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http://nottidiguardia.it/l-uomo-che-non-riusciva-a-morire-in-pace/
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accusatemi pure d'essere un cinico e d'essere pro eutanesia viste ,
chi legge il mio blog e la mia bacheca dagli esordi o con
attenzione a lo sa , posizioni su testamento biologico e fine vita .
Ma la penso , anche per esperienza personale ( il ricovero per frattura di un braccio di una mia prozia di 70\80 anni ) come il post
di questo sito http://nottidiguardia.it/.
Pur
essendo assolutamente contrario filosoficamente, umanamente ed
eticamente alla pena di morte, ci sono altre morti che mi colpiscono e
mi addolorano maggiormente.
Penso alla morte delle persone anziane. Come muoiono oggi i vecchi? Muoiono in OSPEDALE. Perché quando la nonna di 92 anni è un po’ pallida ed affaticata deve essere ricoverata. Una volta dentro poi, l’ospedale mette in atto ciecamente tutte le sue armi di tortura umanitaria. Iniziano i prelievi di sangue, le inevitabili fleboclisi, le radiografie.
“Come va la nonna, dottore?”. “E’ molto debole, è anemica!”.
Il giorno dopo della nonna ai nipoti già non gliene frega più niente!
“Come va l’anemia, dottore?”. “Che vi devo dire? Se non scopriamo la causa è difficile dire come potrà evolvere la situazione”.
“Ma voi cosa pensate?”. “Beh, potrebbe essere un’ ulcera o un tumore… dovremmo fare un’ endoscopia”. Io faccio il chirurgo e lavoro da venti anni in ospedale. Mi sono trovato moltissime volte in situazioni di questo tipo. Che senso ha sottoporre una vecchia di 92 anni ad una gastroscopia? Che mi frega sapere se ha l’ulcera o il cancro? Perché deve morire con una diagnosi precisa? Ed inevitabilmente la gastroscopia viene fatta perché i nipoti vogliono poter dire a se stessi e a chiunque chieda notizie, di aver fatto di tutto per la nonna.
Dopo la gastroscopia finalmente sappiamo che la vecchia ha solamente una piccola ulcera duodenale ed i familiari confessano che la settimana prima aveva mangiato fagioli con le cotiche e broccoli fritti, “…sa, è tanto golosa”.
A questo punto ormai l’ ospedale sta facendo la sua opera di devastazione. La vecchia perde il ritmo del giorno e della notte perché non è abituata a dormire in una camera con altre tre persone, non è abituata a vedere attorno a sé facce sempre diverse visto che ogni sei ore cambia il turno degli infermieri, non è abituata ad essere svegliata alle sei del mattino con una puntura sul sedere. Le notti diventano un incubo. La vecchietta che era entrata in ospedale soltanto un po’ pallida ed affaticata, rinvigorita dalle trasfusioni e rincoglionita dall’ambiente, la notte è sveglia come un cocainomane. Parla alla vicina di letto chiamandola col nome della figlia, si rifà il letto dodici volte, chiede di parlare col direttore dell’albergo, chiede un avvocato perché detenuta senza motivo.
All’inizio le compagne di stanza ridono, ma alla terza notte minacciano il medico di guardia “…o le fate qualcosa per calmarla o noi la ammazziamo!”. Comincia quindi la somministrazione dei sedativi e la nonna viene finalmente messa a dormire.
“Come va la nonna, dottore? La vediamo molto giù, dorme sempre”.
Tutto questo continua fino a quando una notte (chissà perché in ospedale i vecchi muoiono quasi sempre di notte) la nonna dorme senza la puntura di Talofen.
“Dottore, la vecchina del 12 non respira più”.
Inizia la scena finale di una triste commedia che si recita tutte le notti in tanti nostri ospedali: un medico spettinato e sbadigliante scrive in cartella la consueta litania “assenza di attività cardiaca e respiratoria spontanea, si constata il decesso”. La cartella clinica viene chiusa, gli esami del sangue però sono ottimi. L’ospedale ha fatto fino in fondo il suo dovere, la paziente è morta con ottimi valori di emocromo, azotemia ed elettroliti.
Cerco spesso di far capire ai familiari di questi poveri vecchi che il ricovero in ospedale non serve e anzi è spesso causa di disagio e dolore per il paziente, che non ha senso voler curare una persona che è solamente arrivata alla fine della vita. Vengo preso per cinico, per un medico che non vuole “curare” una persona solo perché è anziana. “E poi sa dottore, a casa abbiamo due bambini che fanno ancora le elementari non abbiamo piacere che vedano morire la nonna!”.
