Mamma suicida nel Tevere, in quel gesto tutta l’indifferenza della società per le donne e il inismo dei giornali

Mamma suicida nel Tevere, in quel gesto tutta l’indifferenza della società per le donne
A mente fredda e e mettendo da parte il mio intento di giudicare e di fare considerazioni sulle motivazioni del suo gesto insomma   fare  cosi  :
<< ( .... ) Se tu penserai, se giudicherai \ da buon borghese li condannerai a cinquemila anni più le spese \ma se capirai, se li cercherai fino in fondo \se non sono gigli son pur sempre figli \ vittime di questo mondo. ( cit musicale ) >>   se  non  qualcosa  di simile  a  quanti scrive 
 Maddy Gabry  un  mio contatto  facebook : << Siamo diventati troppo egoisti...non abbiamo piu spazio per gli altri !! Capisco la sua disperazione e sono indignata poiche non c e' stato nessuno ad aiutarla nel suo dramna😢>>come riesco a parlare di questa tragedia . Ma come spesso mi accade davani a simili eventi non riesco a trovare parole che non sian le classiche e di circostanza , riporto un belllissim pensiero della nostra utente Daniela Tuscano ch ha perfettamente nel giudicare tale giornalaccio ( metaforicamente parlando ) come una cloaca .







Daniela Tuscano ha condiviso un post nel gruppo: ColorPorpora.

Salvo Di Grazia Mi piace
7 h · 


La prima volta che l'ho visto sono rimasto allibito, pensavo al solito titolo finto, a "humor nero", invece è tutto vero.
Il giornale Libero, a proposito della notizia di una donna neonamma che si è suicidata uccidendo anche i propri figli, pubblica un articolo a firma di Brunella Bolloli che si intitola "Mamma poco affettuosa si uccide con due bimbe".

La giornalista non si crea problemi a giudicare dall'alto della sua perfezione l'affetto di una donna che si uccide e uccide ciò che più ha di caro nella vita: nessuna pietà, quella mamma era "poco affettuosa".
I giornalisti però ogni tanto devono aggiornarsi e qualcuno un giorno dirà alla signora Bolloli che esiste un male terribile, molto difficile da curare. Si chiama "depressione post partum".
Gli inglese tentanto di alleggerire questo problema chiamandolo "post partum blues" ma non cambia il problema di fondo.

Il parto, evento bellissimo, è spesso un cambiamento importante nella vita fisica e psicologica della donna e questo è vissuto da ognuna in maniera diversa. Ci sono poi i contorni. Donne letteralmente abbandonate, altre trascurate, famiglie inesistenti, doveri, obblighi, responsabilità. Poco sonno. Stanchezza.Questo può causare gravissime conseguenze, un male profondo.Ci sono due modi per curare questo male: la medicina e l'affetto di chi ti sta attorno. Spesso funzionano.Quella giornalista, che sicuramente mai ha sofferto e mai soffrirà di depressione post partum, ha condannato la "mamma poco affettuosa", non le ha dato nessuna possibilità, l'ha giudicata e ha deciso la causa della tragedia.
Invece io sono dispiaciuto per quella mamma che ha fatto il gesto più pesante per lei ma anche per la società, una mamma che ha ucciso i propri figli non è "poco affettuosa", probabilmente ha ricevuto "poco affetto". Questo titolo è un po' lo specchio della nostra società, pronta a giudicare il prossimo e pensare solo a se stessi e non agli altri, specie se non ci servono.
Alla signora Bolloli, sicuramente bravissima giornalista e mamma, auguro buone feste, piene di calore, di amore e di affetto.

Niente  di  più  vero .   infatti    come  dice  Manuela Campitelli   Giornalista e ideatrice di www.genitoriprecari.it 
 Su  ilfattoquotidiano del  22\12\2018
Fa male leggere la vicenda della donna che a Roma si è buttata nel Tevere con le due bambine in braccio con la prospettiva del giudizio. È una prospettiva filtrata dal sentenze facili, da verdetti e processi ingiusti. Lei, 38 anni e un vissuto che nessuno può sindacare, deve aver sofferto molto perché nessuno decide di togliersi la vita se è felice. Solo questo possiamo dire di lei.
Non possiamo dire se fosse stata o meno una buona madre (in base a quali parametri?), una madre affettiva o anaffettiva. Non lo possiamo dire perché noi giornalisti non la conoscevamo e perché non è questo il punto da cui partire.Il punto di partenza è raccontare, semmai, della fragilità comune che lega tante mamme, di come sia possibile e necessario aiutarle, di come i nonni non sempre servano e non sempre ci siano, di come l’unica a essere veramente anaffettiva è la società che ci circonda, fatta di solitudini immense, di cadute quotidiane senza paracolpi, di mamme lontane mille miglia dall’idea che si erano costruite di loro stesse, perché oggi se fallisci e non sei invincibile non puoi competere.Nei giudizi dati a quella mamma c’è tutta l’indifferenza che è cucita dietro a quel gesto estremo. C’è tutta la verità di donne che vivono in un sistema che non contempla la persona dopo la gravidanza, la donna dietro la mamma, la fatica dietro ogni gesto. Che non contempla persino la fatica di lavorare fino al nono mese di gravidanza e del ricatto che dovranno scontare per questa decisione le tante mamme precarie. Mamme tirate da ogni parte, da un lato devi allattare, dall’altro devi tornare a lavoro, da un lato devi produrre, dall’altro devi accudire. [ .... ] Una fatica complessa, la nostra: psicologica, lavorativa, fisica, senza identità e senza riconoscimento. Una fatica legata alla spossatezza dopo il parto, all’incertezza, alla città che ci fa sentire sempre un po’ più sole in mezzo a tanta gente. Sole le mamme e soli i papà, che non è detto possano sempre sopperire a tantoCiao Pina, la verità è che non abbiamo saputo ascoltarti.






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