3.12.17

Costruire verità di comodo è un vizio antico. le fake news fenomeno storico

 i media  in questi giorni  hanno scoperto   un fenomeno vecchio come le  mutande  di mio nonno  , quello delle fake  news  . Esse   non sono  una novità   , sono sempre  esistite  e sempre  esisteranno  . E  una lotta  continua  in quanto  , come  dico  già nel titolo ,  costruire le  verità  di comodo è  un vizio antico   come  quello del complottismo  . Ecco  un interessante articolo  di Enrico Carta   , preso  dalle pagine  culturali  da quotidiano sardo   del nord  sardegna  www.lanuovasardegna .it   del  2  \12\2017



Sogni e menzogne Le fake news nate in Sardegna

Le false Carte d’Arborea: medioevo sardo inventato Costruire verità di comodo è un vizio antico

la  giudicessa Eleonora  d'Arborea  
Fake news, notizie false. In tempi d’inglese imperante dominano soprattutto il mondo dei social network. Appaiono come il nuovo Satana della società contemporanea, portatrici di valori antistorici e accreditatori d’ignoranza. Eppure nient’altro sono che un vizio antico dell’umanità che, a più riprese, ha tentato di costruire storie inventate di sana pianta o di accomodarne altre a seconda del proprio tornaconto politico. La loro fabbricazione è un male antico quanto l’uomo che un tempo mitizzava in poemi epici e rime l’origine dei propri regnanti, i quali erano ben disposti a pagare cantori e aedi per vedere il proprio nome accanto a quelli degli dei, millantando così parentele tutt’altro che terrene.
ALLA RICERCA DI UN’IDENTITÀ Quello delle notizie false non è però solo un male lontano temporalmente e geograficamente. Anche la Sardegna ha un passato non troppo remoto in cui tentò di accreditare come vere alcune carte fabbricate ad arte forse un po’ per scherzo, forse per fama personale, forse perché all’epoca gli ideali romantici trionfavano e i popoli cercavano per le proprie origini un passato glorioso. Questo pezzo di storia falsa inizia nella città per eccellenza dell’epopea giudicale: Oristano, terra degli Arborea; terra dei giudici e della più famosa regnante della storia sarda. Eleonora. Intorno alla sua figura e alla sua casata doveva compiersi il disegno d’identità culturale e per questo nacquero nel 1845 i “Falsi d’Arborea”, una serie di carte maldestramente confezionate attraverso le quali si tentò di colmare il vuoto storico della Sardegna medievale e di far prevalere la tesi che i giudicati avessero avuto il loro germoglio nell’isola e non in terre lontane d’oltremare – la stessa Eleonora nacque nel 1847 a Molins de Rei in Catalogna –
FALSI RE CHE SOPRAVVIVONO Ci provarono, più o meno consapevolmente, lo storico cagliaritano Pietro Martini, il frate Cosimo Manca, l’archivista paleografo cagliaritano Ignazio Pillito e il notabile oristanese Salvatorangelo De Castro. È nei “Falsi d’Arborea” miracolosamente ritrovati – in realtà erano pergamene contraffatte in quegli anni e fatte risalire al medioevo – che si ritrova il nome di Gialeto, mitico e mai esistito Giudice di Cagliari che spartì i giudicati di Arborea, Gallura e Torres.
Accanto al suo nome si trovano quelli di altri mitici discendenti di Mariano ed Eleonora d’Arborea. Così, passeggiando per le vie di Oristano ci si imbatte nella toponomastica che riporta i nomi dello stesso Gialeto, di Serneste, di Torbeno Falliti il cantore inventato di quelle vite mai vissute. C’è persino, tra le strade più importanti, quella dedicata ad Aristana. Chi era? La moglie di tal giudice Gonario nonché mitica fondatrice della città. Mai esistiti, non hanno certo calcato il suolo oristanese.
I Codici d’Arborea durarono lo spazio di un mattino perché nel 1870 l’Accademia delle Scienze di Berlino chiuse il caso bollando per sempre come false quelle carte. Gli oristanesi e i sardi non parvero vergognarsi e anzi, per anni sulla scorta di quei documenti artefatti si continuò a rivendicare un certo orgoglio identitario. Del resto quello non fu mica un unicum. Prima che la propaganda diventasse uno degli elementi fondanti del potere totalitario del ’900 – i regimi nazista, fascista e comunista, ma non solo, furono abilissimi manipolatori della realtà anche utilizzando notizie false, mascherate o appunto fabbricate ad arte – il potere consolidò se stesso non solo con le armi, ma anche con l’utilizzo di fake news ante litteram.
IL FALSO DEL PAPA RE
Gli esempi si sprecano e a utilizzarli non furono soltanto regnanti e politici, visto che la Chiesa vi fece ampio ricorso. L’esempio più lampante in ambito ecclesiastico fu quello della Donazione di Costantino, smascherata nel 1517 dall’umanista Lorenzo Valla. Solo che quella notizia falsa confezionata sotto forma di documento aveva resistito per quasi cinque secoli e su di essa la Chiesa romana cattolica aveva fondato la propria vocazione di carattere temporale e universalistica che trasformava il Papa in un sovrano al pari di tutti gli altri.
Ma tutto il medioevo è impregnato di falsi. Durante quei secoli di mutamenti continui, di guerre, di popoli che migrano, di nuovi regni che nascono c’è bisogno di prove materiali. E allora saltano fuori a ripetizione pezzi del legno della Croce di Gesù e i chiodi usati per la condanna. Ma non mancavano le reliquie e i corpi di santi, senza però alcuna conferma storica. Bastava l’autorevolezza di chi imponeva come vero quel che era falso. Della vita di San Francesco, ad esempio, si conosce solo la vulgata approvata dalle gerarchie e scritta da Bonaventura da Bagnoregio.
Nemmeno la letteratura fu immune da questa tentazione. Nel 1760 lo scrittore scozzese James Macpherson pubblicò in forma anonima i Canti di Ossian. La raccolta di atavici versi gaelici, scritta in realtà dallo stesso Macpherson, fu attribuita al bardo Ossian, colui che doveva diventare l’Omero dei popoli nordici e celtici. Su di essi, per quanto fasulli, poggiarono le basi i sentimenti che ispirarono il romanticismo con le sue implicazioni filosofiche e politiche.




