25.9.06

Senza titolo 1457

 visti  i soliti  pronbelemi che  si  hanno  per chi usa   linux  con la piattaforma  splinder   riporto qui modificato il  post   del  23/09/2006 14:50  che  a differenza   di  qui ha  ottenuto  sia  su blogfriends ( qui  l'url  con i commenti )   sia  benededettaj  ha  ottenuto  molti commenti 


Dopo aver ascoltato nella trasmissione Primo piano d'ieri 22\9\2006 ore 23.15 sull'unica " comunista " della rai ovvero rai tre  la video lettera al Presidente Napolitano di Piero Welby censurata in quanto nessuna delle reti nazionali pubbliche e private ( salvo l'eccezione di rai tre poi ripresa dagli altri ttelegiornali di oggi ) ha dato notizia della conferenza stampa in cui Piero Welby, co-presidentedell’associazione Luca Coscioni, rendeva pubblica la lettera aperta al Presidente della Repubblica in cui chiedeva di poter ottenere l’eutanasia». E’ la denuncia di Marco Cappato (segretario dell’associazione), Marco Pannella (consigliere generale) e Rocco Berardo (vicesegretario), che parlano di «censura inaudita del regime di Rai e Mediaset» sulla lettera di Welby, pubblicata ieri dal Corriere della Sera.
L''unico sito ( almeno secondo le ultime news che ho trovato su gooogle news dell 14.20 che pubblica la lettera integrale è http://passineldeserto.blogosfere.it Sul sito dell'Associazione Luca Coscioni  ( trovate  sotto   nella sezione doocumenti  trovare anche alcuni approfondimenti, nonchè il video messaggio pubblicato sul sito di Repubblica.it )  e alla voce eutanasia dell'enciclopedia free wikipedia.it .  InInoltre  riporto qui   comuinque  per  chi non avesse voglia    d'andarselo a cercare  nei siti elencati  il testo integrale ( scusate  se non ho fatto  rimandio   tlemnatici ma    era  tropo commovente  e struggente  per  riuscire  a  sintetizzartlo   della lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.


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Caro Presidente,
scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l'ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita.
La giornata inizia con l'allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l'aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un'ora una posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto distrattamente. Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l'aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un'ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l'ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.
Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l'amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso - morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita - è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c'è pietà.Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una "morte dignitosa". No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte.La morte non può essere "dignitosa"; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia "dignitosa" è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell'occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos'è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: "Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo". L'approdo esiste, ma l'eutanasia non è "morte dignitosa", ma morte opportuna, nelle parole dell'uomo di fede Jacques Pohier. Opportuno è ciò che "spinge verso il porto"; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo "luogo" dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.
In Italia, l'eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non "esista": vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente "terminale" che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di "approdo" alla morte opportuna.
Una legge sull'eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L'associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l'impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell'alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L'opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.
Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno stato di incoscienza.Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che "di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale". Ma che cosa c'è di "naturale" in una sala di rianimazione? Che cosa c'è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c'è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l'aria nei polmoni? Che cosa c'è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l'ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa "giocare" con la vita e il dolore altrui.
Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica' - io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico.Sono consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica, e di obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o pronunciamento nel merito. Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto.Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui.Il mio sogno, anche come co-Presidente dell'Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l'eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi.


