come ho già deto nei due post precedenti ( Il salto in alto che nessuno aveva mai visto. il caso di Dick Fosbur considerato sfigato ma che vincerà un oro olimpico e creerà uno stile nel salto in alto ., Perde il marito in un incidente e fa donare gli organi. Dopo 10 anni le arriva una mail di uno che ha ricevuto il fegato dal marito ) Ci sono storie così belle che a volte pensi: "Ma come ho fatto finora
senza conoscerle"?. "Non sapevo che sul web ci sono video o podcast
che le racconta , le ripesca e ne mantiene viva la memoria
\ il ricordo e far si che non rimangano comeil caso di cui parlo nel ost d'oggi solo come fatti di cronaca locale o in qualche sito spcializzato di storie simili
Antony Civolani è come racconta nel video sotto riuscito ad abbracciare la dottoressa che la notte del 31 luglio 2003 gli
salvò la vita arrestando un’emorragia che l’avrebbe portato a morire
dissanguato.
A creare il contatto giusto, dopo l’appello del cinquantenne padovano che tanto desiderava conoscere quella dottoressa per dirle grazie, è stata l’Azienda ospedaliera di Padova.
erano
attivati tutti, dal direttore generale Dal Ben ai primari, dal personale
amministrativo ai colleghi già in pensione. Ieri la professoressa Liviana Da Dalt,
direttrice del Dipartimento della salute della donna e del bambino, è
stata contattata da A.B., una collega che vent’anni fa era stata una sua
allieva come specializzanda in via Giustiniani e oggi lavora in
provincia come pediatra di libera scelta. «Sono io». L’Azienda ha
fornito alla pediatra il contatto telefonico di Anthony .Tutto risale alla mezzanotte di
giovedì 31 luglio del 2003 Anthony Civolani, all’epoca ventinovenne, era appena
uscito dal cinema Cineplex di Due Carrare quando a bordo della sua moto fu protagonista di un incidente terribile: un’auto fece inversione a U e lui non riuscì a frenare in tempo. Il resto lo racconta lui stesso: «Ho perso la gamba destra e sono rimasto in coma per 18 giorni,
con gravi conseguenze anche agli organi interni. Quando mi sono
risvegliato i miei familiari mi hanno raccontato che a salvarmi la vita
era stata una pediatra fuori servizio. si era trovata nel caos dovuto all’incidente. Aveva usato una cintura o
non so cos’altro come laccio emostatico per arrestare l’emorragia.
Vorrei dirle grazie anche a nome di mio papà che oggi non c’è più».Un appello, lanciato lunedì sulle pagine de Il Gazzettino edizine padova \ nord est da cui ho tratto il vdeo e la storia ,
che ha colpito tantissimi padovani. I medici dell’Azienda e i colleghi
dell’Ulss si sono attivati immediatamente condividendo questo desiderio
di chat in chat, fino alla telefonata di ieri mattina. L’appello ha
colto nel segno. Anthony Civolani, che oggi gestisce Villa Conigli a Teolo
e sei anni fa era stato pure candidato consigliere nella lista civica
del sindaco Giordani, attende di poter incontrare di persona la donna ma
intanto scoppia a piangere per la commozione. «Io la considero la mia
pediatra perché lei quel giorno mi ha fatto rinascere. È
come se avessi vent’anni - racconta singhiozzando - e adesso è arrivato
il momento di chiudere quel cerchio». Ma perché ha aspettato tutto
questo tempo per mettersi alla ricerca di quella dottoressa? «Perché
prima non ero pronto - risponde Anthony -. Prima pensavo che incontrare
quella dottoressa avrebbe rappresentato per me un nuovo incontro con il
dolore.
