere punito: ma il raid degenerò come accadeva spesso in quel periodo, nella cruenta lotta tra bande. Un inseguimento in una strada deserta e poi l'esecuzione.
Dopo pochi giorni squadra mobile e carabinieri arrestarono cinque ragazzi, tre dei quali minorenni. Sebastiano Maglione, in sella a un ciclomotore Honda Sh con un complice, aveva tentato il colpo su uno dei suoi coetanei che era fuggito andando a chiamare i rinforzi. La vendetta del branco non si era fatta attendere.

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