24.8.23

Se la democrazia diventa il diritto della maggioranza o minoranza ( dipende da come lo si vede ) a dare dei “non normali” a tutti gli altri siamo all'anticamera della dittattura

in sottofondo  
CARA DEMOCRAZIA- Ivano Fossati


L'articolo   che  riporto sotto    tratta un argomento serissimo e molto critico in maniera  sagace  ed ironica  La democrazia, se non opportunamente supportata da regole   e  da buon senso  inflessibili, rischia (  semre che  non lo sia  già )  la sua stessa fine. Infatti è necessario riconoscere quando un soggetto pubblico (  e no solo  )infrange le regole, quando un personaggio pubblico passa il Rubicone, ed intervenire oltre la  normale  durezza  . Quando non è stato fatto, in passato, la democrazia è stata sovvertita da questi soggetti che ,in nome del loro credo, hanno ridotto  e  cancellato le libertà una volta al potere.


Per cui sarebbe antidemocratico non consentire a chi lo vuole fare di usare epiteti come “frocio”, “ricchione” o “culattone”


Dai, ragazzi, dovremmo essere davvero contenti.Con tutti quelli che stanno prendendo posizione, in modo anche molto acceso e talora pittoresco, per la libertà di parola ed espressione direi che non dobbiamo preoccuparci di nulla. Il best seller autoprodotto del generalissimo ha fatto anche cose buone, dunque: abbiamo la certezza di trovarci davvero in uno stato democratico in cui la libertà di parola ed espressione è garantita e difesa. La difende con decisione quello che da ministro dell’Interno durante le sue manifestazioni faceva rimuovere gli striscioni (memorabile l’identificazione del ragazzo che brandiva il cartello con la scritta sovversiva: “Ama il prossimo tuo”). La difendono autentici nostalgici del Ventennio – mitica era in cui la cura per il dissenso e la libertà di parola era manganello e olio di ricino – invocando con alti lai la Costituzione antifascista, che fosse stato per loro nemmeno esisterebbe. La difendono quelli per cui se critichi il governo sei “antitaliano” e antipatriottico. La difendono ultracattolici per i quali, evidentemente, rivendicare “il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente” è una cosa altamente cristiana (c’è pure un sottosegretario che ha accostato le tesi del generale a quelle di papa Francesco: ma sì, in fondo è quasi un’enciclica).Meraviglioso, e rassicurante, no?Certo, ancora ce n’è di strada, per una vera “libertà di parola”. Pensate a quell’elenco – appunto – di parole che, in un passo del libro (22mila copie vendute, mica cotica), il generale elenca, con dispiacere, come espunte dall’uso. Certo, come sostengono tanti dei suoi difensori, per colpa del “pensiero unico”.
In effetti, che libertà è se non si può dire serenamente che gli omosessuali “non sono normali” (“normali non lo siete, fatevene una ragione!”, è scritto), o appellarli con tanti coloriti epiteti figli della più maschia tradizione? Dai, perché mai qualcuno dovrebbe offendersi o soffrirne? Perché mai questa distinzione dovrebbe essere la base per l’omofobia che genera esclusione, discriminazione e anche violenza?
Che libertà è se non si può serenamente sostenere (senza essere criticati e attaccati, che noia) che “le femministe sono moderne fattucchiere” la cui “subdola propaganda anti-maternità intesa come schiavitù della donna ha sicuramente contribuito alla crisi della natalità pur non conseguendo quei tanto pubblicizzati obiettivi di emancipazione femminile?”.
E perché mai qualcuno, magari un autorevole membro del governo, dovrebbe trovare queste tesi “farneticanti”? Non sarà mica di sinistra?
Ma che andate a pensare, su.In effetti, se in questo momento ci sono 22mila persone che stanno leggendo queste pagine, liberamente acquistabili, e noi che qui ne stiamo parlando, la libertà c’è. E forse quel “pensiero unico” (ma chiamiamolo direttamente "pensiero", va), che cosa bizzarra, garantisce persino la libertà di espressione di tesi del genere. Per il notissimo paradosso della tolleranza: una società tollerante deve tollerare gli intolleranti. Quelli che trovano ogni forma di inclusione deteriore, che bollano come “diversi” gruppi nei quali non si riconoscono, o non riconoscono il “noi” in cui si identificano (gli eterosessuali, i bianchi, i maschi, gli occidentali…). Quelli per cui l’accoglienza è “buonismo”, e la giustizia sommaria è solo giustizia in purezza, senza quei lacci e lacciuoli dei codici e dei tribunali. Quelli per cui esisterebbe una “dittatura delle minoranze”, che si spinge fino a togliere a loro – autoproclamata maggioranza – il sano diritto a dare dei “non normali” a tutti gli altri (e li costringe a dover rinunciare a epiteti come “frocio”, “ricchione” o “culattone”: ah signora mia, che rinunce lessicali e umane che ci chiede, questo mondo buonista e progressista!). Peccato che la democrazia consista proprio nel modo in cui le maggioranze sanno prendersi cura delle minoranze, e garantire i loro diritti.Ma dai, su queste cose noiose stiamo lavorando: i diritti di chi non vuole i diritti per tutti sono sempre una bella sfida, e una certezza democratica.


