Inizialmente volevo chiedere a FdI che vuole candidare la madre di
Giovanbattista Cutolo detto Giogiò, ucciso a Napoli e al Pd che in risposta vuole fare altrettanto candidando
Gino Cecchetin il padre della povera Giulia , per pietà , cbe fermino questa macabra giostra .
Ma devo essere stato anticipato visto che Gino Cecchettin il padre di Giulia a differenza di . Daniela Di Maggio, madre di Giogiò, ha avuto un barlume di razionalità e buon senso visto che smentisce e minaccia azioni legali perché la notizia di una possibile candidatura col Pd nel Nord Est – pubblicata dal Fatto – “sta generando numerosi commenti diffamatori e inaccettabili”. Infatti << Il signor Gino Cecchettin, nostro tramite, rappresenta che le notizie secondo le quali lo stesso sarebbe in procinto di candidarsi o di essere candidato alle elezioni europee con il Partito democratico sono prive di fondamento e quindi false". Lo fanno sapere gli avvocati Nicodemo Gentile e Stefano Tigani.>>
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L'ambasciastore di Israele << vergognoso usare il festival per diffondere odio >> in effetti meglio le bombe
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DA GHALI A GEOLIER, POCHI (TELE)VOTI E IL VENTICELLO RAZZISTA TORNA A SOFFIARE
Prima di Ghali, fu Geolier. Purtroppo sì, siamo messi così. Andiamo per ordine: un trentenne italiano figlio di genitori tunisini, ormai diventato uno dei cantanti più acclamati in Italia, è ancora alle prese con le difficoltà di spiegarci di essere veramente italiano, e non a caso come cover da portare sul palco ha scelto un medley nel quale ha messo in fila alcuni versi di una canzone in arabo, ‘Un italiano vero' di Toto Cutugno e la sua hit più nota e forse più politica ‘Cara Italia', Oh eh oh, quando mi dicon “Va' a casa/ Oh eh oh, rispondo “Sono già qua”/oh eh oh, io T.V.B. cara Italia/oh eh oh, sei la mia dolce metà. Insomma Ghali ha zelantemente fornito a tutti i suoi compaesani una specie di tutorial su come si è evoluta l'italianità. Mentre il dibattito cominciava ad accendersi su questo fronte, tra meticciato, ius soli, radici da proteggere, patria, nazione, metti il confine togli il confine, ecco che arriva l'elemento che spegne tutte le nostre velleità d'ingresso nella contemporaneità del terzo millennio e ci riporta dritti dritti al Novecento.
Geolier, giovanissimo rapper napoletano, adorato praticamente da tutti gli under venti, il suo album ‘Il coraggio dei bambini' è il più venduto e il più ascoltato su Spotify nel 2023, ha portato a Sanremo una canzone in dialetto napoletano, anche con l'idea di omaggiare la cultura partenopea. E in questa direzione ha deciso di farsi accompagnare da Gué, Luché e Gigi d'alessio nella serata delle cover, con i quali si è esibito in un medley di canzoni napoletane. La vittoria di Geolier proprio in una serata ricca di ospiti famosi e pezzi storici è bastata per riprecipitare l'italia in uno dei suoi vizi peggiori: quel malcelato, tanto negato quanto insuperabile, razzismo nei confronti di chi non solo viene dal Sud, ma ha anche la tracotanza di rivendicarlo. Innanzitutto la platea dell'ariston ha sgraziatamente fischiato un ventenne, per la prima volta a Sanremo, mentre ritirava il suo premio, e subito a seguire una valanga di commenti sprezzanti ha rimesso in scena il copione che abbiamo ascoltato in loop nei talkshow degli ultimi cinque anni: “I voti di Geolier comprati coi soldi della camorra”, “il televoto comprato coi soldi del reddito di cittadinanza”, “non canta in italiano, cosa ci fa qui?”.
È bastato un attimo e la macchina del tempo ci ha riportati dallo Ius soli alla questione meridionale: una manciata di televoti e la fotografia che ci torna indietro è quella di un'italia ancora ripiegata su vecchi tic e inossidabili pregiudizi, desiderosa di emanciparsi ma del tutto incapace di evolversi.
infatti
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