15.3.14

il calcio malato di razzismo i tifosi sempre più imbecilli il caso vedovca scirea vhs ultra juventini e il caso della squadra multi etnica del casablanca che gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì

dopo il caso   della  vedova  scirea - ultrà  Juventini

repubblica  13 marzo 2014


TORINO - Una risposta durissima e delirante, inaccettabile nei toni e nella sostanza, per replicare a Mariella Scirea. Alla vedova del campione bianconero, che in settimana aveva condannato i cori razzisti che spesso si evano dalla curva intitolata a suo marito, minacciando di togliere alla Sud il nome, ha risposto il gruppo dei Drughi: con una lettera nella quale insultano la signora e affermano che dovrebbe essere lei a rinunciare al cognome Scirea. Poi, nei primi minuti della partita con la Fiorentina, allo Juventus Stadium, la curva Sud ha intonato il coro "Mariella Cavanna, la senti questa voce? La Juve siamo noi". Volutamente gli ultrà bianconeri hanno chiamato la signora Scirea con il nome da nubile, Cavanna.
Nella lettera diffusa sul loro sito i Drughi attaccano Mariella Scirea sul piano personale ("varcò la soglia di Montecitorio grazie alla sua condizione di vedova di un grande campione, non certo per le sue qualità e tantomeno per la sua preparazione") e ricordano che "i cori incriminati, cantati da tutti da più di 20 anni, vengono intonati a pieni polmoni anche nella Nord, solo che quel settore dello stadio è riservato ai Club Doc ed indovinate chi è presidente del centro coordinamento? Bravi, proprio la signora in questione che preferisce tacere per evitare di doversi dimettersi da un incarico evidentemente ben remunerato". 

Inoltre, si legge nella lettera, "ovunque, dal sito della società compreso ai biglietti, passando per le indicazioni stradali fino agli abbonamenti, si parla sempre e solo di Tribuna Sud. Il nome di Gaetano Scirea non è mai contemplato quindi non capiamo come faccia a togliere qualcosa che semplicemente non esiste. Su una cosa siamo tutti d'accordo: giusto evitare tutti di strumentalizzare un Campione amato da tutti". Poi una provocazione: "accettiamo l'invito (ribadiamo invito perché non esiste un documento ufficiale che ne abbia decretato l'intitolazione al marito) della signora e da ora in poi il cognome Scirea non identificherà più il settore più vero e sincero dello Stadium, ma anche lei facesse altrettanto tornando a farsi chiamare con il cognome da nubile: Cavanna". I Drughi, infine, ritengono evidente "l'incompatibilità con il ruolo attuale di presidente del centro coordinamento, pertanto La invitiamo alle ovvie conclusioni di dimissioni inequivocabili. Siamo stati chiari, Signora Cavanna".
Il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, ha parlato di "invasione di campo" da parte degli ultrà. "La signora Scirea tiene alto il nome e l'immagine di suo marito che ha onorato il calcio italiano a 360 gradi con la maglia della Juve e dell'Italia", ha aggiunto il n.1 della Federcalcio. Anche Dino Zoff prende le distanze dalla riposta dei Drughi: "Si è superato ogni limite - ha detto l'ex portiere, icona bianconera e della Nazionale - Mi sembra si stia esagerando: penso che si debba chiudere qui e passare ad avere un comportamento più appropriato. La signora ha solo voluto mandare un invito ad abbassare i toni, invece è stato strumentalizzato"
Sul sito del gruppo ultrà anche un altro comunicato che annuncia l'adesione allo sciopero della curva Sud per la trasferta del 20 marzo a Firenze. Gli ultrà protestano contro le restrizioni dell'Osservatorio, contro i biglietti del settore ospiti a 50 euro e, a leggere quanto scrivono i 'Viking Juve Milano', anche nei confronti del club bianconero che "non ha preso alcun tipo di posizione, subendo passivamente gli eventi, senza tutelare minimamente gli interessi dei suoi sostenitori". 
Il gruppo di ultrà bianconeri dei Drughi ha diffuso una lettera nella quale insulta pesantemente la vedova dell'ex giocatore, che in settimana aveva stigmatizzato i cori razzisti della curva, minacciando di togliere il nome del marito. Zoff: "Superato ogni limite"  


adesso  anche  il caso  ,  fortunatamente  rientrato  (  vedere  secondo articolo  )   ma  fino a quando  ? ,   della squadra    de  Casablanca  team  composto da immigrati gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì

da  la stampa  del 14\3\2014


I giocatori del Casablanca squadra composta da immigrati marocchini


“Esasperati degli insulti razzisti”Il Casablanca si ritira dal campionato  Il forfait dopo il “tornate a casa marocchini di m..” di sabato scorso; il team composto da immigrati gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì




