È sicuramente un’istituzione. Per la musica e la cultura, ma non solo. «E portarlo avanti per me è quasi un dovere», spiega Barbara Bongiovanni, socia assieme al fratello Andrea di Bongiovanni, negozio ed editore musicale fondato nel 1904.La data fa impressione.«Sì. La data ufficiale in realtà per mio padre era 1905, poi abbiamo trovato dei cataloghi datati 1904. Il mio bisnonno Francesco era arrivato a Bologna a fine Ottocento dalla Sicilia per il servizio militare, venne assunto in un negozio di musica che dopo un anno ha rilevato. Ha iniziato lui a pubblicare e vendere spartiti e ad affittare strumenti, conserviamo ancora il suo flauto. Il negozio si chiamava “Stabilimento musicale Francesco Bongiovanni” ed era sotto il Pavaglione, poi si è spostato in via Rizzoli e nel 2000 in via Ugo Bassi. È stato gestito da Francesco, poi Edoardo e Teresita negli anni della guerra. Mio padre Giancarlo dopo un periodo di lavoro in Agip si è dedicato al negozio continuando le edizioni musicali e avviando per primo le registrazioni dal vivo, con un concerto di Mirella Freni che gli valse un premio della critica discografica».
Ora ci siete voi.
«Mio fratello Andrea fin dagli anni ’80 e ‘90, che si dedica soprattutto alle edizioni, e io in negozio. Chiaro che oggi è tutto diverso, è un po’ come per il mio bisnonno, che sarà stato sicuramente traumatizzato dal passaggio da spartiti e spettacoli in teatro alle registrazioni dei concerti».
Oggi com’è?
«È tutto online, e questo colpisce soprattutto la musica classica. L’utente di classica, a meno che non sia un collezionista, non cerca le ultime uscite ma ascolta tutto sul telefono a costo zero o quasi, anche noi ci dobbiamo reinventare».
In che modo?
«Prima al piano terra avevamo le registrazioni, i cd e i dvd, mentre nel seminterrato gli spartiti. Dall’anno scorso abbiamo portato al piano del negozio gli spartiti e i dischi, sotto non abbiamo ancora deciso cosa fare. Forse, ma ci stiamo ancora pensando, potremmo mettere strumenti per chi si vuole esercitare, come gli studenti fuorisede. Ma al momento quello che ci sostiene, assieme agli spartiti, sono cd e vinili di musica leggera, perché il fruitore della leggera ha un rapporto diverso col disco, magari sono ragazzi che appendono il disco in camera».
Si direbbe il contrario, che l’ascoltatore di classica sia più “tradizionale”.
«No, non vengono più ristampate le cose vecchie e a parte qualche rarissima eccezione escono poche novità di classica, il mercato è quasi azzerato e le case si adeguano. Qui vengono soprattutto persone che cercano dischi fuori catalogo. L’altro giorno, per esempio è venuto un uomo che cercava Wagner cantato in italiano da un cantante specifico. L’abbiamo trovato».
Non è un tradimento affidarsi alla musica leggera?
«No, la classica e l’opera ce l’abbiamo ancora, ma non esce quasi più niente di nuovo, forse la gente questo non lo capisce. Per un po’ sono andate bene alcune registrazioni dal vivo, ma oggi va tutto su You Tube. La musica leggera l’avevamo da tanto tempo, poi negli anni ’80, con l’apertura di Ricordi mio padre decise di toglierla. Quando Ricordi ha chiuso l’abbiamo riproposta».
C’è un ritorno del vinile?
«Sì, per fortuna, mentre il cd è in declino. Le stesse case discografiche non sanno bene cosa pubblicare perché non è facile prevedere la risposta. È uscito un cd di Taylor Swift che si è esaurito immediatamente perché ne avevano stampate poche copie».
Ma com’è portare avanti un’istituzione della musica?
«Per me è la mia vita. È una cosa che sento istintivamente di dover portare avanti, perché la adoro. Adesso poi mio figlio Marcello ha un entusiasmo incredibile, è anche più bravo di me».
Ma chi è il cliente tipo?
«C’è il cantante di opera che viene a prendere gli spartiti, studenti e insegnanti di musica, oppure giovani che comprano cd o vinili. Ci sono meno clienti di lirica o sinfonica, o i clienti di una volta: per anni sono venute persone tutti i giorni a chiedere le ultime uscite e comprare dischi».
Quali sono gli autori cui siete più legati?
«Beh, sicuramente Respighi o Cimara, pubblicati dal mio bisnonno, poi il cantante Alfredo Kraus, ma anche Mirella Freni, Mariella Devia, Renato Bruson».
Avete anche inventato il “firmacopie”.
«Più o meno, sì. Mio padre coglieva l’occasione dei concerti e invitava cantanti e maestri in negozio a firmare gli album, ci sono passati tra gli altri Luciano Pavarotti, Riccardo Muti, ma anche Kraus, Cortez, Lavirgen».
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