24.8.23

a chi mi chiede perchè mi fisso sugli stupri . sappiate che riguarda tutti (uomini compresi)

Appena   sentiamo    parlare  di stupri in particolare   quello di Palermo  viene spontaneo chiederci queste  domande   Dobbiamo sentirci coinvolti moralmente e politicamente nello «stupro di gruppo» di Palermo? Quell’orrendo delitto interroga noi uomini, maschi, anche noi che nulla abbiamo a che spartire con quella bestialità, noi che siamo culturalmente lontani anni luce da quella violenza  anche






se  alcuni  , non è il mio caso  , si eccitano   vedendo film pornografici o  erotici   che trattano simili argomenti  ?.  La società degli uomini liberi e rispettosi si può dire innocente, può chiamarsi fuori? E ha senso colpevolizzare una categoria, auto colpevolizzarsi? Siamo davvero tutti responsabili ? 

La  risposta  l'ho trovata
 oltre  che  in me stesso     in  quest  articolo  Perché lo stupro di gruppo di Palermo riguarda tutti (uomini compresi)- Corriere.it


 Alla sensazione di rabbia che segue ogni stupro, ogni femminicidio, si sovrappone la sensazione di impotenza. Perché nulla sembra cambiare, in una società che invece è radicalmente cambiata. Sono passati molti anni da quando i magistrati giustificavano le violenze, come si vide nel «Processo per stupro» del 1979, trasmesso dalla Rai. Allora si accusavano le donne di indossare abiti troppo provocanti, si assolvevano imputati perché indossavano jeans stretti, «impossibili da sfilare senza la fattiva collaborazione» della donna, si colpevolizzavano le ragazze per aver bevuto, invece di considerare un’aggravante l’approfittare delle condizioni di debolezza di una vittima.Il sentire comune e il dibattito pubblico sembrano aver lasciato da parte le antiche ambiguità, la corrività di un tempo, la diseguaglianza strutturale e odiosa tra uomo e donna. Eppure stupri e femminicidi continuano. Il caso di Palermo colpisce perché è una violenza di gruppo, fatta da ragazzi che hanno dimostrato di non provare alcuna umanità ed empatia. Sono indifferenti al dolore della vittima e sicuri dell’impunità.Le reazioni pubbliche sono scontate: si chiedono pene più gravi (lo ha fatto Ermal Meta), come se la sanzione più alta fosse davvero un deterrente; si immagina polemicamente cosa sarebbe successo se i sette italiani fossero stati nordafricani o albanesi; si accusano i social perché alterano la percezione della realtà. In definitiva, si circoscrive la questione a sette «bestie» isolate, a un caso così mostruoso da non essere prevedibile, né evitabile, da imputarsi piuttosto a un’anomalia ripugnante. Ma evidentemente non è così. Sono persone che vivono nella società, hanno madri e padri, sorelle e fidanzate.C’è un barista al quale uno dei sette ha detto «falla ubriacare che ci pensiamo noi» e lui ha fornito l’alcol necessario. Ci sono i passanti che hanno visto una ragazza in difficoltà e non hanno fatto nulla. Ci sono gli amici degli stupratori, che si sono passati il video. C’è una società che consente quello scempio. Lo incoraggia o perlomeno lo tollera, avallandolo. C’è una cultura tossica maschile che resiste agli anticorpi del progresso e della civiltà. C’è una logica di branco, di gregge, che favorisce l’omertà, la sopraffazione, l’impunità. Non c’è niente di imponderabile, di assurdo, nello stupro di Palermo.È il risultato di un atto con responsabilità individuali ma anche di una tara culturale che va estirpata, innanzitutto proprio attraverso la cultura. Insegnando l’educazione sessuale e sentimentale a scuola, favorendo la trasmissione di valori di apertura, mettendo al bando ogni discriminazione delle identità sessuali, incentivando un’alfabetizzazione valoriale collettiva, responsabilizzando la politica a favorire l’effettiva eguaglianza tra i sessi e lo sviluppo culturale. Trovando pene alternative per chi si rende colpevole di questi crimini, che non consistano solo nel restarsene in carcere a marcire. E poi non lasciando solo alle donne quella battaglia, come se non riguardasse tutti.Non è questione di colpevolizzare tutti gli uomini, di colpevolizzarsi ma di occuparsene. Di capire perché c’è un pezzo di società che è ancora immersa nella ferocia della sopraffazione dei sessi. Di capire come fare a intervenire più efficacemente anche sulla prevenzione, per contrastare revenge porn e cyberbullismo e, non ultimo, di capire perché c’è un disegno di legge contro la violenza sulle donne che è stato approvato il 7 giugno dal Consiglio dei ministri e che da allora giace alla Camera, evidentemente perché non considerato una priorità.

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