Ogni fine settimana è sempre la stessa storia: in campo arrivano gli insulti razzisti. E così il Casablanca, squadra composta da immigrati marocchini che gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì, ha deciso di ritirarsi dal campionato. Lo racconta l’edizione locale del Resto del Carlino. 
L’ultimo episodio, quello che ha portato la squadra ha prendere la decisione, è arrivata sabato scorso: “Tornate a casa marocchini di m...”, ha gridato uno degli avversari, durante la partita contro il Club juventinità di Forlimpopoli, vinta per 3-0 dal Casablanca. 
I giocatori hanno immediatamente avvertito l’arbitro, ma non è stato preso nessun provvedimento, anche per questo è arrivata la decisone, come ha raccontato Rachid Hansal, 41 anni, capitano della squadra, con un passato nella serie A marocchina e qualche presenza in nazionale. 
Quello di sabato sarebbe, secondo il capitano del Casablanca «l’ultimo di una lunga serie di insulti a sfondo razziale. Purtroppo quasi ogni sabato è così. Non ne possiamo più. E adesso non giochiamo più. Abbiamo fatto anche un esposto alla Uisp, citando il nome dell’autore di quella frase. Di certo offese così non ne sopporteremo più. Era giunto il momento di fare qualcosa. Di prendere una decisione forte. E l’abbiamo presa». 
Da sabato prossimo, il Casablanca non scenderà in campo. Ma intanto Bruno Molea, vicepresidente gruppo Scelta Civica alla Camera e presidente nazionale dell’Associazione italiana cultura e sport si schiera a difesa dei giocatori: «Voglio esprimere tutta la mia solidarietà alla squadra di calcio del Casablanca per gli insulti razzisti ricevuti. È increscioso che non siano stati presi provvedimenti punitivi nei confronti delle squadre avversarie che hanno offeso i giocatori del Casablanca, immigrati di origine marocchina che giocano nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì». E aggiunge ancora: «Chiedo che la Uisp intervenga subito e ponga in essere misure disciplinari contro chi ha leso la dignità altrui e auspico che la squadra del Casablanca torni presto in campo, anche per combattere e vincere contro ogni forma di razzismo, inconcepibile soprattutto quando avviene nei campi sportivi». 


flash della gazzetta dello sport 




Non ci ritireremo dal campionato Uisp. Restiamo in campo perché altrimenti sarebbe una sconfitta rispetto al razzismo". A parlare è Youssif Laazizi, difensore del Casablanca, la squadra di marocchini che, dopo aver ricevuto insulti razzisti, aveva dichiarato di voler abbandonare il campionato Uisp di Forlì-Cesena in cui gioca da anni. La decisione arriva al termine dell'incontro, iniziato oggi alle 13 nella sala della Giunta del Comune di Forlì, tra alcuni calciatori del Casablanca, il sindaco Roberto Balzani e una rappresentanza comunale e una delegazione della Uisp.
"LA UISP NON CI STA" — "Adesso il campionato Uisp può riprendere", dice Vincenzo Manco, presidente nazionale dell'associazione che, per protestare contro il razzismo e solidarizzare con la squadra di immigrati, aveva sospeso il torneo. "Non bisogna abbassare la guardia contro il razzismo, non bisogna minimizzare su ciò che avviene in campo e negli spalti. Questo vale dappertutto: in serie A e nei tornei amatoriali come il nostro. Sport significa dignità, integrazione e rispetto. Per questo può contribuire a cambiare e migliorare il nostro Paese. Se diventa altro l'Uisp non ci sta. Questa vicenda si chiude ma se ne apre immediatamente un'altra: l'impegno per la cultura del rispetto riguarda tutti in tutti i luoghi di incontro, dallo sport alla scuola, al mondo del lavoro". La prossima partita del Casablanca è fissata per domenica alle 10.30 nel campo Buscherini di Forlì, contro il Castelnuovo, squadra di un piccolo centro alle porte della città. I giocatori indosseranno una maglietta con la scritta "NO al razzismo".
Fino a quando le  società    calcistiche faranno il bello o il cattivo tempo   per  poi  andare  con la coda   fra le  gambe   alle  forze dell'ordine   la  situazione sarà destinata  a peggiorare  . Infatti  << ( ... ) il discorso vale per tutti i club, senza eccezioni - si renderà pienamente conto di cosa stiano diventando, o siano già diventate, le enclave degli ultrà negli stadi italiani. La vicenda degli insulti a Mariella Scirea, nella sua miseria, è solo una conferma di ciò cui assistiamo da inizio stagione: l'affermazione continua e costante di un potere rivendicato sfacciatamente e sguaiatamente, anche se si tratta di un potere illegale. La replica feroce alla garbata amarezza della vedova del giocatore-simbolo della correttezza in campo e fuori, che aveva soltanto espresso il proprio rammarico nel vedere la curva intitolata a suo marito teatro di striscioni dementi e canti razzisti, è molto più della reazione stizzita di un gruppo di mascalzoni. E' piuttosto un voler marcare il territorio, un messaggio di pura intimidazione che si traduce così: non vi immischiate, non vi azzardate a parlare di noi, non giudicate le nostre azioni, perché noi siamo i padroni e chi è contro di noi sarà punito. Un'arroganza figlia dell'impunità accordata per decenni (sì, decenni: dentro stadi vecchie e nuovi, non fa differenza) a gruppi e gruppetti uniti da sigle spesso ispirate al fascismo, al razzismo, alla violenza. Li hanno lasciati fare, bollandoli come folklore. Li hanno ringraziati, "i ragazzi della curva". Li hanno omaggiati, in tutti i sensi. Hanno giudicato ragazzate le loro sempre più spinte provocazioni. Adesso si raccolgono i frutti: saranno pure pochi, perché poi la maggioranza dei tifosi, anche in curva, è gente che vuole solo divertirsi e tifare. Ma sono fuori controllo. La polizia li lascia fare, per evitare problemi, i club ne sono ricattati. Fine. (....) continua sempre su repubblica del 13\3\2014 >>

Ora  non bastano le belle e lodevoli iniziative per ora  isolate   come quelle di topolino con le storie ed i messaggi antirazzisti e non violenti








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o misure repressive , basterebbe che chi è vero tifoso facesse lo sciopero del calcio in tv o allo stadio cosi le società la smettono di predicsare bene e razzolare male cioè di farsi riccattare dagli ultà


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