Infatti  mentre    ho fiito di  copiare quest articolo  e  che  mi arriva   la notifica    no ricordo se  di bing  o    di google    di tale   notizia  



la  stampa   23 Agosto 2023Aggiornato alle 19:47


“Ebrei una razza di mercanti che stuprano donne”. La canzone di De Angelis solleva la protesta della comunità ebraica: “Parole vergognose”
Un’altra bufera in Regione Lazio coinvolge il capo della comunicazione, che si difende: «Sono cambiato, imbarazzo e orrore per Settembre Nero» 

  


Il testo antisemita di una canzone scritta da Marcello De Angelis, capo della comunicazione della Regione Lazio, ha scatenato prima il Pd e poi lo sdegno della comunità ebraica, causando una bufera all’interno della Regione. Una nuona bufera, dopo quella della «riscrittura» della Strage di Bologna.«Ripudiamo i luoghi comuni dell'antisemitismo e le vergognose distorsioni della verità storica". Lo ha scritto sui suoi canali social il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun, commentando la canzone antisemita «Settembre Nero», il cui testo è stato scritto da Marcello De Angelis, responsabile della Comunicazione Istituzionale della Regione Lazio.
«Un testo che riprende stereotipi antiebraici - ha detto Fadlun - e distorce gli avvenimenti storici, elogiando il terrorismo palestinese macchiatosi di imperdonabili atrocità a danno di innocenti atleti israeliani nell'attentato del settembre del 1972 presso il villaggio olimpico di Monaco».
«Marcello De Angelis, dopo le dichiarazioni fasciste sulla strage di Bologna, si ripete e sporca nuovamente le istituzioni del nostro Paese, definendo gli ebrei 'una razza di mercanti, che cantano pace ma stuprano donne'. Di fatto rispolverando la vecchia propaganda antisemita, nazista e fascista, che l'Italia ha conosciuto fin troppo bene», tuona l'assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative di Roma Capitale, Tobia Zevi.
«La canzone, cantata dal gruppo di cui è frontman e autore '270 bis' - aggiunge - è stata reinserita addirittura nel 2003 nel best of della banda, quindi tutt'altro che rinnegata. Caro De Angelis, io sono ebreo, ma non sono un mercante, come se fosse un insulto esserlo, non appartengo a nessuna 'razza' e non sono uno stupratore di donne. Con quale supponenza il portavoce della Regione Lazio tenta di giustificare le azioni dei terroristi di Settembre Nero dando responsabilità inesistenti agli ebrei? Mi auguro che il governatore Francesco Rocca, davanti a un episodio così chiaro di antisemitismo, prenda subito le distanze da De Angelis - conclude Zevi - e lo allontani definitivamente dalla Regione Lazio e da qualsiasi altro incarico istituzionale»
La risposta del capo della comunicazione della Regione non si è fatta attendere: «Il testo della canzone Settembre Nero risale a un periodo della mia vita in cui non mi riconosco. A rileggere quelle parole oggi provo imbarazzo e orrore, così come oggi non riscriverei altre canzoni realizzate in passato. Negli ultimi vent’anni la mia vita è radicalmente cambiata, anche e soprattutto grazie alla mia esperienza umanitaria in Croce Rossa. Ho dedicato anni al rispetto dei valori dell'imparzialità e della neutralità, porta di aiuto a chi soffre e facendo del mio meglio per mettermi al servizio del prossimo senza distinzioni. In questi vent'anni ho radicalmente cambiato la visione della vita, dell'umanità e di me stesso. Sono consapevole che il testo di quella canzone possa provocare ancora oggi offese e sofferenza. Non posso purtroppo tornare indietro e cancellare il passato. Posso solo impegnarmi ogni giorno per riparare».
Carlo Calenda, segretario di Azione: «Questo De Angelis ha passato il limite da molto tempo. Rocca dovrebbe averlo già licenziato. C'è in questo paese un ribollire di schiuma razzista, omofoba e antisemita che va fermato. E Giorgia Meloni non può continuare a far finta di nulla».

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