‘La rosa dell’Istria’, l’esodo dei profughi giuliani è un film. La direttrice di Rai Fiction: “Non c’entra secondo la destraTeleMeloni, è memoria condivisa” oppure no ? staremo a vedere

  


di  cosa  stiamo parlando  
Ci sono storie comode, che è facile raccontare perché generalmente accettate, e anzi celebrate. E ce ne sono altre, invece, che disturbano perché a lungo occultate, travisate, addirittura negate. Così, ancor prima della messa in onda, ha suscitato palesi irritazioni La rosa dell'Istria, il film tv che (tratto dal
romanzo di Graziella Fiorentin Chi ha paura dell'uomo nero?, e diretto da Tiziana Aristarco) vedremo lunedì 5 febbraio su Raiuno. Il motivo? secondo la i nazionalisti ed la destra : << Il film racconta la storia dell'esodo dall'Istria dei profughi istriani e dalmati, dal 1943 in poi costretti dai partigiani comunisti di Tito ad abbandonare terra, casa e lavoro, per vagare in cerca d'identità e dignità. Non basta: il film della Aristarco è stato presentato lo scorso dicembre assieme a molti altri titoli, fra i quali però vennero notati soprattutto La lunga notte (sui fatti del Gran Consiglio del 25 luglio 1943) e L'Italia chiamò (biopic su Goffredo Mameli). >>.Ora   Il protagonista Andrea Pennacchi: su   Repubblica  : << Su Rai 1 ‘La rosa dell’Istria’, l’esodo dei profughi giuliani è un film. La direttrice di Rai Fiction: “Non c’entra TeleMeloni, è memoria condivisa” >>
 afferma    giustamente Storie che vanno raccontate perché riguardano anche il mondo in cui viviamo .Lavorando sul territorio abbiamo trovato "ancora ferite molto aperte, non me l'aspettavo. C'è ancora la necessità da parte di molti di avere risposte, ci sono divisioni ancora molto forti". >>  Dello   stesso    temore   è la regista Tiziana Aristarco, parlando del film tv da lei diretto La rosa dell'Istria, con, fra gli altri, Andrea Pennacchi, l'esordiente Gracjela Kicaj, Clotilde Sabatino, Costantino Seghi e Eugenio Franceschini che debutterà su Rai1 in prima serata il 5 febbraio, poco prima del Giorno del Ricordo, giornata  ormai.  diventata settimana  ,  in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata . Il racconto, liberamente ispirato al romanzo Chi ha paura dell'uomo nero? di Graziella Fiorentin (Corbaccio) affronta il tema attraverso il dramma famigliare degli istriani Braico, che di fronte ai crescenti pericoli seguiti all'armistizio del '43 in Italia, tra i soldati tedeschi che cercano di riorganizzarsi nella Repubblica di Salò e le truppe del maresciallo Tito intenzionate ad annettere l'Istria alla Jugoslavia, decidono di lasciare la propria terra per trovare rifugio in Friuli. Esso  dovrebbe   avere   , l'intento    di  << Costruire una nuova narrazione >>
   nel raccontare   <<  un'altra tappa nel ventaglio di racconti che vogliamo fare del nostro Paese nel segno di una memoria condivisa, anche perché vediamo come certe tragedie anche oggi si ripetono - spiega in conferenza stampa la direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati, che respinge l'idea che il film tv sia riflesso della cosiddetta Telemeloni - Escludo l'idea che ci sia stato dietro un pensiero di costruzione di una nuova narrazione. Anche perché abbiamo cominciato a scrivere tre anni fa". >>È "importante raccontare anche parti di storia che sono state ancora abbastanza raccontate e  vengo   raccontate  male    strumentalizzate  ideologicamente  .  concordo  con   quanto  si dice sempre  su repubblica  : <<   Parliamo di tutti, smettiamola di parlare solo di una parte, la ricchezza di questo Paese sono le storie, bisogna farle conoscere >>.


                                                        Andrea Pennacchi e Gracjela Kicaj



La rosa dell'Istria, coprodotto da Rai Fiction, Publispei e Venicefilm (che aveva già realizzato sul tema delle foibe il  mediocre   ,  si  salva  solo  per la  fotografia  e il  buon cast  , Red land di Maximiliano Hernando Bruno, qui cosceneggiatore con Angelo Petrella e coproduttore), inserisce la grande storia in una chiave "che la rende [  o dovrebbe renderlòa     corsivo  mio   ] volutamente accessibile al pubblico più ampio possibile, quella del romanzo popolare  >>aggiunge Ammirati.



