la prima storia ( chiedo scusa se è solo parziale , ma la versione online de l'iunione sarda da cui è tratta è a pagamento ed è free solo la prima pagina e non sono riuscito a trovarlo da nesun'altra parte nella rete . Infatti tale evento , secondo me di notevole interesse viene considertato margiale dai media ovvvero e una di quelle news che vengono consideratre non notizie a confronto di altre che dovrebebro essere regalate fra le non news talmente sono frivole e inutili come l'operazione per cancro di Fabio briatore o il nuovo amore di bobo vieri ,ecc ) e una ragazza con un grave handicap fisico agli occhi dovuto adf una infenzione ocularte mal curata nell'infanzia che vede solo le ombre e che ha preso il massimo dei voti alla maturità di quest'anno . La seconda storia invece ne hanno parlato tutti i giornali , forse per il " potere mediatico " che ha religione .
Sanluri. Luisa Fenu, cieca dall’età di 6 anni, ha ottenuto cento all’esame di maturità
La maturità della ragazza che vede solo le ombre
Dall’età di sei anni vede solo le ombre. E qualche sfumatura di colore. Ma con una fortissima volontà ha superato il grave handicap. Nei giorni scorsi, Luisa Fenu, 20 anni, originaria di Turri, ha sostenuto l’esame di maturità al Liceo linguistico di Sanluri, ottenendo il massimo dei voti: cento
Andava a scuola da sola in pullman, dopo aver seguito un corso di orientamento. Ora andrà a Forlì per studiare Scienze diplomatiche. «Vado avanti per lamia strada. A tutti dico: ho un problema. Cerco di conviverci ».
dall'unione sarda del 14\7\2006
P.s comunque cercherò di farmi scannerizzare da amici che usano windos visto che io uso linux e riportero l'articolo integrale in uno degli aggiornamenti
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2)
A 33 anni è entrata nell'Ordo Virginium. Lavora e fa teatro La madre: "Ora pensa d'andare in Kenya, ci riuscirà" Cristina, ragazza down, si fa suora
"Non volevo essere felice da sola"
di ENRICO BONERANDI
ROMA - Il suo sogno è di lavorare in Africa come missionaria, mettendo a frutto gli studi da crocerossina. Un altro sogno, che si realizzerà presto, a fine agosto, è di portare il suo gruppo al meeting europeo di Playback Theatre - una tecnica teatrale interattiva basata sull'improvvisazione - a Longiano, vicino a Rimini. Cristina Acquistapace ha 33 anni ed è una suora. Una suora con la sindrome di down.
Nel viso e nei movimenti i segni del suo stato sono palesi. Ma altrettante forte è la sua voglia di vivere senza disperazioni, anzi, con entusiasmo. Non è che la Chiesa apra le braccia facilmente a persone che presentino problemi come i suoi: prima si vuole essere ben certi dell'autenticità delle vocazioni. Passano anni, prove, verifiche, anche severe. Da parte sua, Cristina ha cercato a lungo l'ordine più adatto. "Non voglio entrare in una comunità dove mi trattino come una poveretta", ha confidato alla madre. Ha preso informazioni, ha conosciuto altre suore, ha fatto colloqui, un po' come quando si cerca un lavoro o si sceglie una facoltà. La scorsa primavera, la consacrazione nell'Ordo Virginum - un ordine laico che non richiede la dimora in monastero - con una cerimonia affollatissima nella chiesa del Sacro Cuore di Sondrio, alla presenza del vescovo di Como, Alessandro Maggiolini. Cancellate le perplessità sia in famiglia che in Curia. "La sindrome di down per me non è stata né una maledizione né una benedizione - spiega Cristina - ma il modo per capire che sono portata per delle cose e non per altre. E sono pronta ad affrontare gli impegni che ho assunto". La sua è una storia straordinaria (raccontata ieri dall'agenzia "Redattore Sociale"). I medici non lasciano speranze su miglioramenti fisici significativi. Il più grosso handicap è la vista. Ma per fortuna le capacità psichiche sono buone, grande la voglia di comunicare con gli altri, rocciosa la volontà. Elementari e medie "normali", poi una scuola differenziale dove tra le altre cose impara il lavoro di sarta. Ma la vista non la sorregge, peggiora. A 19 anni Cristina fa qualche lavoretto, ma sogna di viaggiare, di conoscere gente e posti nuovi. Così convince la madre a lasciarla andare in Africa, dove una zia suora è missionaria. Ed è in Kenya, mentre dà una mano nell'ospedale gestito dalle religiose, che matura la sua vocazione: "Non voglio essere felice da sola".
A casa - dove, tra l'altro, a parte la zia suora, non è che siano praticanti - pensano a un capriccio destinato a passare. Pure la zia non è d'accordo. Ma Cristina tiene duro. Ogni anno, per un mese, torna in Kenya e mostra che, nonostante i suoi limiti, può essere d'aiuto. Quello che tutti, anche i più diffidenti, finiscono per apprezzare in lei è l'equilibrio e la fiducia che riesce a infondere in chi soffre. Racconta Marilena, la madre: "Mia sorella suora ha chiamato e ci ha detto: "non possiamo far finta di niente. Cristina ha una vocazione sincera. Abbiamo il diritto di dirle di no, solo a causa di quel cromosoma in più che si porta dentro?"".