Ma perché? Perché i bambini possono vedere in tv ammazzamenti, stupri, “carrambe” e non possono vedere morire la nonna? Io penso che la nonna vorrebbe tanto starsene nel lettone di casa sua, senza aghi nelle vene, senza sedativi che le bombardano il cervello, e chiudere gli occhi portando con sé per l’ultimo viaggio una lacrima dei figli, un sorriso dei nipoti e non il fragore di una scorreggia della vicina di letto.
Regaliamo ai nostri vecchi un atto di amore, non cacciamoli di casa quando devono morire.
Penso alla morte delle persone anziane. Come muoiono oggi i vecchi? Muoiono in OSPEDALE. Perché quando la nonna di 92 anni è un po’ pallida ed affaticata deve essere ricoverata. Una volta dentro poi, l’ospedale mette in atto ciecamente tutte le sue armi di tortura umanitaria. Iniziano i prelievi di sangue, le inevitabili fleboclisi, le radiografie.
“Come va la nonna, dottore?”. “E’ molto debole, è anemica!”.
Il giorno dopo della nonna ai nipoti già non gliene frega più niente!
“Come va l’anemia, dottore?”. “Che vi devo dire? Se non scopriamo la causa è difficile dire come potrà evolvere la situazione”.
“Ma voi cosa pensate?”. “Beh, potrebbe essere un’ ulcera o un tumore… dovremmo fare un’ endoscopia”. Io faccio il chirurgo e lavoro da venti anni in ospedale. Mi sono trovato moltissime volte in situazioni di questo tipo. Che senso ha sottoporre una vecchia di 92 anni ad una gastroscopia? Che mi frega sapere se ha l’ulcera o il cancro? Perché deve morire con una diagnosi precisa? Ed inevitabilmente la gastroscopia viene fatta perché i nipoti vogliono poter dire a se stessi e a chiunque chieda notizie, di aver fatto di tutto per la nonna.
Dopo la gastroscopia finalmente sappiamo che la vecchia ha solamente una piccola ulcera duodenale ed i familiari confessano che la settimana prima aveva mangiato fagioli con le cotiche e broccoli fritti, “…sa, è tanto golosa”.
A questo punto ormai l’ ospedale sta facendo la sua opera di devastazione. La vecchia perde il ritmo del giorno e della notte perché non è abituata a dormire in una camera con altre tre persone, non è abituata a vedere attorno a sé facce sempre diverse visto che ogni sei ore cambia il turno degli infermieri, non è abituata ad essere svegliata alle sei del mattino con una puntura sul sedere. Le notti diventano un incubo. La vecchietta che era entrata in ospedale soltanto un po’ pallida ed affaticata, rinvigorita dalle trasfusioni e rincoglionita dall’ambiente, la notte è sveglia come un cocainomane. Parla alla vicina di letto chiamandola col nome della figlia, si rifà il letto dodici volte, chiede di parlare col direttore dell’albergo, chiede un avvocato perché detenuta senza motivo.
All’inizio le compagne di stanza ridono, ma alla terza notte minacciano il medico di guardia “…o le fate qualcosa per calmarla o noi la ammazziamo!”. Comincia quindi la somministrazione dei sedativi e la nonna viene finalmente messa a dormire.
“Come va la nonna, dottore? La vediamo molto giù, dorme sempre”.
Tutto questo continua fino a quando una notte (chissà perché in ospedale i vecchi muoiono quasi sempre di notte) la nonna dorme senza la puntura di Talofen.
“Dottore, la vecchina del 12 non respira più”.
Inizia la scena finale di una triste commedia che si recita tutte le notti in tanti nostri ospedali: un medico spettinato e sbadigliante scrive in cartella la consueta litania “assenza di attività cardiaca e respiratoria spontanea, si constata il decesso”. La cartella clinica viene chiusa, gli esami del sangue però sono ottimi. L’ospedale ha fatto fino in fondo il suo dovere, la paziente è morta con ottimi valori di emocromo, azotemia ed elettroliti.
Cerco spesso di far capire ai familiari di questi poveri vecchi che il ricovero in ospedale non serve e anzi è spesso causa di disagio e dolore per il paziente, che non ha senso voler curare una persona che è solamente arrivata alla fine della vita. Vengo preso per cinico, per un medico che non vuole “curare” una persona solo perché è anziana. “E poi sa dottore, a casa abbiamo due bambini che fanno ancora le elementari non abbiamo piacere che vedano morire la nonna!”.
