da Angelo Renda 21 h
STUPRO DI NAPOLI, APPLAUSI AI TRE VIOLENTATORI FUORI DAL COMMISSARIATO: QUESTA E’ L’ITALIA DA FOGNA CHE VA DISINFESTATA SENZA PIETA’!
IGNOBILE SCENA ALL’USCITA DAL COMMISSARIATO: PARENTI E AMICI ACCLAMANO I DELINQUENTI, LA POLIZIA STA A GUARDARE!
Nella zona di San Giorgio a Cremano, si è consumata la violenza sessuale ai danni di una ragazza di 24 anni nell’ascensore della circumvesuviana.
Gli aggressori sono stati tre e sono stati tutti riconosciuti. Si tratta di Antonio Cozzolino, Alessandro Sbrescia e Raffaele Borrelli.
I tre protagonisti della vicenda sono stati trattenuti in commissariato dalle ore 2.00 alle ore 8.30 del mattino.
Al termine dell’interrogatorio, i tre ragazzi sono usciti e sono stati acclamati dalla folla di parenti e conoscenti che li attendeva.
Fuori dal commando di polizia, infatti, c’erano, parenti, conoscenti e amici che hanno incominciato a piangere e a mostrare nei confronti dei tre aggressori segni di approvazione e conforto
Un padre ha anche applaudito. E loro hanno sorriso.
Una scena penosa che deve interrogare tutti e far pensare a quanto peso abbia la responsabilità dei genitori rispetto ai figli che commettono atti violenti o criminali.
Tra i tre, scrive Il Mattino, è “Sbrescia a farsi notare maggiormente per la propria esuberanza. Una caratteristica sempre al limite tra stravaganza e illegalità, visti i precedenti per droga che il ragazzo, classe 2001, vanta a curriculum.Uno dei tre è figlio di una famiglia benestante dei quartieri alti.
Il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli ha preso un’iniziativa: “Uno dei capitoli più inquietanti della triste vicenda dello stupro nella stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano sono gli applausi e gli incoraggiamenti rivolti ai colpevoli dai genitori. Scene censurabili che vanno ben oltre l’accettabile. Abbiamo dato mandato all’avvocato Angelo Pisani per valutare gli estremi per l’avvio di un’azione legale che permetta di censurare l’atteggiamento di queste persone. Allo stesso tempo sto valutando gli estremi per procedere con un’azione volta a chiedere la revoca della patria potestà e della capacità genitoriale dei soggetti che hanno incitato e applaudito i figli, accusati di un reato particolarmente grave”.
da
Torino, ipovedente minacciata sul bus “Scenda o butto giù il suo cane”
a questo si aggiunge non meno grave quest'altro fatto . Che dimostra ignoranza e cattiveria oltre alla bieca indifferenza e silenzio da parte del resto della gente ivi presente e poi quan do essa per far valere i suoi diritti e risptto ha chiesto l'intervento dei carabinieri e quindi il fermo dell'autobus per 10 minuti oltre a non intervenire se la sono presa con Lei e non con Lui .
da Notizie.it 8 marzo 2019 16:44
Le minacce ricevuta da Loretta Rossi, ipovedente, su un mezzo pubblico: un passeggero voleva buttare giù dal bus il suo cane guida.
Erano le 15.45 di martedì 5 marzo quando Loretta Rossi, donna ipovedente di 65 anni, è salita a Bruino su un bus della linea extraurbana Giaveno-Torino. Insieme a lei Quicky, un flat coated retriever nero, suo cane guida. Non appena la donna è salita sul mezzo, Quicky l’ha accompagnata verso i posti per disabili. Quasi immediata la reazione del passeggero a lei vicino: un uomo con una carrozzina per bambini. “Questo animale tocca mia figlia, qualcuno lo faccia scendere o lo butto fuori dal bus” avrebbe cominciato a inveire l’uomo. Loretta Rossi, intervistata da Repubblica, ha raccontato tutta la vicenda.“Aggredita, non c’era nessuno a difendermi”
“Non voleva il mio cane sul bus e ha cominciato a minacciarmi dicendo che lo avrebbe buttato fuori” ha raccontato Loretta Rossi. La sessantacinquenne è referente dell’associazione di ipovedenti di Orbassano dell’Apri e ha bisogno di un cane guida per potersi spostare in autonomia. “Quando sono arrivata al sedile mi sono accorta che lì vicino c’era qualcuno ma io mi sono seduta con Quicky accanto“.Immediata la reazione dell’uomo accanto a lei.
