Nel post recensione \ commento della fiction Rai l'ultima frontiera andando a rileggermi alcuni passi del romanzo da cui è tratta e i libridi storia della sardegna mi sono reso conto che prof Brigaglia ha in parte ragione : . Infatti sulla Nuova sardegna di oggi 13\09\2006 afferma : << Capisco chi lo trova storicamente e antropologicamente poco credibile. Ma questa è una fiction, e come fiction va giudicata: paragonare gli eventi con la storia e il comportamento delle persone con l’antropologia (di quando?, della Sardegna di adesso o di quella che non c’è più e dunque in gran parte ce la dobbiamo inventare?) non è corretto. Come storico, ho trovato nel film centinaia di incongruenze, in gran parte, però, derivate dal fatto che si trattava esplicitamente (e sottolineo espliciteccetera) di una finzione. Prima incongruenza “fondativa” (anzi, originale in senso biblico): avere collocato la storia agli inizi del Novecento, dunque quando tutte le cose che si raccontano, dalla notte di San Bartolomeo (quella degli arresti: maggio 1899) alla battaglia di Morgogliai (agosto di quell’anno) alla figura medesima della “reina” e dei suoi due fratelli (lei già in carcere a quella data, condannata a 27 anni, loro morti tutti e due a Morgogliai) erano già accaduti. Perché il Novecento? Proprio, penso, per dire che la storia raccontata nella fiction non era la”vera” storia. Dunque, se dobbiamo parlare del film, parliamo di quello che c’è, non di quello che ci sarebbe dovuto essere.Come aspirante antropologo, ho trovato nel film altre centinaia di incongruenze. Prima: troppi morti, troppe uccisioni. Perfino nella Sardegna dei mille omicidi l’anno nel film si ammazza troppo. Le donne non solo vanno in giro senza fazzoletto, ma vanno in giro troppo. E donne che montano i cavalli come fantini dell’àrdia credo fossero anch’esse molto rare. Ma, soprattutto, la campagna è troppo affollata: sembra Central Park all’ora del lunch.>> . Passi per le prime perchè si tratta di una ficxtion o di cinema come dice lo stesso Brigaglia . Ma non per la seconda perchè è proprio qui che possono soprattutto per coloro che s'accontentano di quel che passa il convento e no approfondiscono nascere luoghi comuni e stereotipi su un popolo o su una cultura . Ma la risposta c’è, e taglia la testa al toro: questo è il cinema, bellezza. Invenzione, in cui tutto è permesso, perché il fine è la rappresentazione, il prodotto finale l’emozione dello spettatore.
Sempre Lo stesso Brigaglia afferma : << Questa Sardegna è un frullato di tutte le cose che sappiamo della Barbagia di fine Ottocento: messe insieme con un bel senso dello spettacolo (dice: per continentali. Risposta: e allora per chi, per i due-trecentomila sardi che possono averlo visto?), astutamente mescolate da quel sapiente mescolatore di cose sarde che è Marcello Fois. Indizio-chiave avere usato nomi veri - quelli del brigadiere Gasco e del capitano Petrella - per personaggi inventati.
Già è stato detto, giustamente, che il film reca forti i segni del dibattito sull’identità, rispetta e qua e là giustifica il ribellismo della società pastorale, facendone quasi una resistenza «nazionale» agli odiati Savoia. Gramsci ha scritto che i sardi protestarono contro Bechi (perché noi, e grazia a Dio, a protestare ci siamo sempre) perché aveva detto che le donne sarde erano brutte. In realtà, in questo film ci sono due donne fin troppo belle, anche senza quel trionfo di seni che colpiva tanto l’ufficialetto di Pelloux. Troppo bella la Grimaudo, di una bellezza più da «Vogue» che da «Canne al vento»: impareggiabile la Garello, credibile come una sarda verace, nelle linee del viso e in quegli occhi fortemente tagliati. Gifuni piace. >>
Mentre non concordo sull'ultima parte del suo articolo : << Ma quel finale con la Grimaudo col pupo in braccio... Sarebbe stato meglio, nella stessa fiction, se la reginetta di Barbagia avesse detto all’ufficialotto in alta divisa: Va fuori, o stranier!. >> mi sembra troppo provinciale e vicino all'exefonobia
Sempre Lo stesso Brigaglia afferma : << Questa Sardegna è un frullato di tutte le cose che sappiamo della Barbagia di fine Ottocento: messe insieme con un bel senso dello spettacolo (dice: per continentali. Risposta: e allora per chi, per i due-trecentomila sardi che possono averlo visto?), astutamente mescolate da quel sapiente mescolatore di cose sarde che è Marcello Fois. Indizio-chiave avere usato nomi veri - quelli del brigadiere Gasco e del capitano Petrella - per personaggi inventati.
Già è stato detto, giustamente, che il film reca forti i segni del dibattito sull’identità, rispetta e qua e là giustifica il ribellismo della società pastorale, facendone quasi una resistenza «nazionale» agli odiati Savoia. Gramsci ha scritto che i sardi protestarono contro Bechi (perché noi, e grazia a Dio, a protestare ci siamo sempre) perché aveva detto che le donne sarde erano brutte. In realtà, in questo film ci sono due donne fin troppo belle, anche senza quel trionfo di seni che colpiva tanto l’ufficialetto di Pelloux. Troppo bella la Grimaudo, di una bellezza più da «Vogue» che da «Canne al vento»: impareggiabile la Garello, credibile come una sarda verace, nelle linee del viso e in quegli occhi fortemente tagliati. Gifuni piace. >>
Mentre non concordo sull'ultima parte del suo articolo : << Ma quel finale con la Grimaudo col pupo in braccio... Sarebbe stato meglio, nella stessa fiction, se la reginetta di Barbagia avesse detto all’ufficialotto in alta divisa: Va fuori, o stranier!. >> mi sembra troppo provinciale e vicino all'exefonobia
1 commento:
Come gia' piu' volte detto e ripetuto , si trattava di una fiction e come tale doveva essere considerata.
Come ben sappiamo anche i luoghi nei quali sono registrate le scene non erano quelli "storici".
Spesso alcuni scrittori per mettere in risalto la propria intelligenza, vanno controcorrente e pensano di poter criticare quello che a mio parere e' poco criticabile cioe' il genere fiction.
Forse qualcuno per eccesso di critica ha dimenticato di dire che il nostro concittadino Carlo Fenu ha recitato in un ruolo non proprio marginale ed e' stato bravissimo!
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