Ma perché? Perché i bambini possono vedere in tv ammazzamenti, stupri, “carrambe” e non possono vedere morire la nonna? Io penso che la nonna vorrebbe tanto starsene nel lettone di casa sua, senza aghi nelle vene, senza sedativi che le bombardano il cervello, e chiudere gli occhi portando con sé per l’ultimo viaggio una lacrima dei figli, un sorriso dei nipoti e non il fragore di una scorreggia della vicina di letto.
Regaliamo ai nostri vecchi un atto di amore, non cacciamoli di casa quando devono morire.
Glodencharlie
Articolo che fa riflettere… . Dovremmo riappropriarci della morte, ma fa paura e nessuno
vuol sentirsi responsabile del non aver concesso qualche giorno in più
ai propri cari, anche quando stanno veramente male.
Qui si entra in tema di fine vita, di accanimento diagnostico e
terapeutico. E’ necessario un grande coraggio per lasciare la gente
morire quando il loro momento è arrivato. E forse anche un grande
altruismo..dovremmo pensare un pò meno ai nostri sensi di colpa e un pò
di più agli altri.Ed affrontare la vita senza stupidi tabù o sensi di cola inutili . accettando che anche la vita può finire da un momento all'altro . Ma soprattutto come dice uno dei commenti all'articolo
Carlo scrive:
10 giugno 2009 alle 15:07
Una risata con la figlia, uno strano sospiro e poi qualcuno o qualcosa (o tutte e due, chi lo sa) scrive la parola “fine” su quasi un secolo di vita con un ictus cerebrale fatale. In pochi attimi dobbiamo decidere se chiamare una autoambulanza, fare qualcosa, tentare l’impossibile …. Purtroppo il medico ci consiglia di apettare quella manciata di tempo di una vita che vita non è più. Con tanta paura di sbagliare accettiamo di lasciarla in casa vicino a noi, tre figli che stringendole le mani l’accompagneranno su un letto di parole, ricordi e sentimenti. Nessuno di noi saprà mai cosa lei possa aver provato o sentito; di sicuro, nel silenzio della sua camera, nella intimità del contatto con i figli si è chiusa degnamente e con rispetto una vita. Nulla di questo sarebbe stato possibile in una corsia di un ospedale…
Carlo
Lo che e’difficilissimo essere costretti a scegliere dove un anziano starà
meglio quando lui stesso afferma di “non stare più bene da nessuna
parte” e che le cose che vorrebbe fare non potrà mai più farle.
I sensi di colpa sono devastanti perchè non è tanto importante dove finirà i suoi giorni, me è essere vicino a lui quando accadrà.
Questa è una scommessa terribile! Allora non ci resta che difendere a
tutti i costi la dignità di queste persone care sono ridotte a esseri
deboli, defedati, emaciati in cui la vita non è che un sottile respiro
superficiale in condizioni di riposo…
Quindi credo che bisognerebbe riflettere in tal senso non solo per quanto riguarda le persone anziane, ma per noi tutti.
Quando l’intubazione e l'alimentazione ( vedi il caso di eluana englaro , solo per citare il più noto ) non serve più, quando le flebo, i cateteri, i
farmaci per pisciare, per nutrirsi, per controllare la frequenza
cardiaca, per mantenere calmo il cervello…non sortiscono alcun effetto
terapeutico. Quando la cura diventa una sorta di prigione da cui non si
può scegliere di uscire…
Ci vuole tanto buon senso per cercare di arrivare a delle leggi –
sicuramente difficili da redigere soprattutto quando sisottoposti a pressioni dei gruppi di potere esterni , la chiesa o meglio le gerarchie ecclesiastiche in questo caso – in materia. Ci vuole buon senso e
coscienza. Così come bisognerebbe che chi presenta i disegni di legge, o
chi evita anche solo di mettersi in discussione in nome di credi
diversi, avesse a che fare per mesi con un famigliare in camera di
rianimazione, totalmente non autosufficiente, che ti chiede, come ultimo
atto d’amore da parte di chi lo ha sempre amato e protetto, di
potersene andare in pace, senza essere torturato ulteriormente. Mio
marito, per fortuna, si è spento da solo dopo due mesi di calvario…ma
non potrei nemmeno immaginare come sarebbe stato doverne affrontare lo
sguardo dopo mesi ed anni in una simile condizione… <<
Ora lo piango, e mi manca tantissimo, ed ho il cuore distrutto, e avrei
fatto di tutto per salvarlo, se questo avesse significato poterlo
riportare a casa…riportare a casa.