Ora invece sento che è il momento giusto e non vedo l’ora di
farlo». Anthony da tempo si impegna per diffondere messaggi positivi
legati al mondo della disabilità. Ora ha un nuovo esempio da portare: quello dei tanti medici padovani che si sono mobilitati per realizzare il suo desiderio che stando al gazzettino sempre ed padova \ nord est del Venerdì 4 Agosto 2023
di Gabriele Pipia
PADOVA - Un primo abbraccio lungo cinque intensi secondi, un’ora abbondante di chiacchierata e poi un altro abbraccio ancora più forte e sentito. Dopo vent’anni Anthony Civolani ha chiuso il suo cerchio. La notte del 31 luglio 2003 in un terribile incidente stradale perse una gamba ma ieri pomeriggio ha ritrovato la dottoressa che gli salvò la vita. Sarebbe morto dissanguato se quella giovane specializzanda fuori servizio non fosse subito intervenuta in mezzo alla strada arrestandogli l’emorragia. Oggi è un’affermata pediatra, si chiama Barbara Andreola e ha risposto emozionata all’appello lanciato dal padovano sul Gazzettino di lunedì: «So che una pediatra mi salvò ma non so chi sia. Vorrei conoscerla».Tre giorni dopo eccoli qui, quasi coetanei, seduti al tavolino della pasticceria Agostini di Padova. Lui con una maglietta di Batman («perché dopo tutto quello che ho passato mi sento un supereroe») e lei con una t-shirt piena di cuori rossi («molto pediatrica»). Bevono due spremute e si scambiano complimenti reciproci. «Sei un’eroina, mi hai salvato» dice Anthony singhiozzando per la commozione. «Io non sono un’eroina, ti sei salvato perché ti hanno fatto un’operazione - garantisce lei -. Ma sei stato bravo a tenere duro ricostruendo la tua vita». Quella che segue è un’ora di chiacchierata fatta di tante domande reciproche per unire i tasselli mancanti. Una chiacchierata che suona come un inno alla vita.
Prima di raccontare l’incontro bisogna ripercorrere il dramma. Quel giovedì notte di vent’anni fa Anthony è un ventinovenne agente di commercio in sella alla sua nuova moto quando percorre la Strada Battaglia rientrando dal cinema. È stato a vedere “The italian job” e non immagina che un automobilista davanti a lui decida di fare un’improvvisa inversione a U tagliandogli la strada. L’impatto è terribile, Anthony è costretto all’amputazione e passa i successivi due anni e mezzo in carrozzina. Ma molto probabilmente non sarebbe in questo tavolino del bar se su quella strada non ci fosse stata lei, la pediatra che ora ricostruisce tutto scavando nei cassetti della memoria.«All’epoca ero una specializzanda di Pediatria e stavo seguendo un indirizzo di medicina d’urgenza. Stavo tornando da Este dove ero stata a vedere il concerto di Fiorella Mannoia. Ero in auto con il mio futuro marito, ci trovammo incolonnati e vedevo da distante molto fumo. Quando mi avvicinai la situazione era davvero grave, c’era sangue ovunque. Chiesi se c’era qualcosa da utilizzare come laccio emostatico, credo di aver preso una cintura».Anthony ascolta con attenzione e ammette: «Io ho solo tanti flash, non ho un ricordo completo di quella notte». E allora continua la dottoressa: «Insistevi perché volevi toglierti il casco mentre io cercavo di tenerti il più fermo possibile. Nei giorni seguenti mi informai sulle tue condizioni e mi dissero che eri in terapia intensiva. Fu poi un amico ortopedico a raccontarmi che la gamba era stata amputata».Dal lato medico la conversazione si sposta poi sulla dinamica di quel maledetto incidente. Anthony si accende, prende in mano cucchiaini e tazzine e con quelle ricostruisce la dinamica. «Non la scorderò mai».C’è poi spazio anche per il lato più umano. È ancora Anthony, che nel frattempo si è laureato e oggi gestisce una villa per eventi privati sui colli euganei, a parlare con un grande un senso di liberazione: «Devo dirti grazie anche a nome di mio papà che avrebbe tanto voluto farlo ma adesso non c’è più».Il momento del saluto è anche quello della promessa: «Scambiamoci i numeri di telefono e restiamo in contatto». La dottoressa è molto riservata, per nulla amante dei riflettori. Ma capisce bene il valore umano di questa storia e ha risposto all’appello appena ha visto l’articolo condiviso in una chat tra colleghi: «Mi ha fatto piacere, è stata una bella chiusura del cerchio. Spesso quell’incidente mi era tornato in mente».Anthony Civolani ha realizzato il suo desiderio. Per vent’anni non aveva cercato la pediatra «perché incontrarla avrebbe significato incontrare nuovamente il dolore» ma negli ultimi giorni si è sentito finalmente pronto. Per aiutarlo dopo l’appello lanciato sul giornale si sono mobilitati tutti: il dg dell’Azienda ospedaliera Dal Ben e la direttrice della pediatria Da Dalt, il presidente della federazione dei pediatri padovani Pisetta e tantissimi colleghi. Alle quattro del pomeriggio, uscendo dal locale, Anthony sorride. Per aver realizzato il suo desiderio, ma anche «per tutte quelle persone che hanno preso a cuore la mia storia».
