IL passo dallo stalker al femminididio è sottile soprattutto quando è di stato



 di cosa  stiamo  parlando  

                                  


sempre   dalla stessa fonte  del 28\3\2021


Lavinia Rivara

Se sei una donna, sei giovane, impegnata in politica, se magari provi anche a fare carriera, un risultato è assicurato: lo stalking non te lo leva nessuno. Per mesi, anche anni. Una condanna di genere.Nessun ministro uomo probabilmente ha avuto la malaugurata sorte di sentirsi apostrofare sui social per mesi “bocca rouge” o “cazzolino” come è toccato all’ex collega Lucia Azzolina, né di essere perseguitato per un anno e mezzo con messaggi a sfondo sessuale, conditi da minacce di morte. Il tutto perché il suo stalker, Pasquale Vespa, presidente di un’associazione di docenti precari, non condivideva la sua posizione sul precariato.

 Opinione legittima ovviamente, ma la critica e la protesta, per quanto radicali, si sarebbero certo sfogate in altro modo se l’avversario fosse stato un maschio.Poche settimane fa un’altra ex ministra, Maria Elena Boschi, ha presentato una denuncia per stalking alla procura di Roma. Da sei mesi un uomo la bombardava di mail, telefonate, attacchi sui suoi profili social, tutti i giorni, anche più volte al giorno. Boschi, oggi capogruppo di Italia viva alla Camera, si è decisa a denunciare quando ha capito che il suo persecutore si recava negli stessi luoghi frequentati da lei, quando cioè la minaccia è diventata fisica e non più solo verbale. Ma non era certo la prima volta che si trovava a dover affrontare questo genere di intimidazioni: «Vanno avanti dal 2014, con soggetti diversi» ha rivelato in una intervista al Corriere. Se si considera che è stata eletta deputata per la prima volta nel 2013 si capisce che gli stalker hanno accompagnato tutta la sua carriera politica.Poco più di un anno fa Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, è comparsa davanti alla prima sezione penale del tribunale di Roma per il processo contro il suo persecutore, Raffaele Nugnes, arrestato qualche mese prima. «La notte non dormo più se penso alle minacce che quest’uomo mi ha rivolto via Facebook - ha raccontato -. Ho paura per mia figlia. Lui diceva che la bambina era sua, che prima o poi sarebbe venuto a riprendersela ».Nel 2015 venne processato anche il molestatore di Mara Carfagna, allora deputata forzista e principale promotrice della legge antistalking. Sul sito della sua vittima lui aveva scritto: “Ti seguo da un po’, conosco i Secondo gli ultimi dati del Viminale le donne, neanche a dirlo, rappresentano il 75 per cento delle vittime di reati persecutori. La maggior parte sono adulte (il 36 per cento ha tra 31 e 44 anni), l’età in cui tendenzialmente si manifesta maggiore indipendenza, si prova magari a fare carriera. Subito dopo vengono le ragazze tra i 18 e i 30 anni (22 per cento). È come se l’essere donna, giovane, magari con ambizioni e visibilità, fosse ancora qualcosa di inaccettabile per una certa cultura maschile (per fortuna minoritaria).In queste settimane si è molto dibattuto della presenza delle donne in politica. La decisione del nuovo segretario del Pd Enrico Letta di imporre una vice e due capigruppo parlamentari donne sta facendo discutere, ma di certo ha il merito di riequilibrare una situazione. Come ha detto Irene Tinagli «a nessuna donna piace ritrovarsi in dei ruoli perché ci sono le quote, ma siamo stati costretti ad arrivare a misure più drastiche perché in maniera naturale questo spazio non si creava». La verità è proprio questa: la strada per una vera parità di genere è ancora lunga e costellata di misure drastiche e di prezzi da pagare. Lo stalking è sicuramente uno dei più odiosi.Una strada che resterà impervia finché esisteranno sottosegretari di Stato come il leghista Rossano Sasso che, nonostante abbia la delega per combattere il bullismo, non si è fatto scrupolo di assumere al ministero dell’Istruzione uno stalker come Vespa. Anzi, lo ha difeso fino all’ultimo, arrivando addirittura a definirlo «un simbolo dei diritti dei lavoratori più deboli». La decisione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di revocare l’incarico al docente era un atto dovuto inevitabile. Ma forse sarebbe opportuna anche qualche riflessione sul sottosegretario e le sue deleghe.


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