Donne ai vertici AL CENTRO LE PERSONE NON IL GENERE di carla.bassu Ordinaria di diritto pubblico comparato all’Università di Sassari

 la  nuova sardegna  2\10\2022

E Questa settimana ha portato agli onori delle cronache una serie di esordi al femminile: la prima donna che arbitrerà oggi una partita di calcio di serie A; la prima europea comandante di una stazione aerospaziale; la prima (probabile) premier. Titoli che mettono il genere al centro della notizia, più della persona che ne è protagonista. Così ciò che conta e merita di essere raccontato non è il talento, la capacità, la storia di Maria Sole Ferrieri Caputi, Samantha Cristoforetti, Giorgia Meloni ma il fatto che si tratti di donne. Però non è l’essere donne che ha condotto queste tre persone a risultati eccellenti bensì, rispettivamente, una perfetta conoscenza delle regole del calcio e doti atletiche; un prestigioso curriculum da astronauta; una carriera politica pluridecennale. Piuttosto, a dire il vero, bisogna riconoscere che le tre sono riuscite a ottenere risultati nonostante siano donne. Se infatti fino a ora nessuna aveva occupato queste posizioni non è per carenza di competenze o passione, bensì per la resistenza di pregiudizi e ostacoli culturali ed effettivi che ne hanno impedito l’affermazione. Rendendo onore al merito delle donne che contando sulle proprie forze sono riuscite a ottenere grandi successi e senza sminuire il valore del primato di chi ha ottenuto risultati in settori storicamente dominati dagli uomini, occorre ammettere che così come una rondine non fa primavera non necessariamente una presenza femminile al vertice è sintomo di pari opportunità raggiunte. La parità si ottiene garantendo eque condizioni di partenza, che assicurino a donne e uomini di competere alla pari. Oggi non è così perché sulla parte femminile della società incombe ancora il gravame dell’attività domestica e dell’assistenza familiare. Le statistiche raccontano che nelle famiglie economicamente solide o che possono contare su aiuti esterni le donne lavorano e avanzano nella carriera, comunque spesso sacrificando la vita privata, mentre in realtà meno stabili la componente femminile è tendenzialmente più sacrificata dal punto di vista della occupazione e della realizzazione personale. I dati dimostrano che le ragazze primeggiano per risultati nei ranghi scolastici e accademici, salvo subire un blocco in un momento preciso identificato con l’età in cui si ha (o si suppone si possa avere) il primo figlio per rarefarsi, per quasi scomparire, con poche eccezioni, nei ruoli dirigenziali sia nel pubblico che nel privato. Questo perché le incombenze familiari formano un carico fisico e mentale che affatica le donne
e le rallenta, facendo si che a un certo punto cedano il passo, per stanchezza. Due purosangue uguali ai ranghi di partenza hanno le stesse chance di vincere la corsa ma se uno dei due è sellato con una zavorra evidentemente la gara sarà falsata. La parità potrà dirsi raggiunta quando le donne, che rappresentano più o meno la metà della popolazione, saranno presenti in misura equilibrata in tutti i settori e a ogni livello, in modo da rispecchiare la composizione sociale, ma questo accadrà solo quando nel loro percorso non incontreranno i pregiudizi e gli impedimenti che le rendono meno competitive. Servizi di prossimità, asili e assistenza pubblica garantita per anziani e persone con disabilità, orari e spazi di lavoro compatibili con la gestione familiare, congedo obbligatorio per chi diventa genitore, non solo per le madri: così si promuovono le pari opportunità. Sembra una banalità ma la vera parità potrà dirsi raggiunta quando la presenza di una donna in posizione apicale non farà notizia ma sarà considerata normale, come già accade altrove nel mondo. In ogni caso non una donna purché sia ma una persona con nome, cognome e competenze, che si affermi per caratteristiche individuali che contraddistinguono e rendono unico ogni essere umano. 

* Ordinaria di diritto pubblico comparato all’Università di Sassari

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