28.2.18

#ilprincipelibero ? UN #DEANDRE' DA SOFA'

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Mi  che   a quelli    che  è piaciuto   ill principe libero   si contano sulle dita  di una mano  e  soprattutto  sono  qui fans   fanatici    che non riesce  a  separare  l'artista   dalla persona  , ma sono abituati a  santini laici  e   agiografici . 
Oltre   a me  (  vedere   mio post  )   che l'ho iniziato ad  ascoltarlo   discograficamente    solo con le  nuvole  in quanto volevo allora a vevo solo 14 annie rifiutavo tutto quello che ascoltavano i miei matusa , a stroncare questo film ci sono anche ottimi critici musicali come del calibro di Gino castaldosu repubblica del 23 febbraio qui un estratto http://bit.ly/2Fqdsrb il resto è a pagamenti a pagamento )  e l'asciutta - ma   non per  questo - incisiva recensione   del sito lindipendente 
Infatti ecco un altra stroncatura da chi de andrè lo ha conosciuto benissimo , quasi quanto i suoi familiari , Matteo Tassinari.




                  Tanto rumore   per nulla




PER il "PRINCIPE LIBERO" targato RAI, ossia al tentativo grottesco, innaturale, paradossale ed esasperatamente caricaturale e parrebbe assai improvvisato nel gessato stile pravdiano del cavallo mazziniano in Roma, tentativo improbo di ricordare il più grande dei nostri cantautori in poesia. Per far cassa, come direbbe il mio amico Bibi Ballandi morto pochi giorni fa e che ricordo volentieri in questa occasione, far contanti, cash, dobloni, euro, dollari. Che domande? Certo che avrei desiderato
che Dori Ghezzi avesse avuto un po' più di voce in capitolo, magari intervenendo sul testo, assicurarsi che il ricordo della inquietudine (creatività, poetica) di Faber non fosse marginale o rimaneggiata, come nessuno ha voluto che fosse, forse moglie compresa. Volevano fare un bel santino di Fabrizio De André e Luca Facchini, il regista, che c'è riuscito in pieno. NON OSANDO, tanto lo sappiamo che Fabrizio non voleva essere e non era un Principe. Per quel che ne so io, non li sopportava i principi.
PERCHE'sarebbe stata una grande occasione stare fermi, lasciare tutto com'era. Non muovere paglia. Non proferir parola. Non abbozzare neanche l'idea. Nessuno avrebbe detto nulla, come qualcuno non si sarebbe accorto di niente. Che gioia l'ignoranza che vola tutta via. Adesso, quando una scolaresca avrà bisogno di vedere un film su De André, quale film andranno a prendere secondo voi? Si procede, andando avanti senza sapere nulla, almeno non gridiamo allo “scandalo” e inconsapevoli, stiamo tranquilli. L’inconsapevolezza delle anestesie sociali, è il male preferito dalle maggioranze, quello che garantisce un'immane Domenica delle salme che si ripete in stand by, come uno scudo per proteggersi dalle novità troppo potenti o forti, quindi plachiamo tutte le scintille del caso, quello che è poi avvenuto nel due sere. Meglio sarebbe stato aspettare un'occasione migliore, centrare un traguardo, una ricorrenza importante, ma così ci chiediamo anche il perché di questa messa in scena colossale, questo dispiegamento di forze, invece di abortire un papocchio dove Tenco sembrava un liceale, Villaggio ricorda involontariamente Fantozzi e il Principe Liberato è un Faber da sofà con accento romanesco che è una campana stonata, favellando col contagocce, mentre Faber, quando era in compagnia, parlava con la fluidità dei fiumi in piena.
E QUEL CIUFFO, quel ciuffo, esagerato. Alla Zanardi, doppipetto come fossero fruit of the loom, ancheggiamenti da belle epoquè. Una produzione Rai, una Tv generalista che deve cercare di mettere d’accordo il più alto numero di persone (utenti pubblicitari) verso un tipo di programma, ‘sta volta è toccato al Nostro. Loro non ci pensano già più. Parlo dei progettisti Rai, i capostruttura, hanno altre questioni per la testa. Nuove. Un Faber troppo Adone. E poi gente come Riccardo Mannerini, Pepi Morgia, Gian Piero Reverberi, Franz Di Cioccio, Nicola Piovani, Francesco De Gregori, Massimo Bubola, Mauro Pagani, ma dove erano? Ma la FdA (Fondazione, Fabrizio De André), aveva bisogno di soldi per lavori da fare e ampliare l'agriturismo dell'Agnata (nella foto) che è poi stato il sogno di De André negli ultimi anni. Ve lo dico, io. Ellade Bandini, il suo batterista, mi disse. “Fabrizio di cantare non gliene frega più nulla. Ora è molto preso dal suo agriturismo che sta costruendo a Tempio (L’Agnata, più precisamente) e quello è il suo futuro”, concluse lasciandomi un po esterrefatto e con
la testa di chi ha capito una cosa che non voleva sapere, figuriamoci capire. De André si stava lentamente ma inesorabilmente appassionandosi sempre più all'attività di agricoltore, accantonando sempre più e progressivamente, quella musicale.

