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una storia d'altri tempi . ogni tanto riemerge il passato. Infatti ecco cosa n'è uscito fuori commentando la news su Fb con l'autore del ritrovamento
Pozzuolo, trovati una bottiglia di Coca Cola con un messaggio del 1930 e un tesoro in banconote Doppio ritrovamento durante alcuni lavori in un locale a Terenzano. «Saluti a chi sarà nel futuro, da Gino di Sammardenchia, muratore, 1930»: è il messaggio, ricostruito a fatica perché la carta, già rovinata, ha dovuto essere strappata per uscire dal contenitore. Lo scritto su carta da sacco di cemento e i soldi assieme a un santino di Paola Beltrame
Un messaggio murato per ricordare ai posteri chi ha costruito un edificio è una curiosità, ma non proprio una rarità. Però se il biglietto sta in una bottiglia di Coca Cola del 1930, appena tre anni dalla diffusione della bevanda in Italia, il caso è piuttosto singolare.
Il ritrovamento è avvenuto alla Casa rossa di Terenzano, dove i cimeli rinvenuti durante la ristrutturazione dal proprietario Luca Todaro sono più d’uno, a cominciare da un tesoretto di vecchie banconote, pure scoperto nel muro in sasso.
Una fortuna, quella di poter documentare la storia del locale, che cade a puntino: il ristoratore, infatti, è un cultore di questi “feticci” – come li chiama lui –, pronto a valorizzarli in bacheca e ricordarli ai visitatori.
Lavorando al riadattamento del locale, chiuso dagli anni Novanta dopo essere stato osteria e rivendita di alimentari, scrostato l’intonaco è apparsa la sagoma di una finestra: in quello spazio, tra i calcinacci, una bottiglia in vetro “contour” marchiata Coca Cola con dentro un biglietto scritto con matita da muratore su carta da sacco di cemento.
«Saluti a chi sarà nel futuro, da Gino di Sammardenchia, muratore, 1930»: è il messaggio, ricostruito a fatica perché la carta, già rovinata, ha dovuto essere strappata per uscire dal contenitore.
«Una bottiglia perfetta, ergonomica», spiega Todaro, documentato nel dettaglio sull’evoluzione che poi subì l’involucro della più famosa bibita al mondo.
La Coca Cola, di cui uno stabilimento è stato attivo a Udine in viale Palmanova fino agli anni Novanta, fu inventata da un farmacista statunitense nel 1886, inizialmente come rimedio per il mal di testa, ma poi modificata negli ingredienti cominciò la sua diffusione mondiale negli anni Venti, trasformandosi in un business di immense dimensioni.
Ma un altro reperto è stato rinvenuto durante i lavori alla Casa rossa: in una nicchia nel muro qualcuno – chissà quando – aveva nascosto un grosso fascio di banconote in lire. Nel pertugio c’erano esemplari delle mille lire anni Ottanta e della precedente edizione dello stesso valore degli anni Settanta, un foglio da 10 mila lire, alcuni da 2 mila, fino alle 20 lire in carta e un taglio da una lira.
Che scopo avesse questo deposito non è dato sapere. «I soldi – spiega Luca – sono stati trovati, assieme a un santino che ho lasciato sul posto, nel piccolo locale che era stato spaccio di alimentari gestito dalla famiglia Terenzani, dalla quale ho acquistato l’immobile nel 2014».
Ancora una storia, dunque, per Casa rossa e il suo estroverso proprietario, il quale non è nuovo alla cronaca. A partire da quando ha deciso coraggiosamente di riattivare il locale a quando, ammiratore di un certo passato, ha sfidato le critiche scrivendo sulla facciata la sua filosofia di vita: «Chi si ferma è perduto», messaggio a metà fra l’inquietante e l’ironico.
Abbiamo inoltre avuto motivo di conoscere sul nostro
giornale Luca Todaro per la domanda di matrimonio alla compagna, stampata a caratteri cubitali su un rimorchio pubblicitario. Solo uno come lui può trovare messaggi in bottiglia e pacchi di soldi dimenticati, sono questi i misteri di Casa rossa.
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