IL matrimonio tra Banari e Siligo: la sposa cammina sul ponte crollato I disagi dopo l’inondazione: ma le sbarre non fermano il sogno di una coppia

   dalla  nuova  sardegna del  25\6\2023


 di Luigi Soriga



Siligo
Un ponticello crollato non spezza le radici. «Sarà il nostro matrimonio, questa mattina, a fare da ponte tra Siligo e Banari». Così Sarah Della Casa, alle 10 in punto si tira su la gonna, la testimone le solleva il velo, e come se il vestito bianco fosse la fiancata lucida di una fuoriserie, passa rasente al guard-rail. Il velo fa il pelo alla barriera metallica, ma scivola immacolato dall’altra parte. Alle 11 in punto la sposa ha appuntamento nella chiesa di Banari, nel versante opposto del ponte interrotto, ma lei (assieme al futuro marito) ha deciso che quei trecento metri li deve percorrere a piedi. Non è una banale sfilata:


quella passeggiata è un simbolo. Significa ricucire idealmente due paesi, che da sempre vivono in simbiosi. «Mio padre – racconta lo sposo Antonello Sassu – è di Siligo, mentre mia madre è di Banari». Le anime di questi piccoli centri sono intrecciate a doppio nodo, e anche quando il fiume ha inondato tutto, il cordone ombelicale non si è mai reciso. La quotidianità, i rapporti, gli affetti, hanno sempre continuato a transitare. E anche Sarah, in questa singolare marcia nuziale, mentre avanza a passo lento, sta celebrando l’amore che lega i due paesi. «Ci siamo conosciuti a Modena – racconta Antonello Sassu – io ho 37 anni, lei 36, e viviamo lì da moltissimi anni. Siamo fidanzati da 14 anni e abbiamo due bambini: Beatrice che ha due anni, e Leonardo sette. Anche se abito lontano dalla Sardegna ormai da una vita, sono rimasto sempre legatissimo alle mie origini. Appena posso, anche con Sarah, ritorno a Siligo a trovare la mia famiglia, e naturalmente vado a trovare tutti i parenti che ho a Banari». Ma l’ultima volta, per Antonello è stata diversa. Il ponte interrotto è come una cicatrice ancora aperta tra i due paesi. Dal momento del nubifragio è come se fossero stati catapultati a chilometri di distanza l’uno dall’altro. Senza più il ponticello, bisogna fare il giro largo, e da appena 3 minuti il viaggio si dilata sino a mezz’ora di percorrenza. Ma nonostante i disagi, sia gli abitanti in questo mese si sono armati di inventiva e hanno tirato fuori dal cilindro un efficace manuale di sopravvivenza fai da te. Per avere il pane fresco la mattina, il fornaio e le rivendite hanno allestito la staffetta delle baguette. Il fornaio porta la cesta da un lato del ponte, e dall’altra parte, ad attenderlo, c’è il suo acquirente. Stessa soluzione per le medicine: la scorta per una settimana viene scambiata sul ponte interrotto. E anche quando c’è da portare il pacco, il corriere attende l’acquirente al di qua di questa sorta di “muro di Berlino”. O ancora, per le commissioni da fare in banca o in altri negozi, chi ha a disposizione due vetture ne parcheggia una su un lato e la seconda sull’altro lato del ponte. Così può fare a piedi 300 metri, e poi riprendere a guidare. Ma uno stratagemma simile non è praticabile quando hai un matrimonio e 200 invitati. «Il corteo di auto, è dovuto passare per Florinas, parliamo di una quarantina di minuti per arrivare a Banari». Invece Sarah, a costo di spiegazzare il vestito bianco, ha preferito la scorciatoia. E ora, alle 10,05, è lì che attraversa gli ultimi metri del ponte, in questa passerella non esattamente romantica dove al posto dei bouquet di fiori ci sono i tondini in ferro che germogliano sull’asfalto, e le reti arancioni che sanno tanto di allestimento da cantiere. Lei è sorridente: ultime foto di rito con la testimone davanti al cartello “Strada Interrotta”, e poi finalmente si lascia il ponticello alle spalle. Ad attenderla, su questa sponda, c’è l’auto che l’accompagnerà sino alla chiesa di Banari

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