“I cani non possono salire. Lo deve far scendere. Questo animale tocca mia figlia, qualcuno lo faccia scendere o lo butto fuori dal bus” avrebbe detto bruscamente l’uomo. “Io ho cercato di spiegargli che non avrei potuto spostarmi e che il cane era con me perché ho gravi problemi alla vista“. Le spiegazioni di Loretta Rossi non sono però valse a far calmare l’altro passeggero. “Mi sto innervosendo, ho il sangue rosso arabo io” avrebbe proseguito l’uomo.L’indifferenza dei passeggeri del bus
“Mi sono sentita aggredita e sono andata verso l’autista. Quello che mi fa più male non è tanto l’aggressione, fatta da chi non conosce le esigenze delle persone come me e da chi ha pensato che forse, essendo donna, potevo essere aggredita più facilmente, ma il silenzio di tutto il bus. Nessuno mi ha aiutato” ha poi raccontato Loretta Rossi. L’autista ha così richiesto l’intervento dei Carabinieri per risolvere la situazione. “A quel punto il bus si è dovuto fermare per una decina di minuti e tutti i passeggeri se la sono presa con me. E’ stata una situazione terribile” ha commentato la donna.
L’intervento dei militari dell’Arma dei Carabinieri ha permesso la risoluzione del diverbio senza denunce. Interrogato l’uomo ha spiegato che si è innervosito perché il cane avrebbe leccato la faccia della bambina. “E’ la prima volta che un fatto simile si verifica in Italia” ha commentato il presidente di Apri-onlus Marco Bongi.
da https://www.open.online/cronaca/2019/03/08/
donna fermata alla dogana di Fiumicino per il colore della pelle
Eshoe Aghatise è un’avvocatessa italiana. Il 4 marzo 2019, rientrando a Roma dall’aeroporto Heathrow di Londra, ha raccontato di essere stata vittima di un episodio razzista: un membro del personale dell'aeroporto di Fiumicino l'ha richiamata mentre faceva la coda per superare la dogana. Il motivo? Il colore della sua pelle, considerato «non europeo». La donna ha denunciato l'episodio con un post su Facebook.
Cosa è successo?
«Rientravo da Londra dall’aeroporto di Heatrow con una mia amica britannica (Julie Bindel, accademica e firma del quotidiano The Guardian). Avevamo un impegno a Napoli, quindi dovevamo andare a prendere il treno da Roma per Napoli. Alla dogana c'è un bivio: passaporti europei e passaporti extra-europei. La mia amica e io ci siamo messe nella fila dei passaporti europei, ma un ragazzo giovane - avrà avuto 20 anni - mi ha fermato all’improvviso. "Dove va?", mi ha chiesto. Io gli ho risposto: "Vado a farmi controllare il passaporto".
Lui ha ribattuto che non potevo mettermi in quella fila specifica, e alla mia richiesta di spiegazioni ha risposto che stavo seguendo la fila sbagliata. Ho fatto notare che non ero nella fila sbagliata, ma ho chiesto comunque dove dovessi recarmi e perché. Il ragazzo ha risposto: "Deve venire da quest’altra parte perché è nera. Non può essere europea se è nera, quindi non può passare di là". A quel punto la mia amica è intervenuta chiedendo perché l’avesse chiesto solo a me e non a tutti gli altri passeggeri: lui ha ribadito che io non potevo seguire quella fila».
E lei come ha reagito?