Nella foto:  Andrea Pennacchi e Costantino Seghi

  dalla  trama 

L'esodo della famiglia Braico
Così seguiamo l'esodo della famiglia Braico, segnato proprio all'inizio dal destino del figlio maggiore, Nicolò. Il capofamiglia, Antonio, medico (Pennacchi), porta la moglie e i due figli, la 18enne Maddalena, talentuosa pittrice e il figlio più piccolo Saulo, prima in Friuli, poi in Veneto, tra spaesamento, pregiudizi, difficoltà economiche e nuovi inizi. Un percorso nel quale Maddalena (Kicaj) incontra Leo (Franceschini), anche lui giovane pittore, che la incoraggia a credere nel proprio talento: una strada che la mette in rotta di collisione con il padre.L'esodo della famiglia Braico, segnato proprio all'inizio dal destino del figlio maggiore, Nicolò. Il capofamiglia, Antonio, medico (Pennacchi), porta la moglie e i due figli, la 18enne Maddalena, talentuosa pittrice e il figlio più piccolo Saulo, prima in Friuli, poi in Veneto, tra spaesamento, pregiudizi, difficoltà economiche e nuovi inizi. Un percorso nel quale Maddalena (Kicaj) incontra Leo (Franceschini), anche lui giovane pittore, che la incoraggia a credere nel proprio talento:na strada che la mette in rotta di collisione con il padre.
"L'esodo ha riguardato 350mila persone che nell'arco di sei, sette, otto anni hanno dovuto lasciare la casa e i loro beni per rimanere italiani" ricorda Alessandro Centenaro, coproduttore per Venice Film. È "un film importante su cui abbiamo lavorato con grande amore e passione - aggiunge Verdiana Bixio, coproduttrice per Publispei - C'è uno sforzo produttivo notevole e si vede una quantità di territorio friulano incredibile, con un'ottantina di location".
Nel ruolo della protagonista c'è l'esordiente Graciela Kicai, albanese che vive in Italia fin da bambina, ora allieva all'Accademia di Brera: "Sono venuta in Italia da molto piccola e non mi è capitato di subire bullismo o di essere emarginata come succede a Maddalena”, spiega. Però quello del film  <<  è  un tema che ritroviamo tutti i giorni nelle notizie, dall'Ucraina al Medio Oriente, vediamo tutti come la storia si ripeta >>.
 Sembra    buna   . Infatti  sempre  secondo  repubblica  : <<  Lavorando sul territorio abbiamo trovato "ancora ferite molto aperte, non me l'aspettavo. C'è ancora la necessità da parte di molti di avere risposte, ci sono divisioni ancora molto forti". Lo spiega la regista Tiziana Aristarco, parlando del film tv da lei diretto La rosa dell'Istria, con, fra gli altri, Andrea Pennacchi, l'esordiente Gracjela Kicaj, Clotilde Sabatino, Costantino Seghi e Eugenio Franceschini che debutterà su Rai1 in prima serata il 5 febbraio, poco prima del Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. >>
Purtropo  Il racconto, liberamente ispirato al romanzo Chi ha paura dell'uomo nero? affronta il tema attraverso il dramma famigliare degli istriani Braico, che di fronte ai crescenti pericoli seguiti all'armistizio del '43 in Italia, tra i soldati tedeschi che cercano di riorganizzarsi nella Repubblica di Salò e le truppe del maresciallo Tito intenzionate ad annettere l'Istria alla Jugoslavia, decidono di lasciare la propria terra per trovare rifugio in Friuli e  non affronta     tutto   quello   che c'era  prima  . In  quanto  le  origini   di tali  abberrazioni  vanno  ricercate  non solo      il 25 luglio  1943 . 
 


Quindi se proprio    si  vuole  e si deve   "Costruire una nuova narrazione”  va  fatta  a  360 gradi    soprattutto    se  lo si fa  in tv   . Altrimenti   l'istituzione  della  giornata  settimana   è  solo mera  propaganda   ed  uso  politico   \  strumentale   della storia  . E  un'altra tappa nel ventaglio di racconti che vogliamo fare del nostro Paese nel segno di una memoria condivisa, diventa solo ipocrisia  e pulicoscienza  ,  anche perché   <<  vediamo come certe tragedie anche oggi si ripetono - spiega in conferenza stampa la direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati, che respinge l'idea che il film tv sia riflesso della cosiddetta Telemeloni.  
Ed  ecco  che  lo  scopo    di   raccontare anche parti di storia  cosi dolorosa  ed  ancora  "  divisiva "  con cui  anora   non  abbiamo  fatto i conti   e    di cui  si pretende  di volere  fare un qualcosa  di condiviso   Quini   parliamo di tutti, smettiamola di parlare solo di una parte, la ricchezza di questo Paese sono le storie, bisogna farle conoscere bene .La rosa dell'Istria, coprodotto da Rai Fiction, Publispei e Venicefilm (che aveva già realizzato sul tema delle foibe Red land di Maximiliano Hernando Bruno, qui cosceneggiatore con Angelo Petrella e coproduttore), inserisce la grande storia in una chiave "che la rende volutamente accessibile al pubblico più ampio possibile, quella del romanzo popolare" aggiunge Ammirati.D'accordo con lei Andrea Pennacchi: "La memoria che hai e che guida le azioni nel presente, è diversa dalla storia che ti insegnano a scuola - sottolinea l'attore - lo dico da figlio e nipote di partigiani. Ora vediamo nel mondo il fallimento di memorie che non sono riuscite a dialogare l'una con l'altra. Queste sono storie che devono essere raccontate perché riguardano anche il mondo in cui viviamo adesso".

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