La coop opera a Porto Ferro nel reinserimento di soggetti svantaggiati
Una seconda possibilità per ex carcerati, pazienti psichici e minori a rischio
Tutto può accadere, a “Piccoli
passi”. Porto Ferro è un posto
meravigliosamente “sperduto”,
più per la narrazione e l’essenza che
per l’impossibilità a raggiungerlo. Dista 35 chilometri da Sassari e 28 da Alghero ma è in territorio sassarese: ci si
arriva percorrendo la strada statale
291 della Nurra. A Porto Ferro si fa surf,
c’è la natura selvaggia, ci si fanno le
escursioni a piedi e a cavallo, c’è il Baretto che nel 2023 compie 20 anni di attività e ci sono
festival culturali e musicali che sono ormai appuntamenti radicati della primavera, estate e autunno della baia. Ma a Porto Ferro, proprio con la “complicità” di Baretto,
Bonga surf School e Vosma e sotto la regia della cooperativa sociale “Piccoli
Passi”, è il sociale ad essere lavorato ad
arte e declinato in inclusione, integrazione, valorizzazione e recupero. Se
ne parla poco, ma è una realtà tangibile. Operativa e foriera di grandi soddisfazioni che sotto la traccia del tramonto e delle note che spesso lo accompagnano, passa in secondo piano
Accoglienza a Piccoli passi «Nasce tutto lì, dietro il Baretto, oltre le
dune. Nasce e diventa realtà importante a livello nazionale e unica in
Sardegna rispetto a una particolare
tipologia di accoglienza, di servizi e
di inserimenti: la cooperativa ha lavorato con i minori, spesso alle prese
con situazioni difficili e problemi psichici e psichiatrici, ha lavorato con i
disabili, con carcerati ed ex carcerati, umanità varia passata al setaccio
dell’integrazione appunto favorendo un vero e concreto intreccio di storie e culture diverse». Si appassiona
e parla con il sorriso sul volto Danilo
Cappai della cooperativa “Piccoli
passi”. Nel campeggio di Porto Ferro, modalità colonia estiva, arrivava
l’adolescente del centro Sardegna
che all’alba si alzava per andare in
campagna e poi andava a scuola con
il pari età di Torino che prendeva il
tram ma poi andava in ferie al parco
del Valentino a spendere la paghetta: «Vite diverse, trasportate in una
dimensione in cui una maglietta e
un costume da bagno azzeravano
già in partenza tutte le disparità e le
differenze di classe – spiega –. Il ragazzo mandato sull’isola dai servizi
sociali di Cinisello Balsamo o dal comune del Nord Est della Sardegna insieme al figlio del notaio che vive in
America e gli regala una vacanza esotica chiamando in agenzia. Ma la vacanza, qui, era uguale per tutti. E alla
fine, erano abbracci e lacrime, per
tutti noi operatori compresi». Questa visione è la stessa che ha animato
ogni singola azione della cooperativa e del Baretto: «Questa piccola società si è rivelata modello adattabile
al surf camp e alla gestione del Baretto: anche lì, fronte mare e sotto la tettoia della nostra struttura, ragazze e
ragazzi, uomini e donne di ogni età
ed estrazione sociale si incontrano
in costume da bagno per vivere le loro giornate. Non sai chi hai di fianco,
ma le differenze non sussistono».
Una realtà aperta, che dopo anni dedicati ai minori, oggi collabora con il
carcere di Alghero. Risultato? Tre inserimenti importanti trasformati in
contratti a tempo indeterminato a ridare vita e prospettiva a chi aveva rischiato di perderla. E di perdersi.
Dal
carcere al lavoro «Uno alla volta ci sono stati affidati e hanno iniziato a lavorare. Per qualcuno è arrivato
un contratto a tempo indeterminato. Uno dei nostri si è comprato casa
e vive oggi per conto suo. Stessi obiettivi di sempre: non è più semplice o
più complicato, devi integrare e includere secondo equilibri esistenti e
delicatissimi a prescindere». Oltre a
chi ha avuto a che fare con il carcere
e ora si ritrova a vedere una seconda
possibilità proprio fronte mare, da
diversi anni a Porto Ferro sono in corso inserimenti di persone con problemi psichici, ovviamente sotto
controllo delle apposite strutture:
«Sono 4/5, fanno un percorso estivo,
lavorano al bancone, ai tavoli della
griglieria, in cucina o nella squadra
manutenzioni». Un enorme passo
avanti quello compiuto da chi 20 anni fa arrivava su quella
meravigliosa
spiaggia selvaggia e sperduta per cominciare a costruire quel che oggi è
piccolo grande merito e vanto oltre
l’aspetto ludico e vacanziero. «Porto
Ferro era abbandonato da tutti, istituzioni comprese. Era meta di campeggio abusivo che spesso lasciava
tracce indelebili del suo passaggio
sul territorio. Noi, insieme ai surfisti,
la Bonga School, Vosma abbiamo accettato la sfida in un luogo per nulla
semplice e si è creato un equilibrio
naturale – continua Danilo Cappai
–. Diverse realtà. Sguardi diversi sulla realtà. Persone spesso agli antipodi che convivono fra loro in armonia
perfetta. Quando anche le istituzioni si sono accorte di noi, Porto Ferro
era già stato scoperto e riscoperto da
chi aveva percepito quell’equilibrio
umano, quella sorta di magia che lo
rende un posto speciale. Si sente che
c’è. Il magistrato e l’ex galeotto, il dj e
la modella, lo studente e il medico
nella baia sono tutti, realmente uguali. Non è facciata. È realtà, la nostra
realtà».