«A quel punto gli ho detto: «Si rende conto che quello che mi sta dicendo è razzista?». Lui ha subito risposto: «Ma che razzista!». A quel punto ho cominciato a parlare in italiano, in modo da farmi capire il più possibile. Lui ha continuato a ripetere che non fosse razzista, sostenendo di avere parenti africani. Continuava a insistere sul fatto che io fossi nella fila sbagliata per il colore della pelle».
Lei ha esibito il passaporto?
«Lui ha chiesto di vedere il mio passaporto, ma ho ritenuto quella domanda molto offensiva in quel determinato momento e contesto di pressione, e quindi gli ho detto no, perché non spettava a lui il controllo. Nel frattempo la mia amica ha tirato fuori il suo cellulare per riprendere quello che stava succedendo. In quel momento è intervenuto un collega di questo ragazzo, un po’ più anziano, e l’ha fermata, minacciando anche di arrestarla».
Questa seconda persona era delle forze dell’ordine o faceva parte del personale dell’aeroporto?
«Non siamo riuscite a capirlo, perché non era in divisa. In quel momento non ci ho molto fatto caso perché non mi aspettavo proprio di ritrovarmi in una situazione del genere e quindi non ho prestato molta attenzione».
C’erano altre persone intorno? Hanno reagito in qualche modo?
«Non c’era tanta gente: c’erano alcuni passeggeri del nostro aereo, ma ognuno andava per i fatti suoi. Quando si è creato un po’ di trambusto per l’insistenza del personale e i toni di voce si sono alzati qualcuno si è accorto che c’era qualcosa che non andava, ma non è intervenuto nessuno».
Da quanti anni è in Italia?
«Sono in Italia da quasi 27 anni».
Ha notato un cambiamento nell’approccio agli stranieri?
«In quest'ultimo periodo comincia a preoccuparmi molto, prima no. In passato ci sono stati alcuni episodi poco piacevoli, ma non ho mai avuto paura di vivere alcune situazioni quotidiane. Adesso però il clima è cambiato, basti vedere come si son permessi di aggredire persone come l’ex ministro Kyenge, piuttosto che l'onorevole Boldrini».
Però sarebbe più accostabile alla misoginia che al razzismo.
«Sì, anche. Vengono perpetrate entrambe».
All’estero le sono mai capitate situazioni simili?
«È la prima volta che mi succede una cosa simile. Sono stata in Paesi dell’Est dove ci sono pochissime persone nere - e quindi c’è maggiore tendenza a notare la differenza - ma non ho mai avuto paura. Sono rimasta molto scioccata da quello che è successo a Roma, perché quel ragazzo, molto giovane peraltro, non aveva bisogno di dirmi dove dovevo andare: c'erano le indicazioni. Inoltre il continuo riferimento alla mia pelle era da razzista».
Denuncerà questa persona?
«Sì, sono stata contattata dal direttore della dogana che si è sentito chiamato in causa e a lui è dispiaciuto molto quello che è successo. Vorrebbe capire chi sono queste due persone».
Oltre a questo, lei sporgerà comunque anche denuncia presso le autorità competenti?
«Sì, esatto».
Lei ha fondato l’associazione Iroko, che aiuta le donne vittime di tratta e di violenza. Come associazione cosa offrite?
«Noi ci occupiamo di donne vittime di tratta e di violenza. Abbiamo due case di accoglienza e accompagnamento ai servizi: facciamo tutto quello che serve per aiutarle a uscire e per allontanarle dalle condizioni di difficoltà in cui si trovano. Aiutiamo anche cittadine italiane, specialmente le vittime di violenza domestica».
da https://www.open.online/cronaca/2019/03/08/
donna fermata alla dogana di Fiumicino per il colore della pelle
Eshoe Aghatise è un’avvocatessa italiana. Il 4 marzo 2019, rientrando a Roma dall’aeroporto Heathrow di Londra, ha raccontato di essere stata vittima di un episodio razzista: un membro del personale dell'aeroporto di Fiumicino l'ha richiamata mentre faceva la coda per superare la dogana. Il motivo? Il colore della sua pelle, considerato «non europeo». La donna ha denunciato l'episodio con un post su Facebook.
