8.7.08

Gomorra

Gomorra non è un bel film. Non è uno di quei film che piace, uno di quelli che quando esci dalla sala del cinema puoi dire “Bello, bello. Lo rivedrei anche subito”, perché Gomorra non è bello. Un tempo, quando dire che un film era “bello” rasentava una certa inutilità, si diceva che quel film fosse “giusto”. Allora mi chiedo se Gomorra sia un film giusto, quindi ancor prima mi chiedo se sia stato un libro giusto. La risposta è sicuramente sì, anche se mentre le immagini scorrono sullo schermo quello che vediamo non ha nulla di giusto, l’intero film è attraversato da una sensazione di sgomento e di mancanza, di assenza del giusto, appunto, di confusione di storie intrecciate, dove lo spettatore è parte attiva col suo giudizio, con la sua sorpresa (molte delle scene di Gomorra sorprendono non solo per la loro crudezza, ma soprattutto perché, nei momenti di peggiore tensione, una vocina nel cervello ti ricorda che anche se romanzato Gomorra resta sempre un documentario) e con la ricostruzione mentale di tutti gli eventi che si intersecano, di tutte le micro-storie raccontate, e allora lo spettatore si perde, si perde nel tentativo di attribuire nomi a facce e ad eventi, cosìccome chissà quante volte si sarà perso lo Stato alle prese con la camorra, cosìccome mi perdo io quando guardo le foto della nazionale di calcio (e questi mò chi cazzo sono?).

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