28.1.09

Reitano, amico discreto

Non ero una sua fan. Non posso nemmeno dire di conoscere tante sue canzoni. Giusto le più famose: Avevo un cuore che ti amava tanto, Una chitarra cento illusioni, Era il tempo delle more, Gente di Fiumara e, naturalmente, Italia. Ma senza dubbio non rientrava nel mio genere.



Il perché lo ha descritto molto bene Gino Castaldo nel suo necrologio, oggi, su "Repubblica": icona della canzone tradizionale, o forse tradizionalista, voce e testi pregni di eccessivi patetismi. Eppure la morte di Mino Reitano mi rattrista profondamente. Sapevo della sua malattia, sapevo che non avrebbe resistito a lungo. Ma questo calabrese povero trapiantato in Brianza mi aveva sempre suscitato simpatia. Forse lo associavo a mio nonno, anch'egli calabrese, anch'egli emigrato, o piuttosto fuggito, a Varese (e da molte altre parti), il suono della terra da parte d'un senzaterra, un paesaggio solatio. Mio padre aveva incontrato Mino nel 1969, all'apice della sua gloria, al parco di Monza. E lui subito gli aveva regalato una foto con dedica. A me.


Mino mi piaceva. Mi rassicurava. Non ne ero innamorata assolutamente, lo vedevo come un fratellone slungagnato, con quelle improbabili camicie a coda di rondine, strizzato in giacche nere (o scure, ma la Tv di allora non trasmetteva i colori) che rimpicciolivano le spalle. Il classico migrante vestito a festa per le grandi occasioni, come usava tanti anni fa.


Eppure lui si sentiva, e sicuramente era, artista. Affermava di aver cominciato con un repertorio tutt'affatto diverso. "Le mie prime canzoni erano dei rock'n'roll", affermava. "Ho vissuto in Germania e in Inghilterra con turchi, svedesi, italiani, americani e ho colto il bello di tutte quelle culture. Poi mi scoprì un impresario, che costruì il personaggio. Mi disse: proviamoci. Ma tu la pianti di fare il rock. Sei un cantante strappalacrime". Fosse o no vero, Mino era il classico artigiano musicale che aveva firmato, fra l'altro, un pezzo sanamente beat come Perché l'hai fatto e il brano di cui andava giustamente fiero: Una ragione di più, portato al successo da Ornella Vanoni. In fondo, si sopravvive (e si ha significato) con una sola opera. Una ragione di più aveva anche Reitano, passionale, semplice e generoso coi suoi tanti fans. Una vena di malinconia. Magari non sempre capito. Con lui, se n'è andato anche un pezzo della mia gioventù.


Daniela Tuscano

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