Piergiorgio Welby


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Ora da Laico credente ( cattolico di sinistra o  catto comunista per  chi volesse  etichettarmi  e  denigrarmi   ) sono contrario al suicidio assistito e all'utranasia ( anche se capisco benissimo e comprendo la loro scelta ) preferisco un testamernto biologico. Concordo con questa intervista \ xcommento rilasciata alla nuova sardegna del 23\9\2006 di Luigi Manconi sottosegretario alla Giustizia .<<Nell’appello di Welby c’è un passaggio fondamentale che non deve essere trascurato: lui dice “morire mi fa orrore”. Si tratta di una persona lucida e consapevole che si chiede se in queste condizioni, in cui “nulla è più naturale”, la sua vita meriti di essere vissuta. Trovo che questo interrogativo abbia un alto contenuto morale». Così Luigi Manconi, da sempre impegnato contro l’accanimento terapeutico, commenta il messaggio di Welby Nell’appello si fa anche riferimento al testamento biologico. Fu lei a presentarne quel primo disegno di legge: a che punto è la discussione e che differenza c’è con l’eutanasia ? «Nel giugno 2005 la commissione Sanità del Senato ha approvato un testo e questo è un passo avanti importante. Il testamento biologico è un documento giuridico attraverso il quale una persona lascia disposizioni scritte sui trattamenti sanitari a cui non vuole essere sottoposta, quando non sarà più in grado di intendere e di volere, e indica una persona di sua fiducia che potrà dare le disposizioni che la riguardano. E’ una battaglia contro l’accanimento terapeutico, contro le cure che non garantiscono alcun miglioramento delle condizioni di salute. Ricordo che l’Italia è il penultimo Paese in Europa per consumo terapeutico di morfina. L’eutanasia invece va oltre perchè prevede un intervento attivo del medico».
Secondo lei davanti a situazioni come queste quali principi dovrebbero essere seguiti ? «In primo luogo valorizzare al massimo l’autodeterminazione del soggetto, ovvero la sovranità su di sè e sul proprio corpo, il testamento biologico può essere poi un passo avanti notevolissimo, in particolare per i pazienti non più lucidi. Infine ritengo che in alcune situazioni si possa prendere in considerazione anche l’eutanasia, ma con la massima cautela, vincoli rigorosissimi e solo in condizioni estreme» E’ il caso di Welby ? «Credo che potrebbe esserlo, perchè si tratta di una persona così consapevole, lucida, informata e motivata. Ma soprattutto perchè dice che ha orrore della morte, quindi non banalizza il ricorso ad essa, ma la considera una soluzione estrema. Credo che nel suo chiedere l’eutanasia ci sia appunto un’istanza morale».
Fu sempre lei nel 2001 a sollevare il caso di Eluana... «Eluana Englaro è in stato vegetativo permanente da 14 anni, nel testo approvato in Senato questa condizione non viene esclusa, quindi può essere contemplata nelle direttive anticipate. Questo significa che con un testamento biologico io potrei chiedere che mi venga staccata la spina se dovessi trovarmi nelle condizioni di Eluana. Ma questo sarà certamente oggetto di un conflitto molto aspro». Crede che in Italia si arriverà mai a una legislazione sull’eutanasia sul modello olandese ? «No, ma con il testamento biologico faremo un grande passo avanti». (m.v.) >>
eccovi cosa dice il sito a buondiritto : << [....] Il testamento biologico o testamento di vita, come qualcuno preferisce chiamarlo, traducendo in modo maggiormente pedissequo l’espressione anglosassone living will, è un documento, redatto con ponderazione analoga a quella che è doveroso utilizzare per i testamenti “tradizionali”, e dotato (o almeno così si spera) di altrettanto analoga certezza legale, con il quale il testatore affida al medico indicazioni anticipate di trattamento, nel caso infausto in cui in futuro possa perdere la capacità di autodeterminazione, a causa di una malattia acuta o degenerativa assolutamente invalidante, soprattutto da un punto di vista mentale, o di un incidente eccezionalmente grave. In astratto, il testamento di vita potrebbe limitarsi contenere indicazioni, perché il medico massimizzi gli sforzi di salvaguardia della vita di chi lo ha sottoscritto; ma si tratterebbe evidentemente di indicazioni che non farebbero altro che confermare il dovere deontologico e giuridico del medico di operare sempre e comunque per la salvezza del paziente. Nella realtà concreta delle cose, la redazione di un testamento biologico è auspicato da e per coloro che, prefigurandosi ipotesi tragiche come quelle descritte, ritengono che in situazione patologiche estreme sia un bene per gli uomini morire anziché continuare a vivere e preferiscono quindi essere uccisi che essere curati.[...] >> Oppure cosi rispondo alle accuse   di faziosità e  di  essere  a senso unico    riportnado alcuni estratti  da   quest'altro sito
http://snipurl.com/x5s2 ) di cattolici di destra neoconservatori   o  Teocons   ( per  usare   un a rtrmine  ormai  di moda )
(in parte lo condivido e  in parte no )    di   questo discorso  di  Giovanni Paolo II, del 25 marzo 1995, al n. 66: "Anche se non motivata dal rifiuto egoistico di farsi carico dell’esistenza di chi soffre, l’eutanasia deve dirsi una falsa pietà, anzi una preoccupante "perversione" di essa: la vera "compassione", infatti, rende solidale col dolore altrui, non sopprime colui del quale non si può sopportare la sofferenza. [...] "La scelta dell’eutanasia diventa più grave quando si configura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che non l’ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell’arbitrio e dell’ingiustizia quando alcuni, medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire. [...] "Così la vita del più debole è messa nelle mani del più forte; nella società si perde il senso della giustizia ed è minata alla radice la fiducia reciproca, fondamento di ogni autentico rapporto tra le persone". >>
Quindi  conclu do dicendo  No anche all'accanimento terapeutico a tutti i costi e ala libertà di scegliere o meno come avviene in alcuni paesi Europeri




APPROFFONDIMENTI


Documnenti sul caso


- audiovideo di Piergiorgio Welby (streaming su repubblica.it)
- audiovideo di Piergiorgio Welby (versione real)
- audiovideo di Piergiorgio Welby (versione flash)
- le foto in alta risoluzione (file .zip) 


Film sull'eutanasia



Libri






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