Cosa è successo?
«Rientravo da Londra dall’aeroporto di Heatrow con una mia amica britannica (Julie Bindel, accademica e firma del quotidiano The Guardian). Avevamo un impegno a Napoli, quindi dovevamo andare a prendere il treno da Roma per Napoli. Alla dogana c'è un bivio: passaporti europei e passaporti extra-europei. La mia amica e io ci siamo messe nella fila dei passaporti europei, ma un ragazzo giovane - avrà avuto 20 anni - mi ha fermato all’improvviso. "Dove va?", mi ha chiesto. Io gli ho risposto: "Vado a farmi controllare il passaporto".
Lui ha ribattuto che non potevo mettermi in quella fila specifica, e alla mia richiesta di spiegazioni ha risposto che stavo seguendo la fila sbagliata. Ho fatto notare che non ero nella fila sbagliata, ma ho chiesto comunque dove dovessi recarmi e perché. Il ragazzo ha risposto: "Deve venire da quest’altra parte perché è nera. Non può essere europea se è nera, quindi non può passare di là". A quel punto la mia amica è intervenuta chiedendo perché l’avesse chiesto solo a me e non a tutti gli altri passeggeri: lui ha ribadito che io non potevo seguire quella fila».
E lei come ha reagito?
«A quel punto gli ho detto: «Si rende conto che quello che mi sta dicendo è razzista?». Lui ha subito risposto: «Ma che razzista!». A quel punto ho cominciato a parlare in italiano, in modo da farmi capire il più possibile. Lui ha continuato a ripetere che non fosse razzista, sostenendo di avere parenti africani. Continuava a insistere sul fatto che io fossi nella fila sbagliata per il colore della pelle».
Lei ha esibito il passaporto?
«Lui ha chiesto di vedere il mio passaporto, ma ho ritenuto quella domanda molto offensiva in quel determinato momento e contesto di pressione, e quindi gli ho detto no, perché non spettava a lui il controllo. Nel frattempo la mia amica ha tirato fuori il suo cellulare per riprendere quello che stava succedendo. In quel momento è intervenuto un collega di questo ragazzo, un po’ più anziano, e l’ha fermata, minacciando anche di arrestarla».
Questa seconda persona era delle forze dell’ordine o faceva parte del personale dell’aeroporto?
«Non siamo riuscite a capirlo, perché non era in divisa. In quel momento non ci ho molto fatto caso perché non mi aspettavo proprio di ritrovarmi in una situazione del genere e quindi non ho prestato molta attenzione».
C’erano altre persone intorno? Hanno reagito in qualche modo?
«Non c’era tanta gente: c’erano alcuni passeggeri del nostro aereo, ma ognuno andava per i fatti suoi. Quando si è creato un po’ di trambusto per l’insistenza del personale e i toni di voce si sono alzati qualcuno si è accorto che c’era qualcosa che non andava, ma non è intervenuto nessuno».
