5.11.18

la paura del diverso e di una diversa religione porta a caso come questoSaif ul-Malook, l’avvocato della donna pakistana: «Io musulmano mi sono battuto per una cattolica. A Roma accolto da terrorista»

 Questa  è una delle  volte  in cui mi vergogno d0essere  italiano   ed Europeo  . Ora capisco   che la paura   soprattutto culturale    faccia  parte  fin dala notte dei tempi  dell'uomo  ma  arrivare  ad  esasperarla    ed  agire  , soprattutto  se sei istituzione , non va bene  ed  non porta  a nulla  di buono   nella lotta  al terrorismo  ed  fondamentalismo . 
Tutto  ciò è incominciato  , se  non ricordo male  ,  dopo l'11  settembre  2001   anche  se  i  sintomi  c'erano già  da prima   ma  errano offuscati dagli anticorpi . Non ci si rende    cosnto  che  chiudendosi  e lasciandosi  prendere  dalla paura  e  dall'ansia  che poi genera preconcetti e generalizzazioni che  esasperati    portano  al razzismo   ed  a fatti come   questo raccontato  dal corriere    della sera .  Ringrazio   compagna  di strada  Daniela  Tuscano  per  avermi segnalato  tale articolo   

3 novembre 2018 (modifica il 4 novembre 2018 | 12:50)

«Io nel mirino dei fanatici costretto a fuggire dopo la vittoria di Asia Bibi»
Sull’aereo per Amsterdam con Saif ul-Malook, l’avvocato della donna pakistana: «Io musulmano mi sono battuto per una cattolica. A Roma accolto da terrorista»

di Alessandra Muglia, inviata sul volo Roma-Amsterdam






«Non metterò più piede in Italia, a Roma mi sono sentito accolto come un terrorista, è stato avvilente per uno che ha messo a repentaglio la sua vita per combattere contro i fondamentalisti. E fa ancora più male che mi abbiano trattato così nel Paese del Papa, dopo che sono stato costretto a lasciare la mia casa in Pakistan per difendere una donna cattolica». È arrabbiato Saif ul-Malook, l’avvocato a capo del collegio difensivo di Asia Bibi, atterrato a Fiumicino ieri nel primo pomeriggio. Tutto il mondo si chiedeva dove fosse finito dopo che la moglie in mattinata aveva dato la notizia della partenza dell’uomo che è riuscito per la prima volta nella storia a far annullare una condanna a morte per blasfemia. Eccolo comparire in completo blu e camicia bianca dove ci aveva dato appuntamento prima di lasciare il Pakistan alla volta dell’Italia. Ma al controllo passaporti viene portato via in una sala attigua dagli agenti dell’antiterrorismo per ulteriori controlli, nonostante fosse dotato di un visto regolare. Ne esce dopo mezzora. «Mi hanno fatto il terzo grado, dubitavano dei miei documenti». Gli agenti hanno seguito il protocollo, lo hanno scortato a prendere un biglietto per la prossima destinazione: Amsterdam, dove terrà una conferenza per una ong. Poi andrà a Parigi qualche giorno e infine a Londra dove intende stabilirsi. Ieri anche il marito di Asia Bibi ha chiesto asilo per tutta la famiglia nel Regno Unito.
Lei non ha con sé nessun bagaglio, viaggia soltanto con una bottiglietta d’acqua e un sacchetto con dentro alcuni indumenti per la notte...

«Questi che indosso sono i vestiti che avevo in aula mercoledì scorso a Islamabad quando è stata revocata la condanna a morte di Asia Bibi. Da allora non sono più tornato a casa, a Lahore. Sono rimasto nascosto in un posto sicuro fino a venerdì notte, e una volta ottenuto il visto sono partito. La richiesta l’avevo fatta da tempo».
Era sicuro di vincere.
«Certo»
E pure Asia Bibi?
«L’ultima volta che ho parlato con lei era il 13 ottobre. Sono andato a trovarla in cella, era radiosa, sicura che ce l’avremmo fatta. Non l’hanno ancora liberata perché tra la sentenza e la liberazione intercorrono dieci giorni per le formalità burocratiche».
Lei è un musulmano, perché ha deciso di difendere una donna cattolica?
«Non è una questione di religione, ma di un caso dove l’evidenza non c’era, lo stesso vale per i medici o qualunque altro serio professionista. Davanti a un’accusa falsa, non ho chiuso gli occhi. Io credo che la libertà di parola non significhi che uno è autorizzato a insultare gli altri dei o profeti, quindi non sono contrario alla legge sulla blasfemia ma sulle sue errate applicazioni».
C’è una proposta di revisione di questa legge in Parlamento, proprio per cercare di limitarne l’uso strumentale contro le minoranze, crede che passerà?

«No non credo. Almeno non nei prossimi anni. Il fiume di manifestanti che ha bloccato il traffico, bruciato macchine e provocato morti non si era mai visto».
Si dice che il governo pachistano per fermare le proteste dei radicali islamici abbia fatto concessioni per potrebbero bloccare in Pakistan Asia Bibi?

«Sono concessioni politiche di facciata, per permettere ai leader della protesta di poter sventolare un qualche risultato davanti ai propri seguaci, in realtà la petizione che chiede di riaprire il caso ha il 5% di possibilità di essere accolta, ovvero nessuna».
Lei è da anni nel mirino, ha preso i casi che i colleghi rifiutavano. Nel 2011 ha fatto il procuratore capo contro Mumtaz Qadri, l’ex poliziotto diventato idolo dei giovani per aver ucciso il governatore del Punjab Salman Taseer che proteggeva Asia Bibi.

«Da allora non sono più un uomo libero, vivo appartato, nascosto, con la paura che mi accompagna sempre. Ma ora che sono diventato il principale obiettivo degli estremisti non sarei sopravvissuto, non avevo scelta. Per questo ho dovuto scappare via».
Anche i tre giudici che hanno emesso la sentenza non hanno vita facile.
«I giudici possono contare su dispositivi di sicurezza che io non ho».
Ha qualche rimpianto?
«No, quello dell’assoluzione è stato il giorno per me più felice. Ho lavorato duramente per tre anni e infine trovato le incongruenze tra le testimonianze che hanno permesso di revocare l’accusa ad Asia».
Lei ha lasciato a casa a Lahore sua figlia di 12 anni e sua moglie, la raggiungeranno a Londra?
«Non lo so, lo spero. Per ora c’è uno schieramento di poliziotti che li protegge ma non durerà per molto».

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