Un De Andrèda Sofà
PERCHE' sarebbe stata un grande occasione stare fermi. Non muovere paglia. Non proferir parola. Non abbozzare neanche l'idea. Nessuno avrebbe detto nulla, come qualcuno non si sarebbe accorto di niente. Meglio sarebbe stato aspettare occasione migliore, invece di abortire un papocchio dove un Tenco sembra un liceale, Villaggio ricorda involontariamente Fantozzi e il Principe Liberato è un Faber da sofà con accento romanesco che suona come una campana stonata, favellando col contagocce, mentre Faber in compagnia era un fiume in piena. E quel ciuffo, quel ciuffo, esagerato. Alla Zanardi, doppipetto come fossero fruit of the loom, ancheggiamenti da belle epoquè. Una produzione Rai, Tv generalista che deve cercare di mettere d’accordo il più alto numero di persone (utenti pubblicitari) verso un tipo di programma, ‘sta volta è toccato al Nostro. Loro non ci pensano già più. Parlo dei progettisti Rai, i capostruttura, hanno altre questioni per la testa. Nuove. Un Faber troppo Adone.
SENTIMENTALISMO  ECCESSIVO


DE ANDRE' CON L'AMICO E POETA RICCARDO MANNERINI,col quale scrisse il suo primo
Concept-album: "Tutti morimmo a stento"

E POI PERSONE come Riccardo Mannerini (poeta) e col quale ha vissuto una decina d'anni in un monolocale dell'angiporto genovese, Pepi Morgia regista dei concerti grande amico, Gian Piero Reverberi grande compositore, Franz Di Cioccio batterista PFM, Nicola Piovani direttore d'orchestra, Francesco De Gregori (ma non era lui il Principe?), Massimo Bubola (cantautore), Mauro Pagani (polistrumentista) e molti altri, ma dove erano? Ma la FdA (Fondazione, Fabrizio De André), aveva bisogno di soldi per lavori da fare e ampliare l'agriturismo dell'Agnata (nella foto) che è poi stato il sogno di De André negli ultimi anni. Ellade Bandini, il suo batterista mi disse: “Fabrizio di cantare
non gliene frega più nulla. Ora è preso dal suo agriturismo che sta costruendo a Tempio (L’Agnata, più precisamente). Quello è il suo futuro”, concluse. Eravamo a Rimini nel '98 e la sera Faber s’esibiva al Palafiera. Era in tournè con “Anime salve”, quindi non mi sento neanche di imputare “Mammadodori” di aver accettato un prodotto marchiato e tipico della linea editoriale nazional-popolare della Rai. Accontentar tutti, per non dispiacere a nessuno. Un Principe recintato, quasi imposto, richiesto e circoscritto alla richiesta, nonchè delimitato a norma, regolamentato a dovere, svuotato di tutto il suo sapiente comporre, le sue lunghe nottate, le sue pennellate, i suoi facili entusiasmi per scontrarsi con la realtà beghina e ottusa come un mattone. Eppure questa grande lucida cognizione della superbia dei vincitori, invece che ispirargli rabbia e disperazione, innescava la sua grande forza narrativa dilatandone la spontanea dolcezza.