Aeroporto di Roma. Scendo dall'aereo, in arrivo da Londra e mi dirigo verso la dogana. Al bivio dei passaporti: cittadini europei e tutti gli altri mi giro verso l'uscita cittattadini europei. Ero in compagnia di Julie Bindel. Un giovane della dogana mi ferma e mi dice che dovrò andare dall'altra parte, nell'uscita tutti i passaporti. Dico no, sono nel posto giusto. Lui insiste. Chiede di vedere se davvero ho un passaporto europeo. "No!", dico. "Sa, so leggere io!" Non capisce. Julie gli chiede perché ha fermato solo me e non lei e tutti gli altri. Dice che mi trovavo nella fila sbagliata. Chiedo perché. Risponde: "lei è di pelle scura e non può essere europea".Davvero?!!! Razzista! Reagiamo fortemente e Julie sta per iniziare a firmare cio che sta accadendo. Arriva un collega del giovane a sbollire la situazione. Siamo di fretta. Abbiamo un treno da prendere per Napoli e dobbiamo andare. Che rabbia! Il giovane insiste comunque di avere ragione. Nega di essere razzista perché: "sa, ho parenti africani". Lo rende ancora peggio. Ma lui non capisce comunque. Lo invito a tornare a scuola. Quel livello di ignoranza è pericoloso particolarmente in questi tempi di Salvini.Vi aggiornerò!Rome Airport. I exit the plane, on arrival from London and move towards the customs barrier. At the two entrance areas for passports: European citizens and all other passports, I move towards exit for European citizens. I am with Julie Bindel. A young customs man stops me and say I must go to the other exit for other passports. I tell him I am in the correct queue. He insists and asks to see my passport. I refuse. "I can read, you know!" I tell him. He doesn't understand. Julie asks him why he stopped only me and not her or anyone else. He replies that I am in the wrong queue. I ask why he thinks I am in the wrong queue. "You're black. You can't be European!" Really?!!! Racist! We react strongly and Julie gets her phone out to start filming. A colleague of the young man, who realises what was about to happen quickly moves in and threatens to arrest Julie! We're in a hurry. We have a train to catch for Naples. The anger of it all! The young man insists he's right anyway. He denies being racist because, " you know, I have African relatives!" That makes it even worse. He doesn't understand anyway. I advise him to go back to school. That level of ignorance is very dangerous especially now in the Salvini era.More to come!
Lei nel suo post di denuncia su Facebook fa leva sull’ignoranza e mancanza di cultura del ragazzo, ma fa anche riferimento a Salvini. Perché?
«In questo momento ci sono delle affermazioni da parte di Salvini che mi preoccupano. Una persona in una posizione autorevole come la sua e che fa certe affermazioni sembra non rendersi conto di quanto impatto abbia. Le “persone comuni” si sentono in diritto di potersi comportare così anche loro nel quotidiano, perché è un modo di fare ormai sdoganato. Poi certo, hanno anche già una certa predisposizione a discriminare gli altri, è già insita in loro».Da quanti anni è in Italia?
«Sono in Italia da quasi 27 anni».
Ha notato un cambiamento nell’approccio agli stranieri?
«In quest'ultimo periodo comincia a preoccuparmi molto, prima no. In passato ci sono stati alcuni episodi poco piacevoli, ma non ho mai avuto paura di vivere alcune situazioni quotidiane. Adesso però il clima è cambiato, basti vedere come si son permessi di aggredire persone come l’ex ministro Kyenge, piuttosto che l'onorevole Boldrini».
Però sarebbe più accostabile alla misoginia che al razzismo.
«Sì, anche. Vengono perpetrate entrambe».
All’estero le sono mai capitate situazioni simili?
«È la prima volta che mi succede una cosa simile. Sono stata in Paesi dell’Est dove ci sono pochissime persone nere - e quindi c’è maggiore tendenza a notare la differenza - ma non ho mai avuto paura. Sono rimasta molto scioccata da quello che è successo a Roma, perché quel ragazzo, molto giovane peraltro, non aveva bisogno di dirmi dove dovevo andare: c'erano le indicazioni. Inoltre il continuo riferimento alla mia pelle era da razzista».
Denuncerà questa persona?
«Sì, sono stata contattata dal direttore della dogana che si è sentito chiamato in causa e a lui è dispiaciuto molto quello che è successo. Vorrebbe capire chi sono queste due persone».
Oltre a questo, lei sporgerà comunque anche denuncia presso le autorità competenti?
«Sì, esatto».
Lei ha fondato l’associazione Iroko, che aiuta le donne vittime di tratta e di violenza. Come associazione cosa offrite?
«Noi ci occupiamo di donne vittime di tratta e di violenza. Abbiamo due case di accoglienza e accompagnamento ai servizi: facciamo tutto quello che serve per aiutarle a uscire e per allontanarle dalle condizioni di difficoltà in cui si trovano. Aiutiamo anche cittadine italiane, specialmente le vittime di violenza domestica».
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