28.4.14

L’ex carabiniere racconta: «Io sono un miracolato dell’alluvione» [ del 18 nobvembre 2013 ]

da la  muova  Galura  del  27\4\2014 

Ha salvato una donna durante il ciclone: «Sono rimasto ferito, così ho fatto i check-up. Solo così ho scoperto di avere un grave male e mi sono potuto curare»
di Serena Lullia 

 
OLBIA. L’alluvione gli ha dato una seconda vita. Paradosso di una tragedia. Giacomo Usai, carabiniere in pensione (  foto   a sinistra  )  la notte del 18 novembre è in prima linea per aiutare i vicini di casa travolti dal fango. Eroe dell’acqua dopo esserlo stato del fuoco, nel 1988. La
 notte del 18 novembre è in prima linea per aiutare i vicini di casa travolti dal fango. Eroe dell’acqua dopo esserlo stato del fuoco, nel 1988. Per quel gesto ha ricevuto una medaglia di bronzo al valore civile. Nel cuore del pantano di via Emilia l’ex militare salva la vita alla dirimpettaia del piano terra, e ai suoi due gatti. Mentre strappa la donna alla violenza dell’acqua viene colpito su un fianco da una bombola. Una costola cede. Il dolore sempre più forte lo accompagna per settimane. Poi altre due costole si spezzano. I controlli in ospedale fanno emergere una gravissima insufficienza renale, un problema cardiaco e un mieloma multiplo. Usai viene ricoverato a Olbia e poi trasferito a Sassari. Una degenza lunga tre mesi e mezzo. La scorsa settimana il rientro a casa. 
Occhi vispi, movimenti rapidi da folletto, un vulcano di parole. Giacomo Usai racconta per la prima volta il suo 18 novembre. Una data che ha segnato la sua vita. 


Lo scafandro usato

E quella di sua moglie Maria, 37 anni insieme. Due esistenze in una. «Credo di essere l’unica persona che deve ringraziare l'alluvione – commenta –. Senza quella catastrofe molto probabilmente non sarei qui. Negli ultimi 16 anni non avevo mai fatto le analisi del sangue. Ho sempre avuto una salute di ferro».
L'ex brigadiere capo, 60 anni, rivive quei momenti a 5 mesi di distanza. La pioggia violenta, l'acqua che sale di livello in via Emilia, la strada
il cortile della suia  casa  nel fango 
 che si trasforma in un fiume. «Ho indossato gli stivali e lo scafandro da pescatore per andare a spostare la mia auto – torna indietro con la memoria –. Mia moglie si è affacciata dal terrazzo del nostro appartamento al primo piano e mi ha urlato: “Salva Piera”». Piera Canu vive al piano terra del palazzo di via Emilia. «La porta di ingresso non si apriva – prosegue Usai –, vedevo Piera sul divano mentre l’acqua saliva. Ho forzato la finestra del bagno. Piera urlava che prima dovevo mettere in salvo i suoi gatti. Ho fatto come mi ha chiesto. Una alla volta ho preso le due ceste con gli animali e le ho portate sulle scale. L’acqua era ormai alta un metro e mezzo, un fiume che trascinava di tutto. Mentre sollevavo Piera qualcosa mi ha colpito con forza al fianco, forse una bombola». La donna ricorda con commozione quei momenti. «Se non fosse per Giacomo sarei morta – afferma –. Non so nemmeno nuotare. La casa si è allagata all’improvviso. La televisione parlava di allerta meteo, ma non pensavo mai a una cosa del genere. Ho chiesto a Giacomo di prendere prima i miei gatti. Non posso che ringraziarlo per aver salvato tutti noi».
L’ex brigadiere continua ad avere forti dolori al fianco, non riesce nemmeno a dormire la notte. «Ma non volevo andare in ospedale – aggiunge –. Poi una sera, mentre guardavo la televisione, ho tossito. Stavo ridendo per un film di Stanlio e Ollio. Ho sentito il rumore di qualcosa che si rompeva. Al pronto soccorso mi hanno trovato una costola incrinata e due rotte. Sono stato ricoverato in chirurgia per due settimane. Quando sono ritornato per ulteriori controlli avevo la pressione altissima, a 250, i reni collassati». Scatta il ricovero d’urgenza, poi il trasferimento a Sassari. «Adesso faccio quattro ore di dialisi al giorno e la chemio – commenta Usai senza perdere mai il sorriso –. Reagisco bene alle cure. Spero di ricominciare a fare almeno la metà delle cose di prima. Coltivavo l’orto, andavo a pesca, raccoglievo asparagi, funghi. L’importante è che sono ancora qui. E devo ringraziare l’alluvione».

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