9.2.19

red land . un ottimo cast per un film propagandistico un occasione persa per parlare in maniera obbiettiva di foibe ed norma cossetto senza cadere nella strumentalizzazione

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Come già annunciato   sulla  mia  bacheca  di  Fb

Ho finito di vedere il film Red Land / rosso d'Istria . Ecco un mio giudizio parziale. Ottimo cast per un film mediocre e di propaganda . Occasione sprecata per parlare in maniera obbiettiva delle foibe. E rendere omaggio a norma cossetto senza usarla ideologicamente. Voto 4.5 . Ne parlerò domani più dettagliatamente bel blog . Notte a tutti/e

  ecco ora   il mio giudizio completo sul film Red Land /rosso d'Istria .



Ottima la fotografia ed ottimo cast. Film partito bene ed in maniera originale il flash black / viaggio a ritroso nella memoria alla dylan dog e ottima la descrizione del 25 luglio e del 8 settembre ma poi si scade nella solita propaganda anticomunista ed nella storiografia a senso unico e deleterio per ricordare in periodo cosi doloroso e complesso come quello del confine orientale . Molte inesattezze nel contesto storico segnalate da questo articolo del sito collettivo https://www.wumingfoundation.com/giap/ . Infatti nel film non si vede nessuna reazione ne dei gerarchi fascisti o degli italiani fascisti quando gli slavi parlano la loro lingua come se il fascismo ed poi la sua appendice repubblicana l avevano vietato . Occasione sprecata per parlare in maniera non strumentale ed ideologica di  foibe  e di Norma Crossetto . Si parla continuamente dell’esercito “titino” in arrivo. Viceversa, le esecuzioni sommarie e le violenze del settembre-ottobre 1943 in Istria si devono a partigiani locali; le truppe titine arriveranno solo nell’aprile-maggio di due anni dopo;
Si spiega che papà Cossetto era un gerarca fascista locale, ma si omette di raccontare che convintamente fascista era quasi tutta la famiglia, compresa la povera Norma (naturalmente, non per questo dovevano venire ammazzati). Un racconto onesto e completo avrebbe spiegato i motivi di risentimento di molti contadini istriani nei confronti dei “padroni” italiani-fascisti, che spesso li avevano trattati dall’alto in basso, vietandogli perfino di usare la loro lingua. Non a caso, alcuni storici accreditati (es.: Raoul Pupo) per le violenze dell’autunno 1943 hanno usato anche il termine di “jacquerie” (rivolte popolari-contadine). 

Infatti   da  https://www.ilgazzettino.it/lettere_al_direttore  del  8\2\2019 


Egregio direttore,
si avvicina il Giorno del Ricordo e inevitabilmente si innescano le polemiche e le prese di posizione, in parte rispettose della verità, in parte no. Una cosa credo si possa comunque dire con certezza, non esiste negazionismo sulla tragedia delle foibe. Qualcosa però è cambiato negli ultimi anni sulla valutazione di quanto accaduto sul fronte orientale e in particolare in Istria. La giovane storiografia non parla più di pulizia etnica ma di resa dei conti, sulla base della ricerca storica che ha approfondito e portato alla luce quanto accaduto in Slovenia e in Croazia nel corso della seconda guerra mondiale. Mi riferisco ai crimini commessi dalle truppe italiane che hanno causato la morte di centinaia di migliaia di persone, la distruzione di interi villaggi e la deportazione di vecchi, donne e bambini nei campi di concentramento per slavi dove hanno trovato la morte migliaia di innocenti. E nonostante ciò, il generale Robotti ebbe a scrivere in una famosa circolare inviata agli ufficiali superiori di tutte le divisioni operanti in Slovenia e Croazia: Si ammazza troppo poco. Per concludere è giusto che la Rai proietti il film Rosso Istria sulle foibe ma vale la pena ricordare che la stessa Rai ha acquistato il documentario della BBC Il retaggio del fascismo sui crimini commessi dai soldati italiani in Etiopia, Grecia e Jugoslavia con il solo scopo di non mandarlo in onda. Le giovani generazioni non avrebbero forse il diritto di conoscere anche questo aspetto della realtà?
                                        Costantino Di Paola


