1.9.22

Single shaming: perché essere single dopo i 40 anni è ancora motivo di "vergogna"

   da  repubblica  

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L'Italia è un Paese in cui sempre più spesso si sceglie una strada alternativa alla coppia. Secondo l'Istat, più del 33 per cento delle persone vive da solo, eppure c'è ancora chi pensa che le persone non sposate e senza figli siano incomplete o infelici. La storia di Daniela e i consigli della psicologa per liberarsi di uno stigma sociale




L’Italia è diventato un Paese di single. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, il 33,2 per cento degli italiani, cioè 8,5 milioni di persone, vive da solo. E per la prima volta la famiglia mononucleare supera quella costituita dalle coppie con figli, il 31,2 per cento. Tanti, per essere considerati un’eccezione. Eppure, ancora oggi molti subiscono la discriminazione del “single shaming”, la vergogna di essere single.
Spesso a patirla sono soprattutto le donne e ad alimentarla sono i pregiudizi e gli stereotipi sociali che associano il non avere un partner a una sorta di colpa, un difetto, una mancanza che va colmata. Chi è single spesso viene ancora bersagliato da domande fastidiose e scomode - “Come mai sei ancora da solo o da sola?”, “Possibile che non trovi nessuno?”. Interrogativi che possono sminuire e offendere, come se vivere o meno in una relazione determinasse il proprio valore. Invece non è certo lo status sentimentale a decidere chi siamo e quanto valiamo, nessuno dovrebbe sentirsi sbagliato o in difetto discriminato perfino, solo perché non è parte di una coppia.

La storia di Daniela

“Non ho mai pensato che avere accanto un uomo potesse essere motivo di vanto, ma neanche di dovermi vergognare per non averne uno. Eppure, ancora oggi, il fatto che io sia single a 43 anni a molte persone non va proprio giù. Non parlo della pressione dei parenti, di mia madre soprattutto, che vedono nella mia vita senza marito e figli motivo di infelicità. Mi riferisco piuttosto ai miei coetanei e alle amiche, che guardano alla mia singletudine con imbarazzo, nonostante mi conoscano bene. Mi guardano con occhi compassionevoli, cosiderando 'proprio strano che una donna in gamba come me non abbia ancora un partner'. I più temerari mi propongono appuntamenti al buio per risolvere quello che per loro è un grave problema, cosa che per me non è. Anzi. A dirla tutta la mia vita mi piace così com’è: sono libera di decidere per me stessa e di cambiare i programmi anche all’ultimo; le amicizie non mi mancano e ho la mia indipendenza economica. Fino a due anni fa avevo una storia ma quando è finita ho deciso di prendermi del tempo da dedicare a me stessa. E ora ammetto, ci ho preso gusto ad essere single, e anche se per alcuni sono una zitella un po’ sfigata, vado dritta per la mia strada. Se incontrerò un uomo che mi piace, accoglierò l'amore e quel che verrà, ma cercarlo a tutti costi non è un obiettivo che voglio pormi. Vorrei che gli altri rispettassero questa mia scelta senza metterla in discussione o doverla sempre rimarcare come se fosse insana e inappropriata”.Di “single shaming” abbiamo discusso con Nicoletta Suppa, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa, per partire dalla storia di Daniela e trarne conclusioni utili a molti.





Cos’è il single shaming?

“Letteralmente l'espressione vuol dire vergognarsi di essere single. È un fenomeno di natura sociale che spinge le persone a sentirsi in difetto per il proprio status sentimentale, poiché non è aderente alle aspettative sociali. Uno stigma che nasce da stereotipi ancora radicati nella nostra cultura basata sulla famiglia: si giudica negativamente chi a una certa età non si è sposato e non ha avuto figli, non avendo aderito alle fasi canoniche di una vita considerata “normale” e standardizzata. Il single shaming viene alimentato dall'atteggiamento e dalle domande delle persone che sul single riversano le aspettative dello stare in relazione. Le domande più frequenti rispecchiano un atteggiamento di attesa, come ad esempio: "Che aspetti a fidanzarti?". Le continue pressioni esterne fanno sentire il single inadeguato e inadempiente. Questo succede a maggior ragione quando la persona non vive in maniera del tutto serena la propria singletudine. Ma può generare comunque malessere anche a quei single che non hanno nessun disagio”.

