La fede islamica.
Per le prime due atlete si sono levate un'apoteosi di applausi e di dichiarazioni roboanti in tutto il mondo, per il loro "coraggio" e la loro "libertà" ad indossare il velo (nulla in contrario per carità), mentre per la terza si é scatenato l'inferno per aver osato esultare togliendosi la maglietta, dopo aver segnalo un goal (cosa che per un maschio islamico e non, é normale).Come si vede non ha tolto il reggiseno, ma solo la maglietta.
Certamente merita, come per i maschi, un richiamo ufficiale atto a contenere l'esuberanza e per far rispettare l'outfit sportivo.
Apriti cielo. Nell'indifferenza generale (per primo della Fifa) nessuno ha tutelato Asisat dalla violenza e dalle pesanti minacce che ha subito. Nessuno si è indignato per quello che ha subito.
Sono questi due pesi e due misure a lasciarci basite.
É quel mainstream che schiaccia chiunque di noi donne muslim, che osa "sbagliare" e che ci lascia in balia a qualsiasi tipo di estremismo e body shaming.
Come dico da tempo, le vere vittime sono quelle donne islamiche che si esprimono liberamente per liberarsi da condizionamenti sociali soffocanti.Succede per le sorelle iraniane e per le donne che rifiutano le imposizioni.Ed é un fardello e uno stigma che portiamo da sole.
Lo stesso stigma che ci colpisce se ci mostriamo in costume che non sia il burkini o in abiti che lasciano scoperti braccia e gambe.Oppure se non ci copriamo i capelli.Siamo indifese ed esposte.
Ps: per farsi perdonare la giovane Asisat ha chiesto scusa al padre e ha messo una foto con l'hijab per dimostrare la sua fede. Con la speranza che basti.
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