il femminicidio è frutto della cultura patriarcale di Ivana fabbris e Alessandra Angeli

 con  questi  due     post    non miei     ma  che  mi trovano  d'accordo   ,  d'altronde per   chi  ancora  non

lo  avesse  capito     lo spirito del blog  e  delle  appendici   social   è anche questo  ,   concludo   fino  al prossimo  femminicidio 😡😠     di parlare  di tale  tematica   di cui  faccio    fatica   nonostante    combatta    tutti  i  giorni     contro  il  maschio alfa      che   è in me .  


Fatemi capire: perché si insiste solo a dire "donne, andatevene al primo episodio" o "non andate agli appuntamenti chiarificatori" e non si insegna ai ragazzi, sin dall'infanzia, a sopportare la frustrazione dei no? Sono almeno 30 anni che si vedono genitori avere un atteggiamento sottomesso a bambini resi dei tiranni da un lassismo educativo fatto di infiniti sì, spacciato per libertà e rispetto dei più piccoli senza il contraltare non solo delle regole (spiegate) necessarie alla vita ma anche del dialogo intimo, dell'interesse dei loro stati d'animo, del trasferire comprensione, sicurezza e accettazione. Sbaglierò, ma credo che in buona parte tutto questo sia il germe della volontà di dominio che finisce col crescere a dismisura nel tempo come una pianta velenosa che induce il bambino divenuto anagraficamente adulto a considerarsi ancora come dominante. Sono almeno trent'anni che si incontra l'incapacità genitoriale di comprendere dove finiscono le proprie proiezioni e dove inizia la persona bambino-uomo di domani da formare. Genitori quarantenni che come un sedicenne qualunque non sono in grado di pensare a lungo termine, che non si rendono conto che ogni loro azione coi figli, oggi, produrrà effetti duraturi domani. Si vedono bisogni artificiali indotti insieme a capricci scambiati per necessità primarie e la cecità di non comprendere quanto sia fondamentale insegnare ai bambini, a desiderare. Nel contempo, però, si scopre di continuo la solitudine di tanti bambini, ma più ancora di tanti adolescenti cui nessun genitore parla con profondità e a cui non riesce a trasferire amore e contenimento e troppi altri genitori ancora, essere più adolescenti irrisolti dei loro stessi figli adolescenti. Non sono stata un genitore perfetto, non ho avuto la pretesa di esserlo, sono cosciente dei miei errori e seppur fa male, lo accetto, ma se una cosa l'ho capita ancor prima di diventare madre, è stata quella di rendermi conto che se non avessi affrontato e risolto i miei problemi come figlia, non avrei potuto essere madre. E soprattutto non avrei potuto scegliere che madre e che genitore essere. Comprendere che, contro la cultura distruttiva in cui siamo immersi, esistono anticorpi di cui dotare i figli non è facile, ma ormai pare essere diventato impossibile. Non mi hanno mai convinto i genitori eroi o quelli che si annullano per i figli perché sono comportamenti che ho sempre percepito come una sorta di disarmonia affettiva che passa un messaggio distorto e che crea vuoti emozionali di non poco conto, ma meno ancora in questi trent'anni mi hanno convinto quelli egoici ed edonisti, affettivamente libertini, consumisti e impregnati di disillusione e cinismo spacciato come percorso formativo alla vita del nostro tempo. In una società quale è diventata la nostra, dove la cultura patriarcale che non è mai morta, ha incontrato quella ferocemente individualistica, consumistica e mercantilistica del sistema in cui viviamo, si è creata una sinergia tale per cui sfregiare una vita in qualsiasi modo o addirittura toglierla, non hanno più la valenza umana, etica e morale che dovrebbero avere, specie verso i più fragili o considerati tali, perché la volontà di dominio e il narcisismo, insieme alla spersonalizzazione, fanno sì che i fragili siano considerati come merce ma di valore inferiore rispetto alla media e, laddove rappresentino una responsabilità da assumere, divengono un impedimento alla realizzazione dell'ego di alcuni. Quindi, in quanto ostacolo, sono da rimuovere, distruggere, cancellare. Siamo passati dall'aggressività e i totalitarismi della cultura dell'uomo forte alla violenza, la ferocia e la crudeltà del debole, del bambino mai cresciuto e con l'avallo di una cultura ancora più potentemente distruttiva. È davvero ora di invertire la rotta perché, con simili premesse del contesto sociale, a mio parere le violenze potranno solo peggiorare, numericamente e qualitativamente.

 
Ma un padre che chiede scusa per ciò che ha commesso il figlio lo abbiamo mai visto, lo vedremo mai? Comunque vada è sempre colpa delle madri, come se fossero le uniche ad avere responsabilità educative sui figli. La capacità di mettere al mondo vite viene loro riconosciuta, strumentalmente, solo nel momento in cui c’è da recriminargli qualcosa, puntargli contro il dito per aver generato mostri. I padri sempre defilati, a mo’ di tutela. L’unico risvolto positivo di tutta la storia è la grande solidarietà tra donne che ne emerge, tra le due giovani donne e tra le due madri, perché è solo così che ci si può salvare dai manipolatori del “dividi et impera”.

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