12.5.24

Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica e la scritta "chiffriermaschinen" ., «Mamma si è iscritta all'università a 42 anni insieme a me: si è laureata col massimo dei voti mentre cresceva tre figli» .,

Il Gazzettino


Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica e la scritta "chiffriermaschinen" 


di Tiziano Graziottin

«Padre, è meglio che questa la tenga lei. Se la trovano in casa mia sono morto». Brandello di una conversazione, probabilmente nel segreto del confessionale, tra un uomo in fuga e un religioso di Marghera. Siamo all'alba del 1945, tutti hanno ormai chiaro come andrà a finire la guerra; il dialogo si svolge tra un ignoto collaborazionista dei nazisti e padre Egidio, un frate francescano che solo qualche anno prima aveva fondato proprio a Marghera una scuola serale dedicata a persone che volevano specializzarsi o qualificarsi nel settore della radiotecnica. "Questa" è una sorta di scatola con molti tasti e molti fili, con degli strani rotori: probabilmente padre Egidio pensa sia una macchina da scrivere o qualcosa del genere, forse una sua evoluzione. Comunque sia il frate la nasconde nella enorme soffitta dell'edificio che ospita la scuola, lungo la via di Marghera che oggi porta il suo nome perché padre Egidio Gelain è un benemerito della città, un religioso che col suo impegno ha dato una prospettiva e un lavoro a tantissime persone (non solo giovani) soprattutto negli anni duri del dopoguerra.
Lo strano oggetto nascosto in soffitta
La "strana macchina" resta sepolta con centinaia di altri oggetti per quasi sessant'anni, finché capita tra le mani di due ex allievi della scuola, Gianpietro Favaro e Roberto Visentin, che rovistando in soffitta sono incuriositi dalla data impressa e dalle parole in tedesco sulle targhette della scatola di legno: l'anno di fabbricazione è il 1941, tra le scritte balza all'occhio "Chiffriermaschinen". E una piccola svastica sui rotori segnala in modo inquietante e inequivocabile da chi era utilizzata.
Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica impressa sui rotori e la scritta "chiffriermaschinen

                                                           © Fornito da Il Gazzettino


Enigma: a cosa serviva?

Siamo ormai nel nuovo millennio, in rete corrono le informazioni e gli interrogativi sul misterioso apparecchio ereditato dagli anni della guerra cadono uno dopo l'altro: si tratta di "Enigma", la macchina che i nazisti usavano per comunicare informazioni riservatissime da un capo all'altro dell'Europa (e non solo), resa celebre da libri e film che nel tempo hanno svelato la complessa e per certi versi drammatica operazione di intelligence dei servizi segreti alleati (inglesi in primis) per decriptare i messaggi nemici. Oggi in Italia ce ne sono pochissimi esemplari (due sono conservati in musei di Milano e Pavia) e uno di questi si trova per l'appunto a Marghera, da dove la macchina di nome Enigma non si è mai mossa. «Fu un'emozione capire cosa custodiva quella scatola di legno - ricorda Gianpietro Favaro - e poi conoscere la storia di come era arrivata fino a Padre Egidio. Scoprimmo che era in ottimo stato: bastò relativamente poco lavoro per farla tornare perfettamente funzionante. Potrebbe mandare e ricevere messaggi anche oggi se ci fosse un addetto con una macchina predisposta a riceverli da qualche altra parte del mondo».



Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica impressa sui rotori e la scritta "chiffriermaschinen

                                             © Fornito da Il Gazzettino

Il codice segreto dei nazisti

Nella storia millenaria delle guerre sotterranee combattute per afferrare i segreti dei nemici Enigma ha un posto di assoluto rilievo: infatti per la prima volta la macchina che faceva partire il messaggio cifrato (utilizzando l'alfabeto Morse, con comunicazioni che potenzialmente tutti potevano sentire) era anche quella che li decifrava. «Non servivano grandi competenze - evidenzia Favaro, di professione ingegnere elettronico, che nel grande edificio rettangolare di via Gelain ha quasi una seconda casa - bastava semplicemente saper usare la macchina e impostare i rotori, in sostanza chi riceveva il messaggio con l'alfabeto Morse lo reinseriva nella Enigma ricevente con l'impostazione accordata e il gioco era fatto. E trasmetteva comunicazioni cifrate con oltre 150 miliardi di combinazioni possibili». 



