17.4.18

finalmente si sperimenta un modo nuovo d'insegnare religione in una scuola ormai sempre più multietnica e più confessionale

Io di formaziione  cattolica prima  confessionale   poi laica   ,  cresciuto  nell'epoca  di transizione fra   :  il primo concordato quello del 1929   ( patti lateranensi  )   e quello del nuovo concordato o concordato bis ( L'accordo di Villa Madama ) 1984 , lo  dico d'anni   chela religione   va  iinsegnata  in un modo   diverso    sopratutto    visto  che  dal 1992   l'italia sta sempre  diventando   sempre  più multi etnca  . Ebbne   eccoi che a Bologna  ,  nella cattoliccissima  Emilia Romagna  ,  si sperimenta   fra  alti  e  bassi  un  modo  nuovo  d'insegnare  religione  . Un primo passo  ,  se  pur  timido     di laicizzazione  (  che  ancora  tarda  ad  arrivare  )    della scuola  .  

  da  repubblica  d'oggi  

               ILaria Venturi

Patrick prende coraggio, è il faraone: legge la sua parte al centro dell’aula, sguardo basso e copione in mano, viene applaudito dai compagni, proprio lui ragazzino rom che nemmeno voleva recitare. Mario, il protagonista, è gasatissimo.
Afef è la narratrice, introduce poi si ferma mangiucchiandosi le dita: «Ma come sono andata?».

Bologna. L’ora delle religioni: in aula a lezione di dialogo

«Brava, solo alza la voce». I professori incoraggiano. Bruno Nataloni, insegnante di religione, è anche attore. Paolo Bosco, docente di italiano che fa l’ora di alternativa, ha scritto il canovaccio con gli alunni della seconda B tenendo insieme il racconto biblico sul figlio di Giacobbe e Rachele, ripreso anche dal Corano e rivisitato da Thomas Mann in una sua opera.
Dentro c’è tutto: l’amore, i sogni, la cacciata dello straniero, il bivio nella scelta tra vendetta e perdono. Prove di teatro in classe che in realtà sono prove di integrazione. È l’ora del dialogo.
Tra mondi, culture, religioni.
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Alle medie Saffi, scuola nel quartiere popolare e multietnico di Bologna, l’ora di religione cattolica si fa insieme all’attività alternativa. Almeno, lo si sperimenta. È un progetto annuale votato dal collegio dei docenti, condiviso coi genitori.
Invece di dividere gli studenti, i quattro insegnanti dell’istituto dove sei ragazzini su dieci hanno genitori stranieri (l’80 per cento in alcune classi), hanno deciso di unire le lezioni stando in aula in due. Un modello che ricorda la cattedra dei non credenti del cardinale Martini, in linea con la pastorale di Bergoglio e del vescovo Matteo Zuppi designato sotto le Torri, che sul progetto non si è ancora espresso. Una sfida in un istituto di frontiera dove cresce tra i banchi un mondo: dal Pakistan alla Romania, dall’India al Marocco.
Risultati immagini per ora alternativa a quella di religioneLa sperimentazione prova a tenere insieme ciò che fuori dalla scuola si divide. «Nel quartiere i nostri studenti vivono in mondi separati tra famiglie italiane e immigrate. Noi che facciamo intercultura in tutte le materie, anche quando insegniamo matematica, non potevamo continuare a dire in queste nostre ore di religione e alternativa: tu con me, tu fuori con gli altri. La società corre in fretta, da noi è già multietnica: ci devi fare i conti», racconta Paolo Bosco. Anche perché in alcune classi chi fa religione cattolica è davvero una minoranza, se non un solo alunno. «Così abbiamo deciso di prendere di petto la questione gettando ponti tra pensiero laico, ateo, di altre fedi e quello cattolico. Nell’insegnamento a scuola la religione è comunque un fatto culturale», spiega Bruno Nataloni.
Nella terza A fanno lezione Giampaolo Pierotti e Francesca Matrà. Tommaso mostra la mano che ha disegnato sul quaderno: ogni dito rimanda a valori come amicizia, fiducia, lealtà. «Il pollice è potere: cosa io posso essere».
Sull’idea di pace nelle religioni la classe ha musicato un rap.
Una strofa l’ha scritta Hamza: «Lo straniero non deve essere costretto a camminare con lo sguardo basso». Bibbia e Costituzione. Precetti religiosi e laici a confronto. L’insegnamento di Gesù, “amate gli altri come voi stessi”, viene visto anche nelle altre fedi e calato nella vita di dodicenni. E allora c’è chi si racconta: «Alle elementari quando mi chiamavano ficcanaso mi nascondevo sotto al banco».
Damiano si accoda: «Mi chiamavano Ciccio pasticcio. Mi infastidiva molto, non devi fare agli altri quello che ferisce te stesso». Alzano la mano. «Se tu aiuti un altro, magari poi quello si ricorderà e farà lo stesso con te», ragiona Sara. «Se mia madre non fosse nata io non ci sarei», suggerisce Nahim. Ale dice la sua: «Anche gli stranieri vanno accolti». Diritto di cittadinanza, osserva l’insegnante di alternativa, mentre il collega di religione mostra la foto di suo nonno emigrato in Colorado.
Ridono: «Non ti somiglia». Poi capita che si parla di Abramo e allora è Iman, musulmana, ad alzare la mano: «Prof, questa storia la so anch’io, posso raccontarla?».



