8.3.09

"8 marzo: una bambina, una donna, senza Chiesa"

Carissimi,

“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna” (Mt 5, 20-22). Parole severe quelle di Gesù. Non dissimili da quelle di alcuni maestri del suo tempo, che ricordavano: il comandamento è di non spargere il sangue, ora, chiunque umilia il suo prossimo, chiunque lo fa arrossire di vergogna, è come se ne spargesse il sangue, è perciò lui stesso omicida. La mattina, alla preghiera, noi non siamo molti, sei, sette, otto persone al massimo. Che oggi, quando, in apertura, si è fatta la memoria della vita, erano tutte, tra lo smarrito e l’indignato. Perché noi non siamo abituati a pastori così. Come quello che è entrato, alla stregua di un carro armato, in una storia, già di per sé fin troppo dolorosa, triste e drammatica. La storia parla di una bambina di nove anni che, assieme alla sorella quattordicenne (handicappata psichica), era costretta da tre anni a subire le violenze del giovane patrigno. Tali violenze si sono tradotte negli ultimi tempi in una gravidanza gemellare per la bambina più piccola, un fuscello di trentasettechili di peso. Che sua madre, il giorno in cui questa accusa forti dolori al ventre, porta in ospedale a Recife. E lì viene fuori la verità, amarissima. Con tutto ciò che ne segue. L’arresto del patrigno e la decisione di interrompere la gestazione della bimba. La storia potrebbe anche chiudersi qui, con in più, soltanto, il rispetto, il silenzio, l’abbraccio umano di quanti sono ancora capaci di voler bene. Tra cui, sperabilmente la gente di chiesa. Per alleviare, se mai fosse possibile, l’eccesso del dolore. E invece. Invece arriva fuori lui, il pastore, che da Gesù dovrebbe aver imparato il primato della misericordia, l’invito a non giudicare, la generosità fino al dono della vita. Ma che, sfortunatamente, “mica tutti ne sono capaci”. E così lui sale in cattedra, non sia mai per denunciare i potenti, ma per umiliare e schiacciare i poveri e chi si è fatto toccare dall’enormità della loro sofferenza. E scomunica quanti, per altro, hanno agito nel rispetto della legge: la direzione dell’ospedale dove si è svolto l’intervento, l’équipe medica che lo ha realizzato, la madre che lo ha autorizzato. La bambina non ha invece potuto formalmente scomunicarla, ma solo perché è minorenne. Fosse stato per lui, chissà! Del resto lui è lo stesso “pastore” inviato nel 1985 all’arcidiocesi di Olinda e Recife, per sostituire dom Helder Câmara, normalizzare quella chiesa, demolire sistematicamente il lavoro pastorale del profetico arcivescovo dei poveri. Il medico che ha coordinato l’intervento, il dott. Rivaldo Mendes de Albuquerque, cattolico, ha dichiarato: “Non riceviamo un solo centesimo per questo tipo di operazioni. Lo facciamo per il rispetto che una donna (in questo caso una bambina!) vittima di violenza merita, e che l’arcivescovo, sfortunatamente, tratta senza nessuna misericordia. È curioso che chi ci ha condannato alla scomunica non ha proferito una sola parola diretta all’uomo che ha stuprato questa bambina. Per dom José Cardoso Sobrinho, l’unica cosa che conta è il Diritto Canonico. Gli manca il cuore. Ho compassione del nostro arcivescovo, che non ha saputo essere misericordioso con una bambina innocente”. Ha ragione il dott. Rivaldo: non smarrimento, non indignazione, solo compassione. Chissà che domani, salendo all’altare quel vescovo riesca a ricordare la frase di Gesù: “Se presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5, 23-24), e magari, tutto paramentato, vada a cercare quella madre e le sue bimbe, e gli si inginocchi davanti e chieda loro perdono. Per intanto facciamolo noi, ci sarà rimasto qualche cristiano nella chiesa di Olinda e Recife, vero?



Il Postino della Comunità “Evangelho è Vida” del Bairro Rio Vermelho di Goiás (Brasile) - Testo raccolto da don Paolo Farinella





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