principessa dimenticata di © Daniela Tuscano

 Dunque Loujin è morta, assieme ad altri quattro bambini (uno abortito) e alcuni adulti, morta di sete su un barcone accolto da nessuno. La conosciamo tutti adesso, in ritardo, per quell'immagine atrocemente bella: un inizio di vita circondato da un tramonto, meraviglioso anch'esso, d'una meraviglia inutile. Un principio che è già una fine. Non sappiamo a quale religione appartenesse
Dalla  bacheca  di Giovanni Guidi il 
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Loujin, ma le ultime parole "ho sete" rimandano al crocifisso, non Dio ma uomo, egli pure nella solitudine d'un tramonto. Non sappiamo nemmeno quanto sia acuta la sofferenza provocata dalla disidratazione. Ma è un'invocazione così comune, anche da chi perde la vita in modo meno tragico di Loujin, che l'avvertiamo dentro, e soffoca e restringe. La fine di Loujin, benché così disperatamente umana, non è stata però naturale. Poteva, doveva essere evitata. Vogliamo scrivere per lei e non per noi stessi, cercheremo quindi di scansare la retorica e i paragoni insensati con esequie più illustri e celebrate. Semplicemente Loujin non avrebbe dovuto trovarsi in mezzo al mare, a quattro anni, col suo incantevole viso da principessina, gli occhi malgrado tutto giocosi e assetati. Di curiosità, certo; occhi da esploratrice. Non ha conosciuto il mondo Loujin, o ne ha conosciuto soltanto il lato tenebroso, mentre tutt'intorno brillava una irraggiungibile felicità.
Non l'ha conosciuto per difetto di vita, per un gioco al ribasso che anche la società ricca pagherà - e già paga - eliminando gli inefficienti e gli scartati. Non l'ha conosciuto perché la società povera anzi miserabile dalla quale proveniva, della vita non tiene alcun conto; e se la prima l'ha respinta, è stata la seconda a spingerla su quel barcone. Da donne e uomini, dobbiamo chiedere perdono per questa morte, e per altre precedenti o che mai conosceremo; ma inginocchiarsi non basta; e non unilateralmente, ché sarebbe solo autocommiserazione. Non c'è Loujin senza giustizia, ancor più: esercitando la giustizia, vivrebbero nella prosperità milioni di Loujin. Da donne e uomini, il passo da compiere è un sì alla vita è un no a una sua disidratazione a favore di sistemi politico-economici iniqui - di qualsiasi latitudine - in cui l'esistenza umana è mandata alla deriva, come una zattera in mezzo al mare.

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