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16.12.24

Il prof della Sapienza laureato con gli esami di un omonimo perde il ricorso contro l’ateneo: confermate le sanzioni disciplinari.,



Nuova batosta per Sergio Barile, il professore di Economia dell’Università La Sapienza di Roma sospeso dall’ateneo per aver ottenuto una laurea in Fisica sfruttando un caso di omonimia con un altro studente. La vicenda si trascina da anni tra sedi giudiziarie, aule accademiche e scrivanie amministrative, e culmina ora con una decisione del Tar del Lazio, che ha respinto il ricorso del docente contro le sanzioni disciplinari imposte dall’università. La vicenda è iniziata anni fa. Nel 2018 Barile viene contattato dagli uffici della Sapienza e informato che, secondo i loro registri, gli mancherebbe solo la tesi per conseguire la laurea in Fisica, titolo per cui avrebbe iniziato a studiare nel lontano anno accademico 2003-2004. In quella stessa annata, però, il professore non aveva dato nemmeno un esame. Di fatto, quella carriera accademica apparteneva a un suo omonimo, nato incredibilmente lo stesso giorno, e che era stato attivo negli studi fino a superare tutti gli esami, salvo la tesi.
La sovrapposizione dei due nomi
La confusione, farà poi sapere l’università, era stata causata da un errore informatico: durante la migrazione di dati dal vecchio sistema «Enidata» al nuovo «Infostud», le carriere accademiche dei due Sergio Barile si erano sovrapposte. Una coincidenza straordinaria, certo, ma anche un’occasione che, secondo le indagini, il professore avrebbe sfruttato senza farsi troppe domande. Nel 2019, infatti, Barile risponde al sollecito dell’università per sanare la situazione economica: paga le tasse arretrate per oltre 7mila euro e presenta domanda per discutere la tesi. In breve, completa il percorso e si laurea in fisica. Solo che, come scoperto successivamente, non aveva sostenuto alcun esame negli anni precedenti.  
La scoperta della funzionaria della Sapienza

Nel 2021, al momento di ritirare la pergamena di laurea, una funzionaria della Sapienza si accorge però che qualcosa non torna. Il numero di matricola assegnato al professore corrispondeva a un altro studente, mai laureato. Partono le verifiche, e il quadro che emerge è grave: il docente avrebbe approfittato dell’errore informatico per appropriarsi della carriera accademica altrui, pur essendo consapevole di non aver sostenuto nemmeno un esame nel corso di Fisica. L’università denuncia la situazione alla Procura e, una volta concluse le indagini, il docente viene mandato a processo con l’accusa di falso ideologico. Sotto il profilo amministrativo, invece, interviene direttamente l’ateneo che cerca prima un dialogo con il docente: Barile si difende affermando di aver manifestato fin dall’inizio le sue perplessità agli uffici amministrativi, ma l’ateneo non trova riscontri di queste comunicazioni. Anzi. Da qui, l’avvio del procedimento disciplinare dell’università, culminato con una sospensione di sei mesi, la perdita dell’anzianità di servizio e l’interdizione dagli incarichi istituzionali per la stessa durata.
La decisione del Tar del Lazio
Ma Barile non ci sta. Nel tentativo di ribaltare le sanzioni, si rivolge al Tar del Lazio, sostenendo che l’università ha agito fuori dai tempi previsti dalla legge per avviare il procedimento disciplinare e che le sue azioni fossero fraintendibili come errori in buona fede. Ma i giudici amministrativi ora respingono il ricorso rifiutando ogni obiezione del docente: le scadenze non sono state violate e l’ateneo ha agito in maniera congrua, motivata e proporzionata. Secondo il Tar, Barile non poteva non sapere che quella carriera accademica non fosse sua e si è scientemente avvalso di un curriculum altrui. Inoltre, le giustificazioni del professore, come il presunto invio di comunicazioni per segnalare perplessità, non hanno trovato alcun riscontro documentale. Mentre prosegue il caso sotto il profilo penale, affinché si possa fare definitivamente luce su come sia stato possibile che un errore amministrativo di tale portata sia stato utilizzato per ottenere una laurea, il Tar ha confermato le sanzioni disciplinari inflitte dalla rettrice della Sapienza.


fonte   proviene da Open.