Caro lettore,
non sono così convinto che non esista più negazionismo sulle foibe. O meglio: dopo anni di silenzi e dopo l'emergenza di prove inoppugnabili, anche i sostenitori della teoria che le foibe erano un'invenzione o un falso storico inventato da qualcuno che aveva come unico obiettivo quello di screditare i partigiani comunisti, hanno dovuto rassegnarsi ed ammettere le atrocità che sono state compiute nei territori della ex Jugoslavia. Al negazionismo si è però sostituito il riduzionismo. Cioè il tentativo, alimentato da ricerche storiche, di minimizzare il numero delle vittime delle foibe (riducendo quindi l'importanza e il valore del fenomeno) o quello di giustificare le foibe come una reazione, per quanto esecrabile e tragica, alle azioni compiute dai fascisti. In entrambi i casi mi sembra evidente il tentativo di assegnare alle foibe un ruolo minore e marginale in quella che è stata la storia degli anni finali del conflitto mondiale e della guerra di liberazione. Una operazione culturale che conferma l'incapacità di fare i conti fino in fondo con la Storia.

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Tanto per dire dell’animus dei Cossetto, nel settembre del 1944 la sorella di Norma, Licia, volle andare a conoscere personalmente Mussolini anche per raccontargli gli avvenimenti istriani. A proposito di quell’incontro l’ormai anziana Licia Cossetto ha raccontato nel 2006 a “Il Secolo D’Italia”: «non dimenticherò mai quei due occhi di un azzurro profondo e intenso [di Mussolini; ndr] (…) nella mia vita mi capiterà una sola altra volta di vederne di simili: quelli di Giorgio Almirante» (articolo di L. Garibaldi, 12/1/2006). Intervistata da Frediano Sessi, Andreina Bresciani (compagna di Norma Cossetto al liceo, all’università e nella loro camera di Padova) descrive l’amica in questi termini: “Aveva una vera e propria passione per la politica. Ricordo che partecipava con entusiasmo alle manifestazioni per la guerra d’Africa e non faceva mistero del suo nazionalismo spinto. Posso dire che sentiva molto decisamente la sua italianità. E diceva sempre che in Istria erano gli sloveni e i croati a essere fuori posto; perché gli italiani abitavano quella terra con più diritti”.
Noterete che nel film i contadini italiani, che si piegano/convertono al comunismo, soffrono comunque dubbi/contraddizioni; gli unici ad essere feroci senza sfumature sono gli slavi;
In questo senso, al presunto ufficiale titino il regista impone un ruolo talmente malvagio e maniacale da risultare caricaturale. (Curiosamente, Romeo Grebenšek, l’attore sloveno cui hanno voluto far impersonare la perfidia etnica assoluta, è la figura centrale del manifesto del film ma tra gli interpreti viene sempre citato per ultimo).
In conclusione, purtroppo la storia di Norma Cossetto è da decenni oggetto di strumentalizzazioni nazionalistiche intese ad attizzare l’odio tra italiani e “slavi”. E questo film – secondo me – dà un ulteriore contributo in questo senso.
La persecuzione anti-slovena e anti-croata esercitata in Istria da noi italiani, proibendo le scuole, l’uso della lingua etc., nel film viene accennata una volta sola di sfuggita quando un anziano (croato) esorta un bambino a non parlare nella loro lingua.
Colpisce infine che nel film i nazisti vengano visti come liberatori, senza che la sceneggiatura aiuti a storicizzare tale situazione (stato d’animo per altro comprensibile da parte di chi temeva per la propria vita a causa di prevedibili vendette).


Qualcuno potrebbe dirmi che allora non bisognerebbe parlare della barbarie che ha subito o dovuto subire Norma e delle foibe . Io non ho detto questo . Certo che se ne deve parlare, ma come ho già detto e ripetuto più volte con onesta storica ed obbiettiva . Per quanto riguarda Norma Cossetto anche è doveroso . Ma un conto è romanzare la su vicenda , aggiungendovi cose non vere o ingigantite . Parlarne ma riportare " la versione ufficiale " ma corredata da note che dimostrano come tale vicenda sia ingigantita 

