25.2.14

La fattoria diventa scuola di vita e legalità giustizia minorile Il sistema educativo è fondamentale e questo forse è migliore dei quello delle comunità

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 da la nuova sardegna  del 23\2\2014

La fattoria diventa scuola di vita e legalità
giustizia minorile
Il sistema educativo è fondamentale e questo forse è migliore dei quello delle comunità
di Luciano Piras
NUORO La sveglia suona puntuale ogni mattina alle 6 e 30. «E poi cosa fanno? Totu, totu su chi b’est de fachere fachen... ». Nessuno sconto per i ragazzi appena condannati. «Mungono le pecore, fanno il formaggio, sa sartitza, sichin su fruteto, cullin s’ulìa, tagliano la legna, pesan i muretti a secco... totu, fanno
tutto quello che c’è da fare in campagna, senza orari come nella vita reale dei pastori». Gigi Sanna parla all’ombra di una quercia secolare, in un costone di Badde Manna, nei tancati poco fuori Mughina, a due passi dalla strada provinciale che porta a Orgosolo. «Qui i ragazzi imparano a lavorare, a essere orgogliosi del proprio lavoro» racconta il pastore-cantante degli Istentales. Una band popagropastorale, certo, ma anche cooperativa sociale che a Badde Manna ha il suo paradiso terrestre protetto dall’imponenza del vicino Monte Ortobene. È in questo ovile-fattoria di Nuoro che la giustizia minorile ha trovato la nuova via della redenzione. Nel giro di quattro anni, sono già quindici i ragazzi passati all’aria aperta dopo l’esperienza in un istituto penale come quello di Quartucciu ( foto sotto al centro  ) 


o per scelta diretta. Una realtà unica in Sardegna, una rarità in tutta Italia. «È una opportunità che diamo ai nostri ragazzi» dice Isabella Mastropasqua, dirigente del Centro giustizia minorile per la Sardegna. «La Giustizia minorile – spiega – si deve espandere e deve coinvolgere quanti più enti, istituzioni e soggetti possibili». Come dire: le responsabilità dei minorenni che hanno sbagliato sono di tutti e tutti dobbiamo risponderne. «A Nuoro – va avanti Mastropasqua – trovano l’accoglienza propria di una famiglia che apre loro le porte e gli dà il benvenuto». «Benvenuto, sei dei nostri» è la formula adottata alla reception da Maria Paola Masala, la compagna di Gigi Sanna che cura e segue passo passo il progetto. «E ora rimboccati le maniche, si comincia a lavorare» la frase successiva. E se è vero che il lavoro nobilita l’uomo, altrettanto vero è che Badde Manna regala dignità ai ragazzi smarriti. Giovani e giovanissimi che arrivano da tutte le parti dell’isola, dal Capo di Sotto o dal Capo di Sopra. Due sono anche stati assunti con contratto a tempo indeterminato. Minorenni finiti in carcere per furto, rapina o spaccio di droga e che all’orizzonte vedono ben poche stelle luccicare. «Poi invece finisce che da qui non vorrebbero più andar via anche se hanno finito di scontare la loro pena» sottolinea con orgoglio Gigi Sanna. «Il sistema educativo è fondamentale e questo, forse, è migliore di quello delle comunità, che restano un sistema protetto mentre qui l’inserimento lavorativo è diretto, reale» sottoscrive Battista Cualbu, presidente della Coldiretti Sardegna che da subito ha sposato il progetto “Insieme nella fattoria”, finanziato dalla Fondazione Banco di Sardegna, dal Centro giustizia minorile, dalla Regione e dai Comuni di appartenenza dei singoli ragazzi ospiti della coop Istentales, oltre che dalla stessa federazione regionale dei coltivatori diretti. «È una opportunità reale di riscatto» insiste Cualbu. Un percorso riabilitativo che dura sei mesi, i ragazzi prendono una borsa-lavoro, hanno vitto e alloggio assicurati a Badde Manna, «imparana unu travallu» e due giorni la settimana fanno volontariato a Nuoro città «con i disabili o con gli anziani, a seconda dei casi e del momento» spiega ancora il leader barbudo degli Istentales. Azienda sociale e multifunzionale, ma anche agriturismo e fattoria didattica che fa dei minorenni condannati maestri di vita. Spesso, infatti, sono proprio loro a indossare i panni degli insegnanti così da far lezione ad altri giovani e giovanissimi e scolaresche che a Badde Manna vogliono sapere come si fa il formaggio o come si preparano salsicce e prosciutti. «È così che si dà un’altra possibilità a chi ha sbagliato, e magari ha sbagliato a causa di noi adulti» chiude Sanna.

Il leader della band: «Sarebbe bello inserire nelle aziende anche gli adulti che lasciano il carcere»
Galeotto fu un concerto a Su Pezzu Mannu

NUORO «Sì, certo, il decreto svuota-carceri... l’esperienza di Badde Manna si potrebbe estendere anche agli adulti, perché no?, sarebbe bello avere la possibilità di inserire nelle aziende agricole della Sardegna ragazzi e adulti che quando escono dal carcere non sanno neppure dove andare». A lanciare l’idea è Gigi Sanna, leader degli Istentales, che da quattro anni a questa parte ospita i ragazzi di Quartucciu nella sua coop sociale di Badde Manna. «Per loro sarebbe un’occasione di lavoro e al contempo le campagne avrebbero un ricambio generazionale assicurato. Se poi venisse creato un marchio doc, una rete commerciale di prodotti “galeotti”... beh, sarebbe il massimo» aggiunge. Un sogno cominciato già sette anni fa, quando la band nuorese mise piede per la prima volta nell’Istituto penale minorile di Quartucciu. Era il 6 giugno 2007. Per gli Istentales era la sesta tappa di un intenso tour nelle carceri. Concerto a Su Pezzu Mannu, dunque, a 13 chilometri dal capoluogo isolano, vicino ai comuni di Settimo San Pietro e Selargius.Naturalmente, a firmare il beneplacito ci pensarono i funzionari del Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della Giustizia. «La nostra è voglia di libertà e vogliamo darla a chi non ce l’ha» aveva esordito il pastore-cantante davanti a un pubblico davvero speciale: dieci ragazzi, quasi tutti extracomunitari, molti ex clandestini, adolescenti che attraversavano la fase forse più critica della loro crescita. Quasi tutti avevano già avuto esperienze traumatiche con l’alcool e la droga. Loro che per un’ora e passa ascoltavano la musica dei quattro baronetti di Badde Manna: Gigi Sanna, Tattino, Luca Floris e Daniele Barbato. Indelebile il ricordo lasciato da Abdulah, un marocchino che diede il via alle danze, benché la limba e il ballo sardo fossero per lui segni di un’identità straniera. Il messaggio delle canzoni di Quartucciu fu uno soltanto: «Per chi ha sbagliato e ora sta dentro, c’è un mondo che aspetta e sta oltre le sbarre». Così alla fine, gli Istentales salutarono con una promessa: «Torneremo. Ma sia chiaro: non per vedere le stesse facce». E gli Istentales sono tornati aprendo le porte dell’ovile di Badde Manna, per una nuova possibilità, una nuova occasione di vita e di rinascita dalla terra. (l.p.)

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