Quali sono le cause di questo fenomeno?

“Sono sociali e culturali. Tutto si riduce alla considerazione che l'essere single è una fase di attesa tra una relazione e l'altra ma non sempre è così. Partendo da questo presupposto, molti considerano il single come qualcuno che è manchevole, che non è completo poiché non ha una relazione. Altri, per questioni culturali profondamente radicate in alcuni contesti, arrivano a pensare che single sia sinonimo di solitudine e di fallimento, perché se non si è in coppia non si ha ottenuto nulla nella vita. Per queste persone la realizzazione personale è strettamente legata alla coppia e alla famiglia”.

Perché ancora oggi si giudica negativamente chi non ha un partner?

“Si tende a pensare che chi non è in coppia è incapace di avere una relazione perché è problematico o troppo selettivo e non sarà mai felice. In questo modo si perde di vista l'elemento dell'individualità che invece può portare una persona a scegliere, in base a considerazioni personali, di essere single e di cercare la sua personale strada della felicità. Molte persone preferiscono ad esempio vivere al di fuori di una relazione stabile, perché non vogliono rinunciare ad una maggiore libertà o perché vogliono dedicarsi ad altri aspetti della propria vita come ad esempio il lavoro”.

Il single shaming colpisce più le donne?

“Sì, perché ancora esiste un doppio standard di valutazione: spesso gli uomini single non sono giudicati male, mentre le donne vengono stigmatizzate con il classico stereotipo della zitella. Resta viva l'idea che la realizzazione personale di una donna debba passare necessariamente per la costruzione di una famiglia, e diventare moglie e madre. È come se l'essere donna fosse meno importante del suo ruolo sociale.La conferma? Molte donne, una volta sposate e con i figli, sembrerebbero rinunciare a spazi personali e all'espressione della propria individualità. Al contrario, è comune una visione dell'uomo che si realizza anche al di là della famiglia, con il lavoro e non solo. Si giustifica l'uomo single che insegue le proprie passioni considerandole prioritarie rispetto ad una relazione stabile. Molte donne poi hanno assorbito questo modo di pensare e soffrono non tanto perché provano disagio, ma perché credono di non potersi affermare al di là dei ruoli di moglie e madre. In questo modo si perde di vista quella che è la priorità personale dell'individuo: il realizzarsi al di là dei ruoli sociali imposti”.



Perché non bisogna mai vergognarsi di essere single?

“Perché è una condizione che rende l'individuo comunque completo, capace di stare con sé stesso. Questo traguardo individuale non è scontato e può minare l'autostima. Cosa fare se accade? È bene chiedersi se siano gli altri a farci sentire così. Se non fosse per quelle continue domande o quei commenti fuori luogo, proveremmo imbarazzo? Se la risposta è no, il nostro problema non è la vergogna, ma il potere che stiamo dando agli altri di giudicare la nostra vita. Pur non essendo facile, sarebbe utile lavorare su sé stessi per essere più centrati e dare valore a ciò che siamo”.

Come si fa a neutralizzare il single shaming?

“Per far capire agli altri che non è una vergogna essere single, il primo passo è sentirsi in sintonia con la propria scelta e non provare nessun disagio a vivere così. Per sbaragliare chi non smette di fare domande sconvenienti sul perché siamo single, può essere efficace usare l'ironia, che serve a depotenziare il giudizio dell'altro. Con ironia si può rispondere ponendo dei confini con frasi come: "Perché ti preoccupi che io sia single? Hai mai pensato che non è poi così male?" Un'altra arma utile nei confronti del single shaming è quella di mostrare i lati positivi dell'essere single, che spesso chi è in coppia invidia, in modo sottile. Primo tra tutti la libertà di cui gode un single e la capacità di stare da solo. Teniamo sempre presente che il giudizio e la critica spesso nascono da un senso di frustrazione per la propria vita. Alcuni di coloro che disapprovano i single potrebbero anche invidiarli in fondo, poiché sono incastrati in relazioni non sempre felici e incapaci di prendersi le proprie libertà”.

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