 Norma Cossetto viene sempre associata al suo ( presunto secondo alcuni storici ) stupro, al punto da renderlo quasi un elemento più importante della stessa uccisione. Le prove addotte, sono quantomeno traballanti: la testimonianza di una sconosciuta e lo stato della salma, sulla quale peraltro i resoconti si contraddicono. Sembra che la violenza sessuale sia un “a priori” incontestabile per una giovane donna italiana rivenuta in una foiba, di cui si sottolinea ossessivamente il bell’aspetto. Le ricostruzioni s’avvitano più che altro nel cercare di spiegare come questa certezza sia potuta giungere fino a noi, visto che a parte i presunti colpevoli non ci sono testimoni.La certezza di una violenza sessuale particolarmente efferata è legata a doppio filo all’identità dei responsabili, sempre invariabilmente “slavi”, sebbene a tutt’oggi non siano mai stati fatti dei nomi precisi. La prima fonte a insistere sulla «barbarie balcano-comunista» come causa della morte, lo abbiamo visto, fu il necrologio pubblicato il 16 dicembre 1943 sul quotidiano «Il Piccolo», allora alle dipendenze dirette del ministero di Goebbels. Nell’articolo che rendeva conto delle riesumazioni, nello stesso numero, si diceva che nella foiba sarebbero state rinvenute 17 bustine con la stella rossa. Si riferiva inoltre che i partigiani avrebbero trasferito i prigionieri da Parenzo ad Antignana.
È lo zio di Norma, l’ammiraglio Emanuele Cossetto, a riportare per primo il giorno esatto dell’arresto: 26 settembre 1943 (relazione datata 1° marzo 1945), aggiungendo inoltre che la nipote sarebbe stata rilasciata e poi riarrestata tre volte. Dalla sua relazione si viene a conoscenza che i particolari del suo supplizio sarebbero stati estorti a partigiani catturati dai tedeschi. Per molto tempo, fino a quando non spunterà la storia della «dirimpettaia nascosta dietro le imposte», questa rimarrà la giustificazione alla dovizia di dettagli sull’episodio.Quando il 12 luglio del ’45 gli Alleati interrogano Arnaldo Harzarich, capo dei vigili del fuoco reclutati a suo tempo dai tedeschi per il recupero degli infoibati, lui si limita a riferire la vox populi, che sembra cercare di unire i puntini incongrui di questa storia: Norma Cossetto sarebbe stata legata ad un tavolo della caserma dei Carabinieri di Antignana (identificato da Il Piccolo come luogo di detenzione «logico» – data la vicinanza alla foiba di Surani) e qui violentata da ben 17 partigiani “slavi” (i «balcano-comunisti»), ovvero il numero delle bustine rinvenute nella foiba secondo «Il Piccolo», gettate quindi da ogni singolo stupratore per “firmare” sprezzantemente il delitto. Un vero e proprio controsenso: la tumulazione dei corpi in una foiba serviva ad occultarli velocemente per evitare le rappresaglie.Quando nel 1949 l’ex-collaborazionista Luigi Papo pubblica il suo libello Foibe emergono le prime testimonianze conflittuali sulla salma e sui responsabili, nonché l’unico nome mai fatto fino ad oggi: tale Antonio Paizan, capo dei partigiani di Antignana. Papo lo qualifica come un doppiogiochista che «tradì l’Italia, gli slavi, i tedeschi, gli slavi ancora e da questi, alla fine, fu arrestato per furto». Nel testo si allude vagamente a un primo abuso subito da Norma Cossetto proprio da parte di Paizan. Anche qui gli aguzzini sono comunque slavi ma ridotti a 16, poi catturati dai tedeschi su delazione estorta da altri partigiani prigionieri (come riferito da Emanuele Cossetto) dai quali sarebbe venuta «così alla luce la verità». Costoro sarebbero poi stati rinchiusi nella cappella di Castellier di Visinada a vegliare sulla salma semi-decomposta di Norma Cossetto. Tre partigiani sarebbero impazziti per il rimorso prima di venir tutti falciati dai mitra tedeschi.La ricostruzione di Papo – altamente contraddittoria rispetto alle altre – verrà dimenticata e con essa sparirà il nome di Antonio Paizan, ma curiosamente il dettaglio dei prigionieri impazziti nella veglia alla salma sarà mantenuto nei successivi racconti, a testimonianza di come nella narrazione del martirio di Norma Cossetto vengano selezionati i dettagli più suggestivi rispetto a quelli più verosimili.In teoria dunque i responsabili sarebbero stati presi e trucidati anche se rimanevano ignoti.
