16.7.21

Cassazione, lo stalking non è più aggravante in caso di femminicidio o omicidio Un passo indietro di 12 anni: per la Cassazione lo stalking non costituisce un aggravante in caso di uccisione della vittima. Le donne sono sempre più vulnerabili.

 oltre  a  confermare    l'articolo    di   Io Acqua&Sapone     del Mer 26 Mag 2021  di Enrico Molise     riportato nel post precedente  : << perchè  il  feminicidio e   la sua  cultura   sono cosi pregnanti nel  nostro paese  ?  ... >>  ad   contribuire  alla   forte  radicalizzazione  dei femminidi     è  anche  un sistema  giudiziario  retrogrado .
 Infatti  , non capisco  come mai    : nè le  associazioni femministe ,  le  donne  al potee  (   magistrato,  giudici  , pretori  , questori , parlamentari ,   ecc )  ,  salvo qualche  voce isolata ,   .  non parlino  e protestino  della   , è  notizia recente    che (  trovi  una  sintesi al lato ieri,le Sezioni unite hanno ridotto la pena stabilendo che lo stalking viene assorbito dall’omicidio: la sentenza definitiva è di 14 anni e 4 mesi di carcere.Ora  

[...] Al di là del singolo caso, come sottolineato dal pg, questa interpretazione che condanna solo per l’omicidio aggravato è contraria anche a llo spirito del legislatore che aveva considerato fosse da inasprire la pena per chi si accanisce su «una vittima in condizioni di particolare vulnerabilità anche in virtù delle precedenti condotte vessatorie poste in essere dallo stesso reo». E se è vero che anche l’omicidio aggravato può far arrivare la pena anche all’ergastolo, basta la concessione di un’attenuante per far sfumare l’ipotesi più grave. E cancellare con un colpo di spugna lo stalking. Come se quella tortura non fosse mai esistita.

Leggo     sempre  su    repubblica  del  16\7\2021    


Femminicidi, lo stalking non è più un’aggravante "Così le donne indifese"
                                          di Maria Elena Vincenzi




ROMA — Un passo indietro di almeno 12 anni sulla difesa delle donne. Era il 2009 quando fu introdotto il reato di stalking e per l’omicidio della vittima fu aggiunta una specifica aggravante. Il che, nella pratica, consentiva di condannare per tutti e due i reati con un aumento della pena fino all’ergastolo a chi, dopo aver torturato la sua vittima anche per anni, finiva con l’ucciderla. Ma ieri le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che l’omicidio, in quanto reato complesso, assorbe tutto il resto, compresi gli atti persecutori. In pratica, chi uccide paga solo per quello e non per quanto fatto in precedenza. Come se lo stalking o le lesioni con cui hanno prima tormentato la loro preda, rendendola ancora più fragile, non si fossero mai verificati: rimangono impuniti.
Una scelta che ancora deve essere motivata ma che segna una battuta d’arresto grave sul fronte dei diritti delle vittime vulnerabili anche perché la percentuale di atti persecutori che sfociano in femminicidio continua a essere alta. Lo aveva sottolineato anche la procura generale nel corso della requisitoria: «La
conseguenza di un sistema di interpretazione che dovesse riconoscere l’assorbimento dello stalking nel successivo omicidio della stessa vittima rischiano — ha detto il sostituto Luigi Birritteri — di depotenziare un sistema di tutela delle vittima più vulnerabili, in massima parte le donne in situazione di particolare debolezza, che faticosamente si è fatto strada nel nostro ordinamento soltanto negli ultimi lustri. Dalla libertà sessuale a quella di relazione, sino al diritto dell’intangibilità fisica». Per questo l’accusa si era espressa a favore della doppia condanna, come peraltro previsto dalla legge 38 del 2009.
Eppure, la questione aveva avuto interpretazioni giuridiche contrastanti. La Prima sezione del Palazzaccio nel 2020 aveva optato per la lettura proposta ieri dalla Procura: l’omicidio aggravato non è un reato "complesso" e, quindi, la condanna deve arrivare per entrambi. In quello stesso anno, però, la Terza sezione aveva dato lettura opposta, ritenendo che l’assassinio assorbisse tutto il resto. Per questo la Quinta, chiamata a esprimersi di nuovo su un tema dubbio, ha preferito inviare tutto alle Sezioni unite.
Il caso discusso ieri, ma questo è un dettaglio perché è il principio che vale, era quello di un omicidio avvenuto a Sperlonga, provincia di Latina, nel giugno del 2016. Una dipendente delle Poste, Anna Lucia Coviello, è stata uccisa, dopo essere stata stalkizzata per mesi e mesi, da una sua collega in un parcheggio. L’imputata, Arianna Magistri, in abbreviato era stata condannata per entrambi i reati a 16 anni. In secondo grado, dopo un rinvio della Cassazione, aveva preso per gli stessi reati 15 anni e 4 mesi. Ieri, le Sezioni unite hanno ridotto la pena stabilendo che lo stalking viene assorbito dall’omicidio: la sentenza definitiva è di 14 anni e 4 mesi di carcere. [...] 

Quindi  se  ho  ben capito uno può   stalkizzare  un  peersona  prima  di ucciderla  e ciò non viene  considerato  aggravane  ma  reato  semplice .  purtroppo   Dura lexsed lex ("La legge è dura, ma è legge")




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