LE TRAME DEGLI EBREI
Se i Canti di Ossian possono tutto sommato essere considerati innocui, non altrettanto si può dire dei tristemente famosi Protocolli dei Savi di Sion che, per quanto falsi, diventarono il principale manifesto dell’antisemitismo nell’Europa in fermento. In quel documento 
fabbricato in Russia all’inizio del XX secolo, si attribuiva al popolo ebraico la paternità di quella che passerà alla storia come la Cospirazione giudaico
massonica che aveva come obiettivo la conquista del potere mondiale. Fu il germe da cui scaturirono le terribili campagne d’odio e col quale furono giustificate le successive operazioni di sterminio di massa perpetrate dal nazifascismo durante la Seconda Guerra Mondiale.




Ora  è vero che   con il  web  soprattutto   con i siti  acchiappalike    e  i social   si moltiplicano    tanto  da rendere   sempe  più difficile  (  infatti non  è rado che anche  i  giornali  ufficiali ci caschino  e ne  siano portatori   o  vittime  inconsapevoli visto  che  i   diffusori  di fake  news  stanno  ,  visto i  controlli di google  e  e dei  social    sempre  più  abili  nea  diffusione  mescolandole   ed  insrendole  in articoli veri ed  ufficiali  )   distinguerle   dal  vero eo dal vero simile .
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paraocchi  di Paweł Kuczyński 1976 - vivente
Ma  esistono  metodi      per  cercare  di  cntrastarle  o  qualto  meno ridurre   ad  un livello fisiologico  , visto che la certezza  assoluta  non esisterà mai  . Infatti Internet   esponde  a  tanti pericoli  ma  fornisce   anche  molte  soluzioni , basta  saperlo usare, ma  soprattuttovolerlo   e  saperlo fare   ,  per  verificare   ed  incrociare  i fatti   ed  informazioni  


 ecco un articolo interessante  sempre  dala stessa  fonte  di   Roberto Petretto 




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una    delle tante  c... di bufale    xenofobe  
Abbandonando per una volta anglicismi modaioli, si potrebbe tranquillamente sostituire l’espressione fact checking con la più tradizionale “verifica dei fatti”. Una cosa che nel giornalismo si è sempre fatta, o sempre si sarebbe dovuta fare. Sono cambiati i tempi e l’inondazione di informazioni investe utenti finali e operatori professionali. Per gli uni e per gli altri è diventato difficile distinguere le notizie affidabili, ma se per i primi non esiste un obbligo di verifica, per i secondi invece c’è ed è tassativo. Oltre a sempre più pressante, perché in futuro la vera distinzione si farà tra chi fornisce un’informazione affidabile e certificata e chi non lo fa. Anche se di questi tempi non si direbbe. Ecco quindi la necessità di attrezzarsi con gli strumenti adatti, ma anche con buone pratiche. «Si può fare se sai come fare», dice qualcuno. Allora bisognerebbe dotarsi, prima di trovarsi in condizioni di emergenza o anche semplicemente per l’esercizio quotidiano della professione, di routine che ottimizzino i tempi e consentano di seguire un percorso alla fine del quale ci deve essere una notizia attendibile. L’imperativo è: rallentare. La fretta imposta dalla necessità di essere sul web con tempestività, rapidità e prima della concorrenza è spesso frutto di malintesi e imprecisioni. È necessario prendersi il tempo per le verifiche indispensabili. Perché oggi, nel mondo del giornalismo, il vero “buco”, quello che sino a ieri era rappresentato dal non avere una notizia data dalla concorrenza, è il dare una notizia falsa.

Internet espone a molti e consistenti rischi, ma fornisce anche un buon arsenale di strumenti con cui difendersi. Il secondo imperativo diventa quindi: tutto è falso sino a prova contraria. Bisogna mettere sotto esame anche le notizie che sembrano affidabili. Un tweet di un personaggio famoso è uno spunto per una notizia? Accertarsi che si tratti della persona a cui quella dichiarazione è attribuita. I maggiori social network certificano l’autenticità di alcuni profili, ma a volte ci possono essere dei falsi ben congegnati. Su lemmetweetthatforyou o Simitator, ad esempio, si può produrre un falso tweet attribuendolo a chiunque. Mai fidarsi di semplici screenshot, dunque: meglio risalire al profilo autentico. Se si ha incertezza su una foto spacciata per recente si può fare la ricerca inversa su “Google Immagini” e scoprire se è già stata pubblicata in passato. Lo stesso, ma per i filmati, fa Youtube DataviewerGeoserch Tool fornisce informazioni e condivisioni da determinate aree geografiche. Wolfram Alpha è un “motore computazionale di conoscenza” che interpreta le parole chiave inserite e propone una risposta invece di fornire una lista di collegamenti ad altri siti. Se si cercano informazioni su qualcuno è preferibile rivolgersi a Linkedin, dove di solito sono più affidabili. Si

ha il dubbio che una immagine possa essere stata fotoshoppata? Si può fare una prova con Fotoforensics. Graph aiuta a testare l’autenticità dei profili Facebook. Insomma, gli strumenti non mancano per verificare tutto, ma proprio tutto. Perché tutto è falso, sino a prova contraria.

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