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Solo 17 anni fa era un dormitorio. Oggi è fra i siti monumentali più visitati d’Italia. Cosa è successo a Venaria, paesotto alla periferia di Torino? Bisogna tornare alla primavera del 1996 quando Walter Veltroni, alla fine del suo ultimo comizio elettorale in piazza San Carlo a Torino viene avvicinato dal Comitato dei cittadini di Venaria che gli raccontano di una Versailles caduta a pezzi. La visita avviene con una torcia nel cuore della notte: lo scenario è una magnificenza spettrale. A Venaria Reale i Savoia, nella loro riserva di caccia, a partire dal Seicento costruiscono una reggia di 80mila metri quadrati e 60 ettari di giardini. La residenza mozzafiato ha vita travagliata: prima Napoleone la spoglia dei suoi tesori, poi sono gli stessi Savoia, tornati al potere, che la cedono al demanio per farne una caserma. Finisce abbandonata per quasi un secolo, mangiata dai rovi, devastata dai crolli e vandalizzata.
Qualche mese dopo quella visita, Veltroni diventa ministro della Cultura e annuncia il recupero della Reggia. Si lavora in squadra: il governo di centrosinistra ci mette 41,6 milioni (per trovarli, s’inventa il Lotto del mercoledì, dal quale arrivano oltre 30 milioni); la Regione Piemonte, di centrodestra, 11,4 milioni; l’Unione europea 196,7. Parte il più grande e costoso cantiere di restauro di un bene culturale mai fatto prima in Europa. Dura dieci anni e coinvolge 300 ditte, 100 progettisti e 1.800 operatori che riportano a nuovo 100mila metri quadrati di superficie, compresi 9.500 metri di stucchi e mille di affreschi. Il 13 ottobre del 2007 la Reggia di Venaria apre al pubblico.La gestione è affidata al «Consorzio delle residenze reali sabaude», formato da Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Comune e due Fondazioni legate a Intesa Sanpaolo, che contribuiscono con 6 milioni di euro l’anno. Oggi la Reggia è conosciuta in tutto il mondo: con quasi mezzo milione di visitatori l’anno (+30% rispetto al 2022) in Piemonte si piazza al secondo posto tra i luoghi più visti, dopo il Museo Egizio. Nel 2023 ha fatturato 16,3 milioni di euro (+5,7% sul 2022), mentre quest’anno toccherà quota 17 milioni. Il modello di gestione si ispira a quello dei castelli della Loira (vedi Dataroom del 3 luglio 2024), che significa offrire arte e cultura per addetti ai lavori, e contemporaneamente visite adatte a tutti, famiglie con bambini comprese. Innanzitutto la Reggia è facile da raggiungere perché collegata anche da treni, bus e piste ciclabili, ed è aperta tutto l’anno con orario continuato. I visitatori sono accolti dalle video-proiezioni di personaggi in abiti d’epoca che li accompagnano da una sala all’altra per mostrare com’era la vita di Corte, ammirare quadri e oggetti appartenuti ai Savoia e le scuderie che ospitano il celebre Bucintoro.
IL palazzo ospita mostre d’arte importanti: da Andy Warhol a Caravaggio, a quella su Tolkien; e si può assistere allo spettacolo dei giochi d’acquaconcerti ed eventi come quello che questa estate ha illuminato i giardini con 5mila candele. La reggia si può affittare per eventi privati, ed è possibile noleggiare biciclette per raggiungere il vicino parco della Mandria. Dotata di caffetteria, gelateria, due ristorantiuno dei quali stellato, e uno shop con centinaia di prodotti. Solo queste attività commerciali garantiscono ricavi per oltre 1,5 milioni di euro l’anno. Nelle scuderie c’è anche una scuola: il Centro per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali. L’ingresso alla Reggia di Venaria costa 16 euro, ma con 30 euro si acquista il Royal Pass valido 4 giorni: consente di visitare 16 Residenze Reali Sabaude, la Basilica di Superga e uno sconto sul biglietto per il Museo Egizio e quello Nazionale del Cinema. Esattamente come accade nella valle della Loira, i castelli piemontesi fanno «sistema» così che i più