di Gabriele Pipia
PADOVA - Un primo abbraccio lungo cinque intensi secondi, un’ora abbondante di chiacchierata e poi un altro abbraccio ancora più forte e sentito. Dopo vent’anni Anthony Civolani ha chiuso il suo cerchio. La notte del 31 luglio 2003 in un terribile incidente stradale perse una gamba ma ieri pomeriggio ha ritrovato la dottoressa che gli salvò la vita. Sarebbe morto dissanguato se quella giovane specializzanda fuori servizio non fosse subito intervenuta in mezzo alla strada arrestandogli l’emorragia. Oggi è un’affermata pediatra, si chiama Barbara Andreola e ha risposto emozionata all’appello lanciato dal padovano sul Gazzettino di lunedì: «So che una pediatra mi salvò ma non so chi sia. Vorrei conoscerla».Tre giorni dopo eccoli qui, quasi coetanei, seduti al tavolino della pasticceria Agostini di Padova. Lui con una maglietta di Batman («perché dopo tutto quello che ho passato mi sento un supereroe») e lei con una t-shirt piena di cuori rossi («molto pediatrica»). Bevono due spremute e si scambiano complimenti reciproci. «Sei un’eroina, mi hai salvato» dice Anthony singhiozzando per la commozione. «Io non sono un’eroina, ti sei salvato perché ti hanno fatto un’operazione - garantisce lei -. Ma sei stato bravo a tenere duro ricostruendo la tua vita». Quella che segue è un’ora di chiacchierata fatta di tante domande reciproche per unire i tasselli mancanti. Una chiacchierata che suona come un inno alla vita.
Prima di raccontare l’incontro bisogna ripercorrere il dramma. Quel giovedì notte di vent’anni fa Anthony è un ventinovenne agente di commercio in sella alla sua nuova moto quando percorre la Strada Battaglia rientrando dal cinema. È stato a vedere “The italian job” e non immagina che un automobilista davanti a lui decida di fare un’improvvisa inversione a U tagliandogli la strada. L’impatto è terribile, Anthony è costretto all’amputazione e passa i successivi due anni e mezzo in carrozzina. Ma molto probabilmente non sarebbe in questo tavolino del bar se su quella strada non ci fosse stata lei, la pediatra che ora ricostruisce tutto scavando nei cassetti della memoria.«All’epoca ero una specializzanda di Pediatria e stavo seguendo un indirizzo di medicina d’urgenza. Stavo tornando da Este dove ero stata a vedere il concerto di Fiorella Mannoia. Ero in auto con il mio futuro marito, ci trovammo incolonnati e vedevo da distante molto fumo. Quando mi avvicinai la situazione era davvero grave, c’era sangue ovunque. Chiesi se c’era qualcosa da utilizzare come laccio emostatico, credo di aver preso una cintura».Anthony ascolta con attenzione e ammette: «Io ho solo tanti flash, non ho un ricordo completo di quella notte». E allora continua la dottoressa: «Insistevi perché volevi toglierti il casco mentre io cercavo di tenerti il più fermo possibile. Nei giorni seguenti mi informai sulle tue condizioni e mi dissero che eri in terapia intensiva. Fu poi un amico ortopedico a raccontarmi che la gamba era stata amputata».Dal lato medico la conversazione si sposta poi sulla dinamica di quel maledetto incidente. Anthony si accende, prende in mano cucchiaini e tazzine e con quelle ricostruisce la dinamica. «Non la scorderò mai».C’è poi spazio anche per il lato più umano. È ancora Anthony, che nel frattempo si è laureato e oggi gestisce una villa per eventi privati sui colli euganei, a parlare con un grande un senso di liberazione: «Devo dirti grazie anche a nome di mio papà che avrebbe tanto voluto farlo ma adesso non c’è più».Il momento del saluto è anche quello della promessa: «Scambiamoci i numeri di telefono e restiamo in contatto». La dottoressa è molto riservata, per nulla amante dei riflettori. Ma capisce bene il valore umano di questa storia e ha risposto all’appello appena ha visto l’articolo condiviso in una chat tra colleghi: «Mi ha fatto piacere, è stata una bella chiusura del cerchio. Spesso quell’incidente mi era tornato in mente».Anthony Civolani ha realizzato il suo desiderio. Per vent’anni non aveva cercato la pediatra «perché incontrarla avrebbe significato incontrare nuovamente il dolore» ma negli ultimi giorni si è sentito finalmente pronto. Per aiutarlo dopo l’appello lanciato sul giornale si sono mobilitati tutti: il dg dell’Azienda ospedaliera Dal Ben e la direttrice della pediatria Da Dalt, il presidente della federazione dei pediatri padovani Pisetta e tantissimi colleghi. Alle quattro del pomeriggio, uscendo dal locale, Anthony sorride. Per aver realizzato il suo desiderio, ma anche «per tutte quelle persone che hanno preso a cuore la mia storia».
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