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La sfida di Maria Cristina Soldi: fa campagna elettorale sulla panchina dove il fratello morì durante un Tso

di cosa  stoiamo parlando   
Morto durante un Tso violento, pena ridotta ai vigili e allo psichiatra: un anno e 6 mesi19 Ottobre 2020

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05 SETTEMBRE 2021 

La sfida di Maria Cristina Soldi: fa campagna elettorale sulla panchina dove il fratello morì durante un Tso

                                      di Diego Longhin

Maria Cristina Soldi Candidata per il Comune con i Moderati: 




“Io non sono qui solo per Andrea. Io sono qui perché quello che è successo ad Andrea non accada più a nessuno. E non penso solo ai malati psichiatrici, ma a chi è più fragile e non viene ascoltato. Voglio dar voce a tutti loro”. Maria Cristina Soldi è la sorella di Andrea Soldi che il 5 agosto del 2015 perse la vita causa un Tso. Da allora combatte per evitare che quello che ha subito Andrea, tra la stretta al collo, le manette e il trasporto fatale a testa in giù all’ospedale Maria Vittoria, non debba più subirlo nessuno. Ieri era nei giardini di piazza Umbria, dove si trova la panchina da cui è stato preso con la forza suo fratello, il gigante buono. E’ stata li ieri, per parlare con la gente, con chi conosceva Andrea e con chi invece voleva incontrare Maria Cristina. La sorella ha deciso di candidarsi con i Moderati e sostenere Stefano Lo Russo sindaco perché pensa che il sacrificio del fratello debba servire a qualche cosa. Oggi sarà ancora li, sulla panchina, in piazza Umbria.

Andrea Soldi, morto durante un Tso



Perché ha scelto questo posto per il via alla sua campagna elettorale?
“Perché voglio trasformare la panchina di Andrea in un luogo dove incontrare le persone, dove raccogliere le richieste delle persone fragili, di chi non ha voce. Voglio raccogliere le loro paure e raccontarle in Sala Rossa. Tutti devono sentire quali sono i loro problemi. E pensare quali possano essere le soluzioni”

Tornerà qui anche se sarà eletta?
“Si. Sarò qui sempre. Sarà una sorta di punto di ascolto per me, dove i torinesi mi potranno incontrare”.

Lo psichiatra e i tre vigili che hanno eseguito il Tso sono stati condannati. Le basta?
“Non può bastare, di notte mi sveglio ancora per il dolore. Sono ancora devastata. Ho le immagini di Andrea davanti, quelle sorridenti e quelle dell’ospedale, dove ha i segni sulla pelle. Non volevo trasformare questo dolore in rancore e l’ho trasformato in amore. In memoria di Andrea voglio aiutare gli altri”.

Vuole aiutare i malati psichiatrici?
“Non solo. Voglio aiutare i più deboli. Vede. Il Tso è anche un gran modo per non affrontare i problemi e per evitare di potenziare e migliorare i servizi. Il Tso dovrebbe essere l’intervento in extremis, quando c’è un pericolo per gli altri o per la persona. Mio fratello non era in queste condizioni. E molti altri non lo sono. Il numero di Tso non dovrebbe essere alto, come a Torino, bisognerebbe evitarli prima. In Friuli Venezia Giulia e in Emilia Romagna, dove i servizi funzionano. E poi dovrebbe essere lo psichiatra a gestire tutto il processo e a bloccarlo”.





Lo psichiatra di suo fratello vi ha mai chiesto scusa?
“No, scusa mai. Ci ha detto che le dispiaceva per quello che era successo. E ci ha sempre salutati al processo. Gli agenti della polizia municipale invece sono sempre stati presuntuosi e arroganti. Non ci hanno nemmeno mai rivolto la parola”.

Chi le ha proposto di candidarsi?
“E’ stato Silvio Magliano. Il 26 luglio mi ha chiamato per farmi gli auguri. Ho compiuto 56 anni. L’avevo conosciuto all’inaugurazione della targa sulla panchina. L’obiettivo non era farmi gli auguri. Gli ho detto: ci penso”.

E poi cosa è successo?
“Due persone mi hanno fatto dire di sì. Prima una persona fragile che dopo la cerimonia alla panchina mi ha detto che davo voce alle persone come lei. L’altra è una giovane di Amnesty che mi ha cercato dopo essere venuta a Torino per la cerimonia: le racconto della proposta e mi dice di accettare, di aprire un varco”.

Lei vive a Peschiera Borromeo, pensa di tornare a Torino?
“Qui vive mio padre, ho una casa di appoggio. Non penso di trasferirmi, ma se sarò eletta farò in modo di essere presente”.

Cosa le ha detto suo padre della candidatura?
“Mi ha detto di accettare, che era un segno, un segno mandato da Andrea…”

Non pensa che il Comune possa fare poco visto che la competenza sanitaria è materia della Regione?
“Non è vero. Il Comune può fare molto. Aumentare i servizi e l’assistenza. Può dare borse lavoro e studio. Mio fratello era in una condizione di disagio perché era rimasto senza lavoro. Avesse trovato altro, sostenuto dal pubblico, forse non sarebbe andato in giro tutto il giorno, forse non si sarebbe chiuso ancora…”

Chi lo conosceva è venuto a parlare con lei?
“Si, è mi ha fatto piacere. E’ passato anche l’allenatore dell’Ives, la società di calcio dove Andrea andava per dare una mano. Mi raccontava che le mamme le lasciavano i bambini da guardare. Forse mio fratello non era così pericoloso”.

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