Ma però  c'è ancora   qualcosa  che non  funziona   completamente ( capita   quando  si prova  a sperimentare    metdi nuovi   ed  alternativi  a  quelli  ufficiali )   come dimostra questo articolo qua  sotto preso da https://corrieredibologna.corriere.it/bologna/cronaca/18_aprile_10/


Bologna: ora di «religioni», la bimba costretta a lasciare l’aula
Don Minzoni, la piccola è l’unica a non partecipare al progetto sperimentale sul dialogo interreligioso. La madre: «Mia figlia è sempre stata iscritta all’ora di alternativa che adesso non esiste più. È stato leso un suo diritto»
                       di Daniela Corneo


BOLOGNA - Il Comitato Scuola e Costituzione incontrerà a breve la preside dell’Ic 11 Filomena Massaro per avere chiarimenti sull’ora di «religioni» alla primaria don Minzoni in San Donnino e alle medie Saffi al Pilastro. «Con noi porteremo due famiglie con i figli alle don Minzoni che nutrono dubbi sul progetto e a cui non è stata garantita l’attività alternativa. E inviteremo anche i rappresentanti di altre confessioni religiose», dice il presidente, Bruno Moretto.
Elena Bonora è la mamma di una bimba di terza elementare alla primaria Don Minzoni. L’unica alunna nella sua classe a non partecipare al progetto sperimentale sul dialogo interreligioso avviato quest’anno su proposta della docente di religione e dei suoi colleghi. «Mia figlia — racconta Bonora — è sempre stata iscritta all’attività alternativa e avremmo continuato anche quest’anno, se non ci fosse stato questo progetto che ci è stato presentato come inclusivo. Ma non è inclusivo, perché non contempla il punto di vista degli atei». Quindi la famiglia è rimasta sulla propria posizione, ma la bimba, quando c’è l’ora di «religioni» con l’insegnate di religione cattolica e la collega di attività alternativa in compresenza, lascia l’aula e va in un’altra terza a seguire le lezioni che si stanno facendo in quel momento. «Di fatto — continua Bonora — l’ora alternativa per lei non esiste più. Ho visto leso un mio diritto e siamo stati accontentati con una toppa, senza contare che mia figlia adesso chiede di stare con i suoi compagni, quando per tre anni questo problema non si è mai posto».
Risultati immagini per ora alternativa a quella di religione
Adesso la famiglia dell’alunna si farà affiancare nella sua battaglia da Scuola e Costituzione che sta ricevendo diverse testimonianze di genitori contrari al progetto. A bussare alla porta del Comitato, qualche giorno fa, è arrivata anche Ilaria Bonato, una figlia in quarta alle Don Minzoni. Lei, a differenza di Bonora, al progetto proposto a inizio anno ai genitori ha dato il proprio consenso. «L’ho fatto laicamente — racconta — anche se alcune cose non mi hanno convinta da subito, però avevo notato che l’anno scorso le proposte dell’ora alternativa erano un po’ sfumate ed era diventata un’ora per fare i compiti. Quest’anno ci hanno prospettato di unire la classe e visto che per noi era importante il tema del dialogo interreligioso, abbiamo aderito». Ma Bonato, come altre famiglie atee che hanno aderito alla sperimentazione, avevano chiesto che ci fosse, proprio in virtù della sperimentazione, un maggiore coinvolgimento delle famiglie. «E invece — continua Bonato — non c’è stato e quello che noto è un po’ l’estemporaneità di un progetto che va invece a toccare delle corde molto sensibili. Vorrei fosse un progetto interculturale, più che interreligioso, e che fossero resi noti contenuti, strumenti e programmazione. In caso contrario, l’anno prossimo non aderirò più».


Ma    secondo     ----  sempre  dal corriere  ---    il Circolo Uaar, che riunisce gli atei e gli agnostici razionalisti: «Ben venga lo studio delle religioni, dell’ateismo e dell’agnosticismo, ma senza docenti scelti dal vescovo per insegnare “in conformità della dottrina della Chiesa”». 

Quindi  si è  sulla  buona strada  .  meglio  tardi che mai  .

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