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La macchina custodita a Marghera è quella a 3 rotori, ma negli anni bellici ne furono realizzate anche a 4, 5 e in pochissimi esemplari perfino 6 rotori, tutto finalizzato a complicare la vita agli spioni nemici.

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Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica impressa sui rotori e la scritta "chiffriermaschinen"
Usata durante la guerra dai nazisti, sfruttata negli anni successivi dagli inglesi che l'avevano distribuita in varie ambasciate, Enigma venne utilizzata fino al 1977, quando fu resa pubblica l'esistenza della macchina. A Marghera, nel capannone che oggi ospita un campionario dell'elettrotecnica che farebbe felice qualunque appassionato, Enigma è il fiore all'occhiello: «Ce l'ha chiesta anche l'Università di Padova - osserva Favaro - ma insomma, ci dispiacerebbe privarcene soprattutto per la storia che lega la nostra macchina a Marghera e alle vicende della struttura, che è un patrimonio di questa comunità».
La scuola serale di elettrotecnica
La scuola serale di elettrotecnica fondata nel 1941 da padre Egidio Gelain, riferimento in anni molto complicati, fu gestita dallo stesso religioso fino al 1974; un altro frate, padre Ruggero (al quale è intitolato il Museo della Radio margherino), ne rilevò il testimone per una decina di anni. Gestita fino a metà degli anni 90 da una cooperativa, oggi la sede è un vero e proprio museo che svela i suoi tesori alle scolaresche in visita, grazie all'impegno degli ex allievi in collaborazione con il gruppo Astrofili di Mestre.
«Ci troviamo qui ogni venerdì sera - spiega ancora Favaro - nel vecchio salone dei diplomi della scuola, oggi predisposto come sede espositiva dei pezzi più significativi, molti dei quali rimessi in funzione col lavoro dei soci». Il Museo Padre Ruggero di Marghera custodisce in effetti molti pezzi straordinari, di culto per gli appassionati ma in realtà di grande interesse per chiunque: tra gli altri il primo computer da tavolo al mondo, l'Olivetti Programma 101, oppure un grammofono "La voce del padrone" del 1930, senza dire del planetario di cui a Marghera si va giustamente orgogliosi. Ogni anno un migliaio di studenti delle scuole visita la struttura di via Egidio Gelain, mentre il venerdì sera i responsabili del museo si ritrovano nella stessa sede.
Collezionismo, quanto vale Enigma?
Ma un autentico tesoro come Enigma, come viene gestito? Collezionisti e cultori del genere sarebbero disposti a mettere sul tavolo decine di migliaia di euro per possederla e finora il ritrovamento a Marghera per ragioni di sicurezza era stato tenuto riservato. «Alla luce del valore della macchina - spiega l'ingegner Favaro - Enigma non è custodita nel Museo ma può essere certamente prenotata una visita per vederla accedendo al nostro sito (https://museopadreruggero.blogspot.com)». E di sicuro capire "come" funzionava la "Chiffriermaschinen" dei nazisti è un bel modo per entrare dalla porta principale nella storia dello spionaggio e degli 007 di ogni epoca.










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Non è mai troppo tardi per seguire i propri sogni e per diventare la persona che abbiamo sempre desiderato essere. A volte la vita costringe a percorrere una strada che sembra portarci lontano dal traguardo che si vuole raggiungere ma, forse, si sta solo prendendo una via un po' più lunga.Così è stato per la mamma di Amy, una donna che per gran parte della sua vita ha seguito gli step che qualcun altro aveva disegnato per lei e ha dovuto «sacrificare le sue ambizioni» per costruire una famiglia e prendersene cura, così come volevano i suoi genitori. Eppure, quando Amy McHugh si è iscritta all'università, lo ha fatto anche sua mamma, a 42 anni e con altri tre figli da crescere. Il futuro che le è stato imposto, allora, si è allargato fino ad abbracciare i suoi veri sogni.


