da Giallo di questa settimana
A sollevare il caso è Ismaele La Vardera,31 anni, il deputato regionale, nonché ex inviato della trasmissione “Le Iene”, Mandalà sono stati vicinissimi a Provenzano. Eppure ad Antonino Mandalà è stata concessa una sala ufficiale del Comune di Palermo per presentare il suo ultimo libro. Sì, avete capito bene, a un boss che non si è mai pentito e che non ha mai collaborato con la giustizia viene concesso di tornare, in pompa magna, nei luoghi delle istituzioni con tanto di autorizzazione da parte del
Comune. Signor sindaco di Palermo, come è possibile una cosa simile? Mi auguro che prenderà provvedimenti”. È indignato il deputato regionale nonché ex inviato della trasmissione Le Iene Ismaele La Vardera. C’È CHI LO DIFENDE: «HA SCONTATO LA PENA» In una terra di contraddizioni come la Sicilia, succede che Antonino “Nino” Mandalà, 85 anni, considerato dagli
inquirenti il capomafia di Villabate e vicino al boss Bernardo Provenzano, già condannato nel 2014 in via de"nitiva a seme anni per associazione mafiuosa e mai pentito, l'estate scorsa abbia presentato il suo romanzo “Marika” all'interno dei locali della Real Fonderia Oretea del Comune di Palermo. La vicenda ha suscitato clamore ed è defragrata in questi giorni con la denuncia pubblica da parte di La Vardera. La presentazione era stata organizzata dall'associazione “Amicizia fra i popoli”. Oltre all'autore c'rano il moderatore Antonio Dolce, la scrittrice Sandra Guddo, l'ex provveditore agli studi di Palermo Rosario Gianni Leone e Pino Apprendi, garante comunale per i diritti delle persone detenute. Quest'ultimo ha
difeso l!iniziativa: «Mandalà ha scontato la sua pena. Nei pochi incontri avuti con lui, ha manifestato la volontà di riconciliarsi con la vita a"raverso la scri"ura. Non sono un prete e non do assoluzioni, non sono un magistrato e non condanno nessuno, credo solo nel carcere che riabilita e alla vi"oria dello Stato». Non è però la prima volta che Mandalà, noto anche come “l!Avvocato” per la sua laurea in Giurisprudenza, presentava un proprio libro negli spazi del Comune di Palermo. Era già accaduto nel 2016, sempre alla Real Fonderia Oretea, per “La vita di un uomo”, romanzo dedicato al figlio Nicola all!epoca detenuto in regime di 41bis. In quella occasione al centro del diba"ito c!erano la vita dei detenuti e lo stato delle carceri, temi sempre cari a Nino Mandalà, che nel suo blog ha de#nito il 41bis «una misura disumana che contraddice tu"i gli standard proclamati dalla Costituzione italiana e dalla Dichiarazione internazionale sui diriti dell!uomo». La latitanza di Bernardo Provenzano è stata resa possibile da una rete capillare di pizzini, meticolosamente smistati da collaboratori ben rodati, mentre il boss rimaneva nascosto nelle sue masserie, nella sua terra, pronto a fuggire da un covo all!altro. Nicola Mandalà, figlio di Antonino e capo della famiglia di Villabate, condannato all!ergastolo per l!omicidio dell!imprenditore Salvatore Geraci, è stato proprio un uomo di #ducia di Provenzano, al punto da accompagnarlo nei suoi viaggi in Francia, dove veniva sottoposto a delle cure. In tanti oggi si chiedono: a cosa serve la memoria quando la stessa poi magicamente svanisce nelle sedi istituzionali in cui dovrebbe essere saldamente preservata? Nei giorni delle commemorazioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lungo le strade di Palermo e nei luoghi della memoria si celebrano manifestazioni e si organizzano concerti e iniziative per sensibilizzare i giovani. Tu"o questo, con la ferma volontà di comunicare alle nuove generazioni la linea di demarcazione tra ciò che è giusto e sbagliato. Ma qualcosa, evidentemente, non ha funzionato.
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