Speriamo che tale progetto prospettato in una tesi di laurea non sia il solito parlare e scrivere a vuoto e che dale parole e dalle propposte si passi ai fatti . Parlarne \ discuterne e proporre , va bene ma poi diventa bla... bla .. ovvero solo chiacchere
dalla nuova sardegna del 5\2\2018
Spopolamento, la sfida di due neo architetti: azienda modello nel borgo fantasma
La tesi di laurea sul borgo Badu Andria nel comune di Padru della giovane olbiese Sarah Pischedda e del collegaTommaso Vagnarelli è stata riconosciuta al Politecnico di Torino come il miglior lavoro nel settore dell'architettura sostenibile
di Gianna Zazzara
SASSARI. «Costruirci un futuro in Sardegna? Magari. È un posto unico in Europa con una identità ancora molto forte. E le opportunità non mancano. La Sardegna è piena di piccoli borghi dimenticati. Farli rivivere, ripopolarli porterebbe di nuovo fiducia nel futuro». Sarah Pischedda e Tommaso Vagnarelli, architetti, 25 anni lei, olbiese, e 26 lui, torinese, ne sono talmente convinti da averne fatto un caso di studio. “La rinascita dei borghi abbandonati dell’entroterra sardo: il caso studio di Badu Andria” è il titolo della loro tesi di laurea magistrale in Architettura per il restauro e valorizzazione del patrimonio al Politecnico di Torino. Una ricerca premiata con il massimo della votazione per entrambi, 110 e lode, e un riconoscimento da parte del Politecnico come miglior tesi di laurea nell’ambito dell’architettura sostenibile.
«Siamo veramente felici che il nostro lavoro sia stato riconosciuto – dicono soddisfatti i due architetti – È un messaggio a tutti i ragazzi. Abbiamo voluto dire ad alta voce che anche in Sardegna c’è la possibilità di costruirsi un futuro. Non bisogna fuggire».
Il progetto. Badu Andria è un borgo abbandonato del comune di Padru, in Gallura, dove Tommaso e Sara hanno trovato uno stazzo abbandonato, della seconda metà dell’Ottocento. L’idea alla base della loro tesi è stata quella di trasformare lo stazzo in un’azienda agricola all’avanguardia, specializzata nella produzione di piante officinali. «In Sardegna ci sono tantissime strutture abbandonate che potrebbero essere recuperate e trasformate in attività produttive – raccontano i ragazzi – Noi abbiamo pensato a un’azienda di piante officinali perché la Gallura è il territorio ideale per le piante spontanee e perché questo è un mercato in forte crescita». Per il loro progetto basterebbero 100mila euro. «Finanziamenti che si possono facilmente ottenere anche grazie ai Fondi di sviluppo rurale: per la Sardegna fino al 2020 c’è quasi un miliardo di euro a disposizione». E poi come si fa a vendere le piante? «Ormai con la tecnologia le distanze sono annullate. Basta creare un sito e il gioco è fatto». Come spiegano gli architetti, il caso di Badu Andria può essere replicato in tutti gli altri borghi abbandonati sparsi in Sardegna.
La lotta allo spopolamento. A ispirare i due giovani architetti è stato il desiderio di trovare una soluzione per salvare i paesi, condannati allo spopolamento. «I paesi, soprattutto quelli dell’entroterra, rischiano di morire anche perché sono sempre di più i ragazzi che decidono di andare via dalla Sardegna. Eppure le opportunità non mancano, basta cercarle». Secondo Sarah e Tommaso recuperare i vecchi borghi è un’occasione unica non solo per mettere in sicurezza il territorio, ma anche per creare nuove comunità. «I borghi e i piccoli paesi hanno cominciato a spopolarsi quando masse sempre più grandi di persone si sono mosse verso le aree urbane, con il miraggio di una vita più soddisfacente e meno dura. Oggi sta accadendo l’esatto contrario. L’insoddisfazione della vita nelle metropoli porta molti a ritornare nell’entroterra magari per aprire un b&b o un’attività di agriturismo. Il fenomeno ha anche un nome, amenity migration, a indicare la fuga dalle città e il ritorno alla campagna. Anche perché oggi, grazie al progresso tecnologico, è possibile tornare ad abitare questi luoghi, anche nel centro della Sardegna, senza per forza dover abbracciare uno stile di vita lontano dalla modernità». Ovviamente, nel progetto di Sarah e Tommaso i nuovi borghi sarebbero 2.0, con soluzioni architettoniche attente alla sostenibilità ambientale e alla autosufficienza in campo energetico: mini pale eoliche, pannelli solari, raccolta di acqua piovana per riscaldare le abitazioni. La fuga dei giovani. Sarah e Tommaso sanno bene che la causa dello spopolamento e della fuga dei ragazzi è la mancanza di opportunità lavorative nell’isola e l’assenza di politiche economiche adeguate. «Ma la Sardegna ha molti punti di forza – ricordano i ragazzi – Innanzitutto il settore agro-alimentare e il turismo costiero. I finanziamenti per avviare nuove attività non mancano: grazie ai fondi strutturali europei i giovani imprenditori possono ricevere incentivi per aprire nuove aziende nel settore agroalimentare, anche nelle zone rurali».
Ritornare a vivere nei paesi e nei borghi abbandonati dell’isola, grazie all’avvio di nuove attività imprenditoriali, permetterebbe ai ragazzi di continuare a vivere in Sardegna. «Quando un giovane è costretto ad emigrare perché non trova lavoro, è una sconfitta. Lo dovrebbero capire i nostri politici. Andar via dovrebbe essere una libera scelta per i ragazzi. Non una soluzione obbligata». Il ripopolamento dei borghi, secondo i due architetti, porterebbe la Sardegna ad una nuova rinascita economica, culturale e demografica. «L’alternativa è una desertificazione sociale che condannerebbe definitivamente questa regione».
Dopo aver conseguito la laurea magistrale Sarah e Tommaso hanno deciso di continuare i loro studi al Politecnico di Torino: «Ci stiamo specializzando in beni architettonici e del paesaggio». Ma voi sareste disposti a trasferirvi in Sardegna e realizzare il progetto della vostra tesi di laurea? «Perché no? Io sono torinese e ho scoperto la Sardegna grazie a Sarah con la quale sono fidanzato da 5 anni – dice Tommaso – È una terra meravigliosa. Sì, mi piacerebbe molto viverci». E Sarah? «A Olbia ci sono i miei genitori e sarei felice di tornare a vivere lì. Badu Andria, poi, è vicinissimo a Olbia». Sarah ha un esempio diretto di cosa voglia dire lasciare una grande città per andare a vivere in Sardegna. «Mia mamma è austriaca – racconta –. Quando ha conosciuto mio padre non ci ha pensato un attimo a lasciare Vienna per trasferirsi a Olbia. Ogni volta che le ho chiesto se si fosse mai pentita mi ha sempre risposto: Sei matta? Lo rifarei mille volte». In ogni caso Tommaso e Sarah sono decisi a restare in Italia. «Dopo la laurea molti nostri colleghi sono andati a lavorare all’estero. Comprendiamo le loro ragioni, in Italia è difficile trovare lavoro, e quando
c’è è precario. Però ci piacerebbe che i giovani di questo paese, invece di scegliere la via più facile, creino nuove opportunità e credano in questa Italia perché le cose possono essere cambiate. Noi con la nostra tesi abbiamo dimostrato che anche in Sardegna c’è un futuro possibile».
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