3.6.14

Una storia "Into the wild" al femminile lastoria di Jordana Grant “La mia scuola alla fine della Terra” Jordana ha 24 anni e una missione: “Voglio dare un futuro al luogo più estremo”

   musica    consigliata  gli album  
   alla  bellezza  dei  dei margini    (  qui  l'omonima canzone  )    dei Yo Yo Mundi 
   Into The Wild (Full Album)  - Eddie Vedder  


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In cui  oltre   che appartenere  uno agli Usa  e  un altro  alla Russia   tra l du isolette passa  anche  la  linea del cambiamento di data  ed  ecco  che per  il  gioco dei fusi orari ci sono 21  ore  di differenza  tra una e  l'altra  isola 
Una storia "Into the wild" al femminile. Jordana Grant, originaria del Montana, ha scelto di vivere nelle Diomede, sette chilometri quadrati di terra e roccia che fanno capolino nello Stretto di Bering, un isolotto dove vivono 100 persone dedite alla caccia e alla pesca in uno dei luoghi più estremi del pianeta.




da  http://it.wikipedia.org/wiki/Diomede_(Alaska)
 «Insegnare era il mio sogno - spiega Jori -. Appena uscita dal college sono andata ad una fiera del lavoro e il sovrintendente del distretto mi ha mostrato un video dove si vedevano gli studenti arrampicati sulle rocce, sciare sul ghiaccio e intenti a fare i compiti di scienze con le balene sullo sfondo. Mi sono innamorata di quelle immagini: a casa ho guardato su Internet dove fosse quel lembo di terra dimenticato da Dio e ho deciso di partire».

Curiosi  vero  ?   leggete allora    questo articolo  da   la stampa del 19/04/2014





“La mia scuola alla fine della Terra”  Jordana ha 24 anni e una missione:
“Voglio dare un futuro al luogo più estremo”
           



FEDERICO TADDIA




«Per stare qui è necessario avere una sorta di vocazione e bisogna allenare quotidianamente il carattere: così non si cede alla pazzia e si allontana la sensazione di sentirti in trappola. Ma l’amore per questo posto e i suoi abitanti è più forte di qualsiasi difficoltà». Ha gli occhi che sprizzano gioia e il sorriso che contagia buon umore Jordana Grant, 24enne originaria del Montana, la maestra «Into the wild» che da tre anni ha scelto una delle cattedre più fredde e sperdute del mondo: quella della scuola di «Little Diomede», sette chilometri quadrati di terra e roccia che fanno capolino nello Stretto di Bering, in corrispondenza del 65° parallelo.
  Jordana Grant, 24 anni, è originaria del Montana. 
Isolotto abitato da poco più di 100 persone dedite prevalentemente alla caccia e alla pesca. 
«Insegnare era il mio sogno - spiega Jori -. Appena uscita dal college sono andata ad una fiera del lavoro e il sovrintendente del distretto mi ha mostrato un video dove si vedevano gli studenti arrampicati sulle rocce, sciare sul ghiaccio e intenti a fare i compiti di scienze con le balene sullo sfondo. Mi sono innamorata di quelle immagini: a casa ho guardato su Internet dove fosse quel lembo di terra dimenticato da Dio e ho deciso di partire». Le Diomede - così chiamate perché l’esploratore russo Vitus Bering le raggiunse e vi mise piede per la prima volta il 16 agosto 1728, giorno di San Diomede - sono due isole separate da 3 km di mare: sulla più piccola, appartenente all’Alaska, sventola la bandiera degli Usa, mentre la più grande
da  topolino  n 3053
appartiene alla Russia e dagli anni della Guerra Fredda è adibita a base militare. Tra loro passa la linea internazionale del cambio di data e con i giochi dei fusi orari c’è una differenza di 21 ore. 
«La terraferma dista circa 40 km e l’unico collegamento possibile è con l’elicottero, che vola un paio di volte alla settimana, quando non si rompe - racconta la giovane insegnante -. Io stessa ho dovuto aspettare una settimana prima di poter decollare, in attesa di un pezzo di ricambio dalla Germania. Visto però che la riparazione tardava, ho deciso di chiedere un passaggio ad una barca per la pesca dei granchi: sono state 17 terribili ore, in balia delle onde e del vento». 
Dal 1920 sull’isolotto esiste una scuola, che garantisce l’istruzione ai bambini dalla materna alle superiori, con insegnanti che ruotano e uno psicoterapeuta che interviene ogni due mesi. Attualmente gli alunni sono 23. «Il problema è l’apatia: l’impossibilità di facili spostamenti porta tanta frustrazione, anche se nessuno dei giovani potrebbe vivere lontano da qua. C’è chi sogna di diventare infermiere, cacciatore o intagliatore di legno, ma tutti sono spaventati dall’idea di trovarsi in una città». 
Oltre le otto ore di scuola al giorno, in un panorama algido e mozzafiato, con il termometro che arriva fino a -20°, a Diomede City non rimane molto da fare e la maestrina passa il tempo tra escursioni in motoslitta e film e Internet. «La routine è spezzata da piccoli eventi, che coinvolgono il villaggio e fanno saltare anche le lezioni, come la pesca di un tricheco o l’arrivo di qualche visitatore. Lo scorso anno una nave da crociera ha chiesto se era possibile far scendere i 200 passeggeri: è stata una festa e i ragazzi hanno organizzato danze e balli per i turisti. In cambio hanno avuto la possibilità di salire sulla nave e usare la piscina: nessuno aveva, ovviamente, il costume e così si tuffavano vestiti». 
Consegnare gli strumenti per costruirsi un domani: è l’obiettivo di Jori, che non si rassegna a non vedere voglia di futuro negli occhi dei suoi allievi. «In troppi trovano consolazione nello “Spice Diamond”, una sorta di marjunana sintetizzata che sta creando tanti danni in questa comunità: è necessario salvaguardare questa popolazione, che mi ha insegnato la pazienza, la solidarietà e il rispetto per la natura anche quando sembra ostica».

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