Il caso Cossetto viene “riaperto” e quindi ulteriormente ingigantito ed usato ancora di più a scopo strumentale dall’articolo di Antonio Pitamitz del 1983 e da quel momento cominciano a moltiplicarsi le varianti della storia. Nella cronistoria degli arresti sparisce la detenzione a Parenzo per essere sostituita da quella più vicina a Visignano. I dettagli delle sevizie sarebbero poi stati confessati dalla stessa Norma a una misteriosa donna accorsa in seguito ai suoi lamenti e non dai partigiani catturati. Nella ricostruzione di Guido Rumici del 2002 i particolari dissonanti anziché contraddirsi si sommano, per cui Norma Cossetto sarebbe andata prima a Visignano (volontariamente assieme a un partigiano che conosceva), poi rilasciata dopo le presunte offerte di collaborazione e quindi riarrestata e condotta a Parenzo, infine tradotta ad Antignana per ordine del Comitato Popolare di Liberazione di Parenzo (italiano). I presunti responsabili catturati e poi giustiziati sarebbero stati però solo 6 sui famigerati 17 (tre dei quali impazziti).Da allora i divulgatori, i parenti più o meno lontani – tutti testimoni – e i cultori vari di Norma Cossetto, come Pierpaolo Silvestri e Mario Varesi, cominciano a moltiplicarsi e con essi si moltiplicano le già molteplici versioni a seconda dell’estro del narratore, non rendendo certo un buon servigio alla memoria di Norma Cossetto, a prescindere dalle opinioni che si possano avere sulla sua figura. A Sessi Licia Cossetto dichiara addirittura che l’omicidio della sorella non avrebbe avuto ragioni politiche ma proprio sessuali e che le presunte profferte dei partigiani rifiutate da Norma sarebbero state «proposte indecenti».Negli ultimi tempi le commemorazioni vengono officiate da una cugina “acquisita”, Erminia Dionis Bernobi, che dichiara di essere scappata dall’Istria per aver pubblicamente dato del vigliacco a un uomo che si stava vantando di aver personalmente ucciso Norma Cossetto, fatto che avrebbe deciso di rivelare solo di recente dopo la sua morte, eppure continuano a mancare i nomi e i cognomi.
Claudia Cernigoi ha addirittura ventilato l’ipotesi che Norma Cossetto possa essere stata uccisa dai tedeschi assieme ai partigiani.In quel marasma tutto era possibile Ciò potrebbe giustificare il dettaglio delle bustine rinvenute nella foiba. L’ipotesi non è del tutto peregrina: la data della sua uccisione corrisponde in effetti con l’arrivo dei tedeschi nella zona e assieme al suo corpo furono ritrovati dei cadaveri non identificati, peraltro non mancarono casi in cui i nazisti abbiano ucciso sia i carcerieri che i loro prigionieri, sospettati di essere passati dall’altra parte, come avvenne con il podestà di Grisignana. Tuttavia sembra più logico che Norma Cossetto sia stata uccisa dagli insorti, assieme agli altri prigionieri, per evitare di venir identificati all’arrivo dei tedeschi, che è poi quello è successo . Infatti su sua denuncia di Licia i soldati tedeschi catturarono sedici partigiani che avevano partecipato alle sevizie e li costrinsero a vegliare tutta una notte la salma di Norma, per poi fucilarli all'alba del giorno successivo: di questi tre partigiani impazzirono nel corso della notte.
Ma Secondo Giacono Scotti i veri responsabili dell'omicidio di Cossetto non furono partigiani jugoslavi, ma «cani sciolti» italiani inquadrati nella Resistenza, e la condanna a morte fu sommaria e fatta senza riguardo per le eventuali responsabilità dei giustiziati.Rimane il fatto che i colpevoli rimangono a tutt’oggi ignoti,infatti e forse anche questo dettaglio non è casuale: non conoscendo l’identità dei responsabili, i loro moventi e i loro eventuali precedenti, non si può escludere nemmeno l’ipotesi dello stupro rimane improbabile, specie se Norma Cossetto – come appare abbastanza chiaro – fosse stata sotto la custodia dei partigiani, in quella fase letteralmente braccati dai tedeschi.Sarebbe pertanto corretto ricorrere perlomeno al condizionale quando se ne parla, cosa che non avviene mai: l’impressione è che sia assolutamente “necessario” dire che Norma fu violentata – e da “slavi”.

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