Una vita chiusa in casa

Amy racconta la storia di sua mamma, una storia fatta di rinunce e sacrifici ma anche di rinascita e soddisfazioni: «Non ha mai riso molto. Forse perché ha guardato sua madre, Doris, trattare la cura della casa e della famiglia come una faccenda estremamente seria - scrive in un post pubblicato sui social -. Ogni sera, Doris era sull'uscio ad attendere il marito con un paio di tacchi ai piedi e una birra fredda tra le mani. Stirava le lenzuola e preparava una cena di tre portati. Ogni singolo giorno. I miei nonni hanno spinto mia mamma a frequentare la scuola per segretarie. Mia mamma, creativa, intelligente, ha imparato a battere a macchina. Le era stata venduta la promessa di potersi aggiudicare, così, un "buon lavoro" finché non avesse messo su famiglia, il suo "vero" obiettivo nella vita».
La mamma e il papà di Amy si sono sposati appena dopo il diploma. Un anno dopo hanno avuto lei, la prima figlia, e l'anno dopo ancora è arrivato il secondo. Due anni dopo un altro fratello per Amy. «Mio padre lavorava la notte e i fine settimana, facendo di tutto per aumentare il suo stipendio da insegnante - scrive su BusinessInsider -. Mia madre passava quasi tutto il tempo da sola, per quanto si possa essere "soli" quando si crescono i figli. Cucinava, puliva, faceva la spesa, si inginocchiava a grattare i pavimenti e risolvere le liti tra i miei fratelli». Ma non solo. Sebbene il papà fosse un insegnante di matematica, era la mamma ad avere un talento per i numeri e a spendere ore piegata sul tavolo della cucina «con un mucchio di bollette, in vestaglia e con una tazza di caffè», per far quadrare i conti.
Il suo animo creativo e le sue ambizioni hanno trovato altri modi per rimanere vivi: una torta tridimensionale di Wonder Woman, un modellino di un incontro di boxe fatto con gli stuzzicadenti, la macchina da cucire sempre in moto per i più diversi costumi di Halloween. Poi nasce un'altra sorellina e la casa diventa un asilo nido: «Le piaceva tanto e adorava i bambini, ma non adorava passare tutto quel tempo in casa»
La svolta
Per anni le era stato detto quanto fosse una maestra coi fiocchi, ma come fare a lavorare quando c'era così tanto da fare per la casa e la famiglia? Qualcosa, però, è cambiato quando Amy ha fatto richiesta per l'ingresso all'università: sua mamma ha scritto in segreto la sua domand, l'ha inviata insieme alla figlia e entrambe sono state accettate, ricevendo anche una borsa di studio per il merito. «Io ho scelto un campus nello Stato vicino - scrive Amy - e mia mamma uno a 20 minuti da casa. Ci siamo iscritte ai corsi e mentre mamma lo ha fatto pensando agli impegni dei suoi figli, io pensavo a quante pause volevo durante il giorno. Alla fine del semestre, mio padre si vantava della media di sua moglie. Lei lo zittiva, ma io ero meravigliata: mi lamentavo per gli esami e i compiti e avevo ore e ore per studiare, mentre lei aveva tre figli a casa, di cui uno di cinque anni. Non so se si sia mai sentita sopraffatta. In tal caso, non lo ha dato a vedere».Amy si è laureata, e una settimana dopo si è laureata sua mamma: pieni voti e lode. «Non l'avevo mai vista così felice e orgogliosa di se stessa. La donna che ha lasciato l'auditorium, quel giorno, era una nuova versione di mia madre. Ha accettato una posizione come prof di scuola media e dopo le lezioni aiuta gli studenti. Si sente considerata e apprezzata, qualcosa che non aveva prima. Quando torna a casa tardi dal lavoro, mangiamo la pizza surgelata e la sentiamo lodare colleghi e studenti: "Sono tutti fantastici, avrei voluto fare tutto ciò anni prima"».



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