Un grande poeta
russo scrive un romanzo che gli frutterà il premio Nobel. Ma il
Cremlino non vuole che sia pubblicato: ne emerge un ritratto
poco lusinghiero della storia sovietica. L'autore fa arrivare il
manoscritto a un editore italiano, che lo farà tradurre e lo
darà alle stampe, dopo un anno di trattative diplomatiche,
minacce e intrighi internazionali. Il romanzo diventerà il primo
best seller dell'età contemporanea, lo scrittore pagherà il
successo con l'isolamento: morirà in miseria, nel 1960.
Sembra il copione
di un film sulla Guerra fredda. Invece è la storia vera di una
straordinaria avventura letteraria e politica. Inside the Zhivago Storm (Dentro la tempesta
Zivago) è il titolo di un saggio pubblicato negli Annali della
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Non a caso, perché fu
proprio Feltrinelli, imprenditore miliardario e più tardi
sponsor di rivoluzioni, a imporre Il Dottor Zhivago al mondo, facendolo
esordire in Italia nel 1957. E a sostenere Pasternak e la sua
famiglia, schiacciati dalla vendetta dell'establishment
sovietico. Il romanzo sarà pubblicato in Urss solo nel 1988,
sotto Gorbaciov. E solo l'anno dopo il figlio Evgenij ritirerà
in Svezia il premio Nobel a cui Boris Pasternak aveva dovuto
rinunciare 31 anni prima. Inside the Zhivago Storm è un lavoro meticoloso,
articolato e dettagliato, ricco di informazioni inedite. Ma si
legge come un romanzo, con passione. Perché con passione (oltre
che con rigore accademico) è stato scritto. Non da un critico
letterario, bensì da un filosofo: Paolo Mancosu, 53 anni, nato a
Sassari, cresciuto a Oristano, laureato (in Logica matematica)
alla Cattolica di Milano, dottorato a Stanford, professore
ordinario di Logica e Filosofia della Matematica all'Università
di California, Berkeley. Un lungo elenco di pubblicazioni e
incarichi prestigiosi a Yale, Princeton, Oxford. La
corrispondenza tra Pasternak e Feltrinelli, i retroscena delle
edizioni pirata in russo (con intervento della Cia), i dettagli
della guerra legale dell'editore italiano per proteggere il
proprio copyright (e le royalties dello scrittore impoverito)
contengono preziosi materiali per gli specialisti. Ma col suo
stile senza fronzoli Mancosu trascina anche il lettore ordinario
nella battaglia epica tra il totalitarismo e la creatività; tra
il comunismo incarnato del Pcus (anche in versione post Kruscev)
e quello ideale di Feltrinelli. Commuove l'amicizia a distanza
tra lo scrittore, determinato a salvare l'integrità dell'opera,
e l'editore che saprà mantenere i suoi impegni. Nonostante le
manovre dei burocrati del Pcus e del Pci (del caso si occuperà,
all'apparenza senza troppo entusiamo, anche il senatore sardo
Velio Spano) e degli intellettuali di partito: il poeta di
regime Aleksei Surkov, ma anche una durissima Rossana Rossanda.
In attesa di una versione italiana di Inside the Zhivago Storm ne abbiamo parlato
con l'autore. Via Internet.
Perché un filosofo della matematica scrive un saggio
sulla storia di un romanzo?
È stata una vera
passione. Cominciata in maniera insolita. Tre anni fa ho ripreso
i miei studi di russo e ho comprato per 20 dollari, in una
libreria dell'usato a Berkeley, una versione in russo de Il dottor Zivago .
Su Internet ho poi scoperto che alcuni la vendevano per 5 mila
dollari: era la prima edizione ufficiale, in russo, pubblicata
nel 1959 dalla Michigan University Press. Un libro raro.
Incuriosito, ho avviato qualche ricerca. Pensavo che magari
avrei scritto un articoletto, ma più scoprivo e più volevo
sapere.
Dove ha fatto le ricerche?