Sono dovuti passare altri cinque anni, ma alla fine la tenacia di Cristina è stata premiata. Continua ad abitare in famiglia, ha un lavoro part-time in una scuola materna e una serie incredibile di attività, tra cui appunto il teatro. Oltre, ovviamente, agli esercizi spirituali con le consorelle. Recentemente ha accompagnato un gruppo di malati a Lourdes e ha visitato la Terra Santa. Un ciclone. Con le persone affette dalla sua sindrome lavora solo se non vivono in un ghetto separato dal mondo. Nei suoi pensieri, però, c'è sempre l'Africa. "È felice e realizzata, la persona più equilibrata della famiglia", dice ridendo la madre. Il Kenya? "Prima o poi la prenderanno. Quando si mette in testa un progetto, non la ferma nessuno".
( repubblica online dl 3 agosto 2006)
ROMA - Il suo sogno è di lavorare in Africa come missionaria, mettendo a frutto gli studi da crocerossina. Un altro sogno, che si realizzerà presto, a fine agosto, è di portare il suo gruppo al meeting europeo di Playback Theatre - una tecnica teatrale interattiva basata sull'improvvisazione - a Longiano, vicino a Rimini. Cristina Acquistapace ha 33 anni ed è una suora. Una suora con la sindrome di down.
Nel viso e nei movimenti i segni del suo stato sono palesi. Ma altrettante forte è la sua voglia di vivere senza disperazioni, anzi, con entusiasmo. Non è che la Chiesa apra le braccia facilmente a persone che presentino problemi come i suoi: prima si vuole essere ben certi dell'autenticità delle vocazioni. Passano anni, prove, verifiche, anche severe. Da parte sua, Cristina ha cercato a lungo l'ordine più adatto. "Non voglio entrare in una comunità dove mi trattino come una poveretta", ha confidato alla madre. Ha preso informazioni, ha conosciuto altre suore, ha fatto colloqui, un po' come quando si cerca un lavoro o si sceglie una facoltà. La scorsa primavera, la consacrazione nell'Ordo Virginum - un ordine laico che non richiede la dimora in monastero - con una cerimonia affollatissima nella chiesa del Sacro Cuore di Sondrio, alla presenza del vescovo di Como, Alessandro Maggiolini. Cancellate le perplessità sia in famiglia che in Curia. "La sindrome di down per me non è stata né una maledizione né una benedizione - spiega Cristina - ma il modo per capire che sono portata per delle cose e non per altre. E sono pronta ad affrontare gli impegni che ho assunto". La sua è una storia straordinaria (raccontata ieri dall'agenzia "Redattore Sociale"). I medici non lasciano speranze su miglioramenti fisici significativi. Il più grosso handicap è la vista. Ma per fortuna le capacità psichiche sono buone, grande la voglia di comunicare con gli altri, rocciosa la volontà. Elementari e medie "normali", poi una scuola differenziale dove tra le altre cose impara il lavoro di sarta. Ma la vista non la sorregge, peggiora. A 19 anni Cristina fa qualche lavoretto, ma sogna di viaggiare, di conoscere gente e posti nuovi. Così convince la madre a lasciarla andare in Africa, dove una zia suora è missionaria. Ed è in Kenya, mentre dà una mano nell'ospedale gestito dalle religiose, che matura la sua vocazione: "Non voglio essere felice da sola".
A casa - dove, tra l'altro, a parte la zia suora, non è che siano praticanti - pensano a un capriccio destinato a passare. Pure la zia non è d'accordo. Ma Cristina tiene duro. Ogni anno, per un mese, torna in Kenya e mostra che, nonostante i suoi limiti, può essere d'aiuto. Quello che tutti, anche i più diffidenti, finiscono per apprezzare in lei è l'equilibrio e la fiducia che riesce a infondere in chi soffre. Racconta Marilena, la madre: "Mia sorella suora ha chiamato e ci ha detto: "non possiamo far finta di niente. Cristina ha una vocazione sincera. Abbiamo il diritto di dirle di no, solo a causa di quel cromosoma in più che si porta dentro?"".
Sono dovuti passare altri cinque anni, ma alla fine la tenacia di Cristina è stata premiata. Continua ad abitare in famiglia, ha un lavoro part-time in una scuola materna e una serie incredibile di attività, tra cui appunto il teatro. Oltre, ovviamente, agli esercizi spirituali con le consorelle. Recentemente ha accompagnato un gruppo di malati a Lourdes e ha visitato la Terra Santa. Un ciclone. Con le persone affette dalla sua sindrome lavora solo se non vivono in un ghetto separato dal mondo. Nei suoi pensieri, però, c'è sempre l'Africa. "È felice e realizzata, la persona più equilibrata della famiglia", dice ridendo la madre. Il Kenya? "Prima o poi la prenderanno. Quando si mette in testa un progetto, non la ferma nessuno".
( repubblica online dl 3 agosto 2006)
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