Fosse Ardeatine, storico tedesco accusa l'Italia "Roma scelse di non perseguire gli assassini

 (...)  Ma ho scoperto l'altro giorno guardandomi allo specchio
Di essere ridotta ad uno straccio
Questo male irreversibile mi ha tutta divorata
È un male da garofano e da scudo crociato

  (....)
Modena City Ramblers   40 anni  in Riportando tutto a casa  1994

 il  ritornello   di  questa   canzone  in  canna  nello stereo    conferma    questa  notizia   presa   da  
da  repubblica  online d'oggi 15\1\2012

Il settimanale Spiegel rilancia la ricerca di Felix Bohr su documenti provienienti dall'AA, il vecchio ministero degli Esteri. Da cui verrebbe alla luce la volontà comune di Roma e Berlino, a fine anni 50, di evitare l'estradizione e il processo ai criminali. Le ragioni del governo democristiano: evitare di dare l'esempio ad altri Paesi per rivalersi sui criminali di guerra italiani, ma anche per non incrinare i rapporti con la Germania di Adenhauer e non dare un vantaggio propagandistico al Pci

I documenti scoperti da Bohr portano alla luce il contenuto di un colloquio che l'ambasciatore tedesco Manfred Klaiber ebbe nell'ottobre 1958 con il capo della procura militare di Roma, colonnello Massimo Tringali, nella sede diplomatica tedesca. Dopo il colloquio, Klaiber scriveva a Bonn che il colonnello Tringali aveva "espresso che da parte italiana non c'è alcun interesse a portare di nuovo all'attenzione dell'opinione pubblica l'intero problema della fucilazione degli ostaggi in Italia, in particolare di quelli alle Fosse Ardeatine".
All'ambasciatore tedesco, Tringali aveva spiegato che ciò "non era auspicato per motivi generali di politica interna" e "esprimeva l'auspicio che dopo un doveroso e accurato esame, le autorità tedesche fossero in grado di confermare alla Procura militare che nessuno degli accusati era più in vita o che non era possibile rintracciare il loro luogo di residenza, oppure che le persone non erano identificabili a causa di inesattezze riguardo alla loro identità".
Il colonnello italiano avrebbe aggiunto che, nel caso in cui le autorità tedesche fossero arrivate dopo un'inchiesta alla conclusione che tutti o parte dei responsabili dell'eccidio vivevano in Germania, "la Bundesrepublik era libera di richiamarsi all'accordo italo-tedesco di estradizione e di spiegare che le informazioni richieste non potevano essere fornite, in quanto la Bundesrepublik in base ai suoi regolamenti non estrada i propri cittadini".

L'ambasciatore Klaiber, iscritto al partito nazista dal 1934 ed entrato sotto Hitler nel ministero degli Esteri del Terzo Reich, aveva aggiunto una nota personale in cui appoggiava la "ragionevole richiesta" italiana, a cui bisognava fornire una "risposta assolutamente negativa". Il risultato fu che nel gennaio 1960 dall'AA di Bonn arrivò all'ambasciata tedesca a Roma la risposta che nel caso della maggior parte dei ricercati "non è possibile al momento rintracciare il luogo di residenza", esprimendo anche il dubbio che "essi siano ancora in vita". Un addetto dell'ambasciata annotò che "ciò corrisponde al risultato atteso".
Le ricerche di Felix Bohr hanno invece accertato che, in alcuni casi, sarebbe stato facile rintracciare criminali nazisti che alle Fosse Ardeatine ebbero un ruolo non di secondo piano. Carl-Theodor Schuetz, che aveva comandato il plotone di esecuzione, lavorava presso il 'Bundesnachrichtendienst', i servizi segreti tedeschi. Kurt Winden, che secondo Kappler aveva collaborato alla scelta degli ostaggi da fucilare, nel 1959 era il responsabile dell'ufficio legale della Deutsche Bank a Francoforte. Per quanto riguarda invece l'Obersturmfuehrer Heinz Thunat, nel 1961 il suo indirizzo era "noto", ma un funzionario dell'AA scrisse a Klaiber e Tannstein di comunicare agli italiani che "su Thunat non si è in grado di fornire informazioni".
Risultato: il procedimento per gli altri responsabili dell'eccidio alle Fosse Ardeatine venne archiviato in Italia nel febbraio 1962.

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