famosi - la Reggia, Palazzo Reale e Stupinigi - trainano gli altri. Nominate Patrimonio Unesco, le Residenze Sabaude condividono un sito web in 4 lingue, iniziative di promozione e l’organizzazione di eventi collettivi, come le Camminate Reali. L’obiettivo, spiega il presidente del Consorzio, Michele Briamonte, è quello «di rendere questi beni straordinari attrattivi per il grande pubblico ma senza snaturarli, perché puntare all’auto-sostentamento significa ridurre progressivamente la necessità di contributi pubblici e allo stesso tempo fare da volano all’economia del territorio».Per avere un’idea di come ha trasformato la cittadina di 32 mila abitanti, sede di industrie dismesse, occorre leggere il rapporto del comune di Venaria del 2007: zona operaia con bassa scolarizzazione, «città-dormitorio» per chi lavora a Torino, caratterizzata da «un impoverimento sostanziale del tessuto sociale ed economico». C’è chi aveva soprannominato il centro «piazza Corleone», per via dei mafiosi mandati al confino. Anche il turismo, all’epoca legato al parco della Mandria, è «a frequentazione giornaliera, consuma risorse, lascia cumuli di rifiuti difficili da gestire e non è ben visto dalla popolazione». A 17 anni dall’inaugurazione della Reggia, i dati del comune raccontano un’altra storia: la pedonalizzazione di parte del centro storico ha visto fiorire negozi, boutique e strutture ricettive. Crescono i visitatori da tutto il mondo (+44% di presenze negli ultimi dieci anni). Gli alberghi passati dai 4 del 2007 ai 24 di oggi, e sono stati aperti 61 b&b. I ristoranti da 29 a 51L’Osservatorio turistico del Piemonte ha valutato anche le ricadute sull’intero territorio delle Residenze Reali Sabaude: negli ultimi cinque anni le strutture ricettive sono passate da 2.065 a 6.990 (+238%), con 2,4 milioni di turisti (+11,8) che spendono mediamente a testa fino a 173 euro nelle attività commerciali della zona.Dal punto di vista del tessuto economico e sociale, il reddito medio lordo è passato dai 13.934 euro del 2007 agli attuali 22.409 euro, con un aumento del 60,8%, ben più alto – ad esempio – di quello registrato nella vicina Torino (+49%). Le imprese con oltre 50 dipendenti sono salite da 16 a 26 (in provincia di Torino sono invece calate del 2,3%). Dati che abbassano il tasso di disoccupazione: era dell’8% (più alto della media provinciale, 7,23) e oggi del 7%. Invertita anche la tendenza a una bassa scolarizzazione: i laureati sono passati dal 4% (sotto la media provinciale, che era del 7,82%) all’8%, e i diplomati saliti dal 18 al 43%. Il sindaco Fabio Giulivi non ha dubbi nel mettere in relazione questa crescita con il maxi-investimento fatto sulla Reggia: «Oggi Venaria è più bella, più sicura perché il numero dei reati è sceso, e sicuramente è una città più consapevole del proprio potenziale». Nel 2025 sarà Città europea dello Sport e da qui partirà la Vuelta di Spagna.Questo è quello che accade quando una comunità non si arrende: val la pena ricordare che i tentativi di riportare in vita quell’inestimabile patrimonio da parte di Associazioni e Comitati sono stati ignorati per decenni. E quando finalmente hanno trovato ascolto, l’investimento è stato fatto con un piano coordinato e di lungo periodo. Già a metà del secolo scorso il grande filosofo tedesco Hans Georg Gadamer scriveva: «La cultura è l'unico bene dell'umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande». E’ talmente vero che uno studio di Unioncamere dice: ogni euro investito in attività culturali e creative ne attiva altri 1,8 nell’indotto. Eppure in Italia la spesa pubblica per la cultura ci piazza agli ultimi posti in Europa: impegniamo appena lo 0,3% del Pil; peggio di noi fanno solo Irlanda, Grecia e Cipro (0,2%). Una tendenza in atto da 15 anni, e a partire dal 2025 è previsto un altro taglio di mezzo miliardo

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