27.8.09

Sottomettere la ragione all'esperienza

Dal sito del Meeting di Rimini:

Giampaolo Pansa accende il Meeting e il Meeting accende Giampaolo Pansa. L’ex giornalista dell’Espresso alle 15 in punto sale sul palco della sala A1 come chi si sente a casa. Alza le braccia e con le dita a V saluta il pubblico che ha occupato ogni posto del padiglione. L’incontro, introdotto dal portavoce di Comunione e Liberazione, Alberto Savorana, è intitolato “Sottomettere la ragione all’esperienza”. Savorana, ricordando la visita di Pansa alla passata edizione del Meeting, esordisce chiedendo all’ospite qual è stato il percorso intrapreso durante quest’anno.
Il giornalista piemontese, partendo dal suo ultimo lavoro Il revisionista, ripercorre la sua vita fin dall’infanzia, dalle storie e dagli insegnamenti di sua nonna Caterina: una donna presto vedova e costretta a crescere da sola ben sei figli. “Il mio revisionismo - afferma Pansa – comincia da lì, dalla mia famiglia larga e povera, dai genitori mai andati in vacanza”. L’autore di libri come Il sangue dei vinti e I gendarmi della memoria ricorda “la guerra, i bombardamenti e la paura che si prova a nove anni”. “Eravamo poveri – prosegue – ma da noi abbondavano le discussioni, a cui eravamo ammessi anche noi piccoli”. Pansa parla del lungo percorso che lo ha portato a scrivere i suoi romanzi, quasi senza accorgersi di ciò che gli stava accadendo. “Lo capii – spiega – solo quando in redazione arrivarono più di duemila lettere dopo la pubblicazione del Il Sangue dei vinti. Erano i messaggi di persone che raccontavano storie analoghe a quelle già raccontate da me. Cos’era accaduto? La Provvidenza aveva scelto un microbo per abbattere un muro di paura imposto dai vincitori dopo il 25 aprile”.
Numerose sono le punzecchiature del giornalista al Pd. “È vero che la memoria storica dev’essere sempre viva, ma purché questa sia vera. Il modo in cui la Resistenza ci viene raccontata – spiega Pansa – ha un difetto. Non ci viene detto che la parte maggiore di coloro che l’hanno combattuta, i comunisti, non voleva la libertà, ma solo sostituire la dittatura nera con quella rossa”. “La crisi della sinistra italiana – afferma – è culturale, perché non ha avuto il coraggio di raccontare la verità su se stessa. Ecco perché mi sento più in sintonia col popolo del Meeting che col popolo di cui ho fatto parte per lungo tempo”.
Ritornando al tema dell’incontro, Pansa afferma che “nella vita bisogna essere curiosi. La conoscenza diventa avvenimento solo se non si vive passivamente. Bisogna essere umili”. Ed il Pansa narratore manifesta la sua umanità quando confessa le sue “preghiere serali” e la sua “domanda sulla morte”. Poi si rivolge alla platea e dice: “Oggi ero stanco, avevo mal di schiena, ma venire al Meeting è una esperienza fortissima. Il vero miracolo – conclude – sono i vostri occhi limpidi che mi guardano e hanno fiducia in quello che hanno davanti”.

(M.P.)
Rimini, 26 agosto 2009


2 commenti:

Paige79 ha detto...

Pansa è sicuraente uno degli intellettuali che ammiro di più per il suo coraggio di dire le cose come stanno:"Non ci viene detto che la parte maggiore di coloro che l’hanno combattuta, i comunisti, non voleva la libertà, ma solo sostituire la dittatura nera con quella rossa”.Verità sacrosanta!Quanti comunisti di oggi negano addirittura che le dittature di Stalin, CAstro ecc siano dittature crudeli e pericolose, solo perchè sono comuniste?Addirittura una volta una signora omunista mi venen a dire che non era vero che le BRigate rosse erano comuniste, "non possono essere comunisti perchè noi non facciamo quelle cose!".Quando gli chiesi allora il perchè di quel nome(molto chiaro!), la risposta fu"perchè a loro paiceva il colore roso!(e non lo diceva per ridere!).So che le BR non c'entrano nulla col periodo storico di cui parla Pansa, ma appartengono a quegli errori che la siistra nn vuole nemmeno prendere in considerazione.Io personalmente parlando con persone semplici(cioè non con peferenze politiche)che la guerra la vissero sulla loro pelle,ho sempre sentito(già anni prima che Pansa pubblicasse i suoi libri)dei massacri dei partigiani, del fatto che dopo gli attentanti scappavano sulle montange incuranti delle rapresaglie che sicuramente sarebbero avvenute,perchè la legge di guerra dei tdeschi sarà stata ingiusta ma chiarissima:10 italiani per ogni tedesco morto.E NESSUNO poteva non saperlo!Ribadisco che queste cose mi sono state raccontate da gente che c'era e che in molti casi ha subito sulla propria pelle le crudeltà dei partigiani allos tesso modo di quelle naziste. A meno che non si voglia contraddire per forza quelli che c'erano e quindi ne sanno più di noi!

compagnidiviaggio ha detto...

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