DE ANDRE' DURANTE IL PROCESSO A SASSARI
DOPO IL RAPIMENTO DURATO PIU' DI 4 MESI


NON alla RAI,Non al BISCIONE, e neanche a LA7


FABER non ha brevetti come non è mai stato così elitario, privilegiato, agganciato, prenotato a vita, ancorato, ai benefit dell'esistenza che non scelse mai. Da qui la valanga di tormenti in Fabrizio che non sono stati neppure delineati nello "Speciale" (alla Minoli). La vita genovese, saltata damblè! Piedi pari. I carrugi. Mannerini? Troppo riguardante il ricordo che dovevano aver pensato di lasciare di Faber, un ricordo manipolato, non realistico. De André era altra roba. Speriamo nella prossima occasione. Ma bisogna capire che non deve essere un prodotto Rai o peggio ancora del Bisicione, loro fanno dei "santini" e così non è! Nel senso che per quanto e come conosco Faber, vorrei confermare che di Faber, nel "Principe libero", c’è molto poco. Come si può dire che quello fosse Fabrizio De André? Il Principe Libero si fossilizza sui sentimentalismi didascalici, e lo spettatore non sente neppure il desiderio, la bellezza delle parole né tanto meno l’impulso verso la libertà, che De André con una pennellata ti descriveva una città. E' mancato il genio, l'estro. E' mancato il coraggio di osare, ma penso che non fosse nei programmi Rai, l'osare. 




Dulcinea del Toboso,io sono il tuo Hidalgo Passerà anche questa stazione...

Nel mio cluadicante  narrar

E’ QUESTA LA grave cosa dell’intera operazione: aver dato di Faber un’idea beghina, irreale, non all'altezza. La nel procedere in direzione ostinata e contraria. Non era così la poetica, la vita di De André, la sua fragilità inossidabile al punto che suo figlio Cristiano lo chiamava "il toro" per il suo carattere molto competitivo. Perché il De André dell’innocente Luca, è didascalico ma anche fuorviante. Ma questa è una responsabilità di chi ha voluto mettere sullo scranno più alto il cantautore più profondo che abbiamo mai ascoltato. E questo a me pesa. E sarei curioso di sapere l’opinione del “Principe”, ma quello è impossibile purtroppo. Il mistero delle emozioni accoglie ogni raziocinio, ogni calcolo, tutto il vortice d'orrore si tramuta in un acquazzone di quel venerdì alle 15,30 che iniziò improvvisamente a piovere forte (su questo tutti i vangeli, apocrifi e "ufficiali", sono d'accordo) quasi come a lavare l'onta della violenza umana, capace di ammazzare in Croce chi parlava d'amore proclamandosi figlio di Dio. Una Buona Novella, chissà quanto e come manipolata o "rimaneggiata". L’umanità di Maria in questa canzone trascende la sua divinità, come è vero il suo contrario. Nelle parole di De André, Maria diventa la madre di tutto abbracciando il sacrificio della sua vita stessa per un disegno destinato al libero pensare di ognuno.



Ma voi che siete a Rimini tra i gelati e le bandiere non fate più scommesse sulla figlia del droghiere


CONCLUDO, (per la gioia di tanti), azzardando nel mio claudicante narrar, che non sarei l'uomo che sono se non fossi cresciuto ascoltando le sue canzoni, le sue interviste, i testi letti e divorati, il suo bel volto, le note spesso in minore, musica sapiente, il suo stile, la personale storia, il rapimento, episodi di altri che Fabrizio ha fatto suoi vivendoli, da Riccardo Mannerini, al regista-concert di Faber, Pepi Morgia, fino a Cristiano e Dori, non potrei dire di essere ciò che sono. Mi sarebbe mancata quella forma d'anarchia che non trova risposta nei poteri istituzionali fino ad essere convinto che è vero, non esistono poteri buoni, ma solo poteri con molti zeri e tanti interessi singoli. Tante parole cangianti e nessuna scrittura, proprio come nei campi d'ortiche, ricordi tanti e nemmeno un rimpianto per chi è abituato a farsi piovere addosso, non è un problema. Faber è in un campo minato col suonatore Jones perché ha accompagnato per mano la vita di molti di noi e questo rende tutto molto soggettivo complicando le questioni alterando la passioni. Alla fine penso che siamo in troppi a tirare la giacchetta di Fabrizio. Molti non centrano, o sono di passaggio, mai ci mettono la faccia, mai. Se poi scrivi, ti beccano la minutaglia, e ti chiedono di quella. Dopo 'st'inutile sbornia di un liquore che non è del Mercante. Per quanto mi riguarda, penso di lasciarlo stare per un po. Gradirebbe.


Quindi  affermo  che   de  andrè  aveva prevvisto la  sua santificazione  ed  agiografia  che   come  mi sembra  di capire   ascoltando questa  sua  canzone  https://www.youtube.com/watch?v=m3ZGdzuvcws


Concludo facendomi come il sito lindipendente questa domanda #ilPrincipeLibero: c’era davvero bisogno di una fiction per raccontare #FabrizioDeAndré? SEPPINO DI TRANA.  ci  manca  solo    che vendano  uno  stronzo  e  lo spaccino  per una  cagata  di fabrrizio 

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