Dapprima negli
archivi americani (Stanford, Michigan, Yale), poi ho raccolto
materiali sovietici ed europei. Infine, Carlo Feltrinelli mi ha
dato accesso per la prima volta al ricco archivio della casa
editrice. È finita con un libro di 400 pagine e un'esperienza
umana che è stata quasi una favola.
Quando ha letto il romanzo per la prima volta?
All'Università. Poi
due volte mentre lavoraravo al libro.
Ha altri interessi di carattere storico o letterario?
Sì, da sempre. In
Filosofia della matematica i miei contributi si distinguono da
quelli più tipici della Filosofia analitica perché spesso
incorporo ai problemi tecnici anche una prospettiva storica.
Quanto all'interesse letterario, è presente fin dal liceo, anche
se limitato alla lettura.
Che autori le piacciono?
Sono un eclettico.
Se ci limitiamo alla letteratura, Proust, Musil e Svevo hanno
avuto un forte impatto. Nella saggistica consiglio sempre il
bellissimo Praga magica di Angelo Maria
Ripellino. Ma leggo molto anche di musica. Specie di tango, dato
che suono il bandonèon.
Che idea si è fatto di Feltrinelli?
Personaggio
poliedrico, affascinante. Purtroppo, nella memoria popolare è
rimasto quasi esclusivamente il ricordo della sua adesione alla
lotta armata e della sua tragica fine nel 1972. Visione
riduttiva. Feltrinelli era un uomo d'affari, intensamente
impegnato per la cultura. Ha dato vita alla Biblioteca (poi
Istituto) Feltrinelli, uno dei maggiori centri per lo studio
della storia dei movimenti sociali, e alla casa editrice. Nel
suo (unico) viaggio in Russia, a cavallo tra la fine del 1953 ed
il 1954, poteva discutere coi dirigenti dell'Istituto
Marx-Engels l'acquisizione di opere importanti per la storia del
movimento operaio e al tempo stesso rappresentare dieci aziende
in negoziazioni che andavano dall'importazione di pino siberiano
all'esportazione di essenza di bergamotto.
Come poteva Feltrinelli essere un comunista e investire
la sua fortuna personale in quell'ideale, pur vedendo le
difficoltà di Pasternak?
Non c'è
contraddizione. Feltrinelli era un uomo di sinistra ma nel 1956,
dopo i fatti d'Ungheria, aveva rinunciato all'idea che l'Urss
fosse il modello del socialismo. La sua difficoltà fu proprio
quella di trovare la terza via tra Urss e blocco capitalista.
È agghiacciante il ruolo dell'Unione degli scrittori
nell'emarginazione di Pasternak.
L'Unione degli
scrittori aveva un potere incredibile. Esserne espulsi, come
avvenne a Pasternak dopo il Nobel, equivaleva a non poter più
lavorare. L'Unione doveva garantire l'ortodossia ideologica dei
membri. Spesso era ancora più intransigente del Partito, quasi a
voler evitare qualsiasi possibile critica per mancanza di
vigilanza. Nel libro, c'è una bellissima lettera del traduttore
Zveteremich a Feltrinelli, datata ottobre 1957: racconta come a
Mosca lo avessere minacciato perché sospendesse la versione in
italiano de Il dottor Zivago e di come l'Unione fosse
più rigida del Pcus.
Lei riferisce la strenua campagna di Feltrinelli per
difendere il copyright delle varie edizioni nel mondo.
Battaglia di royalties o di principio?
Feltrinelli era un
editore e quindi proteggeva anche gli interessi economici suoi e
di Pasternak. Se il testo fosse divenuto di dominio pubblico,
avrebbe perso i guadagni ma anche il controllo sulla qualità e
la possibile interpretazione dell'opera. Feltrinelli voleva
evitare che Il dottor Zivago venisse utilizzato in
chiave anti-comunista o pro-capitalista. La possibile
pubblicazione dell'opera da parte di forze anti-comuniste di
emigrati russi, inoltre, avrebbe ulteriormente aggravato la
posizione di Pasternak.
Daniela Pinna
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