Ma almeno adesso sto male io, mentre lui non sente più dolore. >> ( da un altro commengto delll'articolo ) . Lo so che è difficile come dice
giovanna scrive:
3 agosto 2009 alle 16:04
ho letto solo ora…e sto vivendo la stessa situazione da lei descritta..mio nonno è in terapia intensiva da una settimana,completamente sedato e intubato,dicono per una polmonite e un accumulo di liquidi nei polmoni.
quando lo abbiamo portato in ospedale era in coma e i medici ci hanno detto che l’unica ,piccola possibilità di salvargli la vita fosse l’intubazione! qual è la cosa più giusta da fare in una situazione simile?! rimani pietrificato,devi decidere in un attimo,altrimenti è trp tardi,il destino di una persona a te cara,dalla quale,nonostante l’età e la consapevolezza che qsta è la vita,nn sei mai pronto a distaccartene.
Nn si tratta di accanimento o di nn rassegnazione,si tratta solo di fare tt il possibile,fino all’ultimo,per una persona a te cara e poi in una situazione improvvisa nn sempre,e nn tutti,riescono ad essere lucidi e calcolatori. Chi può stabilire cn certezza,che dopo la rianimazione una persona,per quanto anziana,nn possa riprendersi e vivere un altro mese,un altro anno o solo una settimana?!
per un attimo ci siamo illusi che tt poteva essere passato,mio nonno si era ripreso,ma solo per qualke giorno.ora da una settimana,tt i giorni,alla stessa ora,andiamo in ospedale,attendiamo in silenzio il nostro turno,speriamo in un lieve miglioramento che è destinato a rimanere un’utopia nn appena vediamo l’immagine sul monitor,da 5 giorni sempre la stessa,come un rituale.
Ora, con il senno del poi mi chiedo se all’inizio abbiamo preso la decisione giusta ma qlla decisione ,subito dopo la sua ripresa, ci ha permesso di dirgli, per l’ ultima volta, “ti vogliamo bene” e lui ha annuito.E credetemi per noi è già molto.
giovanna
Ma chiediamoci su lui avrebbe deciso nella sua situazione ? avrebbe voluto l'accanimento o avrebbe voluto morire subito ? Concludo con quest'altro comento che credo descriva benissimo tale situazione
sorriso scrive:
20 aprile 2010 alle 15:52
…complesso, troppo, il tema della dignità della morte per cercare di spiegarlo o comprenderlo in poche parole…
Lasciatemi solo dire, senza voler in nessun modo giudicare o entrare in merito a scelte e situazione troppo personali, che forse nel nostro tempo manca la capacità di accettare la morte e l’impotenza che l’uomo e di conseguenza la medicina hanno di fronte ad alcune situazioni… Non credo che si debba sempre “fare qualcosa”, a volte il “fare” più grande è proprio il non fare medicalmente nulla, ma ascoltare, guardare, stare vicino a chi amiamo accompagnandolo alla fine del suo tempo con rispetto, senza “macchinose torture” e inutili sofferenze… Già, per questo ci vuole un gran coraggio, un immenso altruismo e una grande forza..e forse qualcuno che con altrettante qualità, che ci aiuti a sostenerla…
sorriso scrive:
20 aprile 2010 alle 15:52
…complesso, troppo, il tema della dignità della morte per cercare di spiegarlo o comprenderlo in poche parole…
Lasciatemi solo dire, senza voler in nessun modo giudicare o entrare in merito a scelte e situazione troppo personali, che forse nel nostro tempo manca la capacità di accettare la morte e l’impotenza che l’uomo e di conseguenza la medicina hanno di fronte ad alcune situazioni… Non credo che si debba sempre “fare qualcosa”, a volte il “fare” più grande è proprio il non fare medicalmente nulla, ma ascoltare, guardare, stare vicino a chi amiamo accompagnandolo alla fine del suo tempo con rispetto, senza “macchinose torture” e inutili sofferenze… Già, per questo ci vuole un gran coraggio, un immenso altruismo e una grande forza..e forse qualcuno che con altrettante qualità, che ci aiuti a sostenerla…
a voi ogni ulteriore commento in merito