24.6.12

povera italia dai fascisti \ nazisti ai razzisti\xenofobi

vedendo   questo  cortometraggio d'Ettore  scola  






in cui  descrive  di come  l'Italia  sia passata  Dai nazisti ai razzisti. '"43/'97", un corto inedito di Ettore Scola regalato a l'Unità che fa da "testimonial" al festival itinerante "Libero cinema in libera terra". Pochi folgoranti minuti in cui l'autore di "Una giornata particolare" ci dice di come il cinema possa mettere in salvo da ogni razzismo, violenza e sopraffazione. Con citazioni da  vari  film ovvero  capolavori  italiani.
canticchio  chiedo scusa , a chi mi segue  fin dal mio esordio  in rete  nel  lontano  2004 ,   se mi ripeto  , ma  certe  cose la gente  ottusa non le capisce  e  (  ma  chi se ne frega io continuò ad andare avanti e a non curarmi di loro  )  mi giudica  comunista  ,  questa canzone più attuale  che mai  , perchè mi sembra  giusto ed  opportuno passare  dal piangere  e piangersi ( vedere  sotto   il video di Battiato povera patria  a cercare una  nuova patria   , vedere il video   della  Guzzanti da  0.55  in poi  ) senza  però scordarci il passato  ( vedere  il secondo video della guzzanti  ) 










e  mi  rattristo  di  come siamo caduti in basso  hanno ragione  sia  De gregori e  Battiato  con queste due  canzoni ormai entrate nel  nostro Dna   panorama  culturale musicale italiano 











 ma allora tutti sottovalutammo e consideravamo i primi rigurgiti come nostalgici del fascismo e del nazismo e credevamo fossero solo 4 gatti

sia  Guido Crainz (  foto  a  sinistra e qui la  sua  bibliografia )    l'autore  de Il paese mancato  Dal miracolo onomico agli anni ottanta (  copertina   sotto  a  destra  )  . Il libro  è la storia dell’Italia dagli anni Sessanta ai primi anni Ottanta, la storia – sapientemente descritta e raccontata – di un Paese che avrebbe potuto essere altro da quello che è diventato e che è tuttora, un Paese mancato appunto, e che in quel lasso di tempo ha attraversato una delle congiunture sociali e politiche più eccezionali e irrepetibili che possa venire a determinarsi nel percorso di vita di uno Stato e una nazione.  Sempre secondo la  sezione  recensioni  de  il sito http://www.brigaterosse.org   ( sito non più aggiornato  dal  2007 che  a  causa  della mentalità bacata  di  digos  e  polizia  postale  ,  ma  anche  della cultura  di  stato  vedere   il post  di Matteo tassinari     che racconta  come   uno spirito libero come de  andrè  venne  scambiato  come fiancheggiatore  delle  Br  , la stessa cosa  è successa  a  questo sito reo solo di pubblicare   come  documentazione storica i comunicati delle  Br  ) 

Tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta non c’è stato nessun aspetto del nostro vivere civile che non sia stato attraversato da sommovimenti profondi, capaci di alterare nelle fondamenta modi di viveri sedimentati e condivisi. Quello che in questa sede interessa, però, è un altro aspetto fondamentale del libro: la capacità, cioè, di descrivere e spiegare con assoluta efficacia le premesse di una stagione di rivolta, i motivi per cui “improvvisamente” una parte della società italiana decide di provare a cambiare la struttura profonda del paese, le regole del vivere comune, i codici di comportamento, i modi di pensare e concepire i rapporti sociali, sia del pubblico che del privato. Per fare questo, Il Paese mancato ci spiega l’Italia degli anni Sessanta al di là e oltre la facile formula del “miracolo economico” che pure si verificò davvero, ma che da solo non basta a descrivere una società complessa e contraddittoria e sull’orlo di una rivolta generazionale. L’Italia dell’esperimento riformista e della congiuntura, della crisi delle due Chiese, quella cattolica e quella comunista, delle tragedie di Avola e delle morti bianche. Fino allo scoppio del biennio ’68- ’69, l’autunno caldo, gli anni furibondi della strategia della tensione e dell’eversione.

È a questo punto, in questo momento, che Il paese mancato diventa un libro necessario, anche nell’ambito di
una bibliografia dedicata esclusivamente alla storia del partito armato. Perché Crainz spiega con una lucidità e un rigore raramente riscontrabili le ragioni per cui tanti giovani, a metà degli anni Settanta, scelsero la strada della lotta armata; lo fa accennando al tradimento del Partito comunista italiano (giunto al suo massimo consenso elettorale nel biennio 1975-’76 ma incapace di tradurlo in responsabilità di governo e in quel cambiamento tanto evocato); lo fa descrivendo la crisi dei movimenti extra-parlamentari e il senso di abbandono e sconfitta provato da tanti militanti rimasti improvvisamente senza punti di riferimento politici, attratti dalle sirene della lotta armata e spaventati dalle prime avvisaglie di quella che poi sarebbe passata alla storia come l’ondata del riflusso. Da un lato la controffensiva reazionaria dei poteri costituiti, intenzionata a respingere con ogni mezzo (lecito e illecito) la richiesta di innovazione; dall’altro la pavidità di un Pci imprigionato tra l’incudine e il martello, un gigante dai piedi di argilla al tempo steso troppo forte e troppo debole. Nel mezzo migliaia di giovani che, di fronte alla repressione, scelgono la P38: di qui l’esplosione del terrorismo diffuso, il moltiplicarsi delle sigle armate, gli anni più bui della notte della Repubblica.

Un concentrato eccezionale di fatti e congiunture che l’autore dipana attingendo a una mole enorme di fonti, estremamente variegate e per molti versi originali: dagli articoli di quotidiani e periodici ai rapporti di polizia, carabinieri e prefetti, dai documenti di partito ai film, le canzoni, la letteratura, i programmi televisivi, ossia quei prodotti culturali che testimoniano meglio di qualsiasi altro i cambiamenti in atto all’interno di un comunità.

Per tutti questi motivi consigliamo, anche in questa sede, la lettura di questo libro. Ci sembrano motivi buoni e del tutto giustificati, nella convinzione che per la comprensione di qualsiasi fenomeno sia necessaria prima di tutto una buona conoscenza delle sue premesse e del contesto in cui matura e viene a verificarsi













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