Dal Friuli agli States per andare in buca A Manhattan l’italiano Federico Frangiamore dà lezioni di golf (indoor) a chi non ha tempo di passeggiare sui prati. E così è diventato una piccola, e ben pagata, celebrità.




Sul Venerdì del 21 gennaio 2022


NEW YORK.
Giocare a golf in venti metri quadrati. Praticamente un tinello. Ultra-tecnologico, però. Con telecamere
che misurano la velocità del colpo, l'angolazione dell'impatto, la distanza percorsa dalla palla e così via. È quel che succede al Five Iron, il campo indoor a due passi dal celebre gran magazzino Macy's. È questo il regno di Federico Frangiamore, 35 anni, da Pordenone, che insegna lo swing ai newyorchesi che se lo possono permettere. E qui la notizia, oltre al fatto che questi micro-campetti al chiuso siano sempre pieni giorno e notte, è che tra tutti i possibili maestri gli americani scelgano proprio un italiano. Che, a parti invertite, è un po' come se nel calcio da noi facesse fortuna un allenatore yankee (ipotesi dell'irrealtà così estrema che ci han costruito sopra Ted Lasso, un serie tv da ridere). Eppure va proprio così e, alla modica cifra di 175 dollari l'ora, questo affabile friulano da esportazione va via come il pane. Abbiamo cercato di capire il perché.
Martedì sera, un quarto alle sette, Frangiamore ha appena finito una lezione e per l'occasione si è tenuto libero per il resto della serata. Maglioncino bianco a losanghe verdi e grigie, polo bianca col colletto rialzato, capelli neri con la scriminatura nel mezzo: la sua è la faccia rilassata di uno che ce l'ha fatta e non ha alcun imbarazzo ad ammetterlo. Mi fa fare un giro del locale, pienissimo di manager che hanno appena staccato dall'ufficio e di amici e fidanzate che li guardano allenarsi a bordo campo, spiluccando hamburger e patatine ("Non c'è attività umana che gli americani concepiscano senza mangiare" giustamente osserva).

I campi indoor del Five Iron (Riccardo Staglianò)


Il centro di tutto sono questi simulatori di ultimissima generazione. Immaginate per terra un rettangolo d'erba sintetica sei metri per quattro che finisce con un muro che consiste in un telone a cui sono attaccati un sacco di sensori contro il quale la palla andrà scagliata. Una telecamera riprende il giocatore da dietro e un'altra di lato per osservare il movimento da diverse angolature. Così, oltre a fidarti di quel che ti dice il maestro, puoi anche rivederti per capire esattamente dove hai sbagliato.
Frangiamore è qui da stamani alle nove. Cerca di non esagerare e la sua settimana tipo è dal martedì al sabato, ma se si tratta di accontentare i clienti ha fatto lezioni anche alle sei di mattina o alle nove di sera. "Questa è gente molto impegnata" dice, "e al lavoro non si dice di no".

L'asma da bambino

Il golf, per lui, è una faccenda di famiglia. Suo padre, gioielliere pordenonese, giocava, e sua madre, dopo il divorzio, è andata a vivere in un golf club. Anche le due sorelle giocano, ma son più brave nel tennis (tra le prime mille al mondo nella classifica Itf). Da bimbo asmatico Federico non poteva fare altri sport ma questo sì. Dunque pratica da quando si può ricordare. Primo torneo a cinque anni, nazionale a sedici, professionista a diciannove. Fa il maestro a Lignano, poi a Caorle. Diventa Head Pro, la cintura nera del golf, nel 2015. Nel negozio paterno, dove dà una mano, conosce la donna che diverrà sua moglie, concittadina che fa la manager della logistica nel New Jersey. Che sta a fare in provincia quando oltre oceano c'è pieno di paradisi delle diciotto buche? Chiede un visto 01, per "abilità speciali", e glielo concedono.2021Dieci anni fa si trasferisce. A un evento della Camera di commercio appende un foglio proponendo lezioni. Passano due ore e riceve quaranta email. Forse non è stata una cattiva idea. Lo prendono al Golf Manhattan, un campo tradizionale, dove resterà tre anni. Da lì passa a Brooks Brothers, sì, la catena di abbigliamento. Nello storico e immenso negozio di Madison Avenue hanno pensato bene di montare un simulatore di ultima generazione ma serve un insegnante. Frangiamore, elegante ed esotico al punto giusto per via dell'accento (ci ride su a tutt'oggi: "If only I could speak English", sospira, quando ovviamente lo parla bene), si presenta e ci resta fino all'inizio della pandemia quando il negozio chiuderà. È in questo periodo che il New Yorker se ne accorge e gli dedica un ritrattino incuriosito e complimentoso.

L'onestà prima di tutto

Autoironia a parte, perché vengono da lui? "Mah, perché a dispetto dell'idea comune noi italiani siamo giocatori più tecnici. E poi forse li illudo meno dei maestri locali: non dico mai "wow, sei il migliore". È un'onestà che evidentemente paga". Ma quanto tempo serve per imparare? "Dipende, ovviamente, ma direi che in 4-6 mesi di lezioni arrivi alla sufficienza e poi mantieni con due ore di pratica e una lezione alla settimana".
Non so perché ma la mia calcolatrice interiore ha cominciato a funzionare: gli faccio notare che è uno sport molto elitario. Nega e abbozza una lista della spesa minima: "Una sacca con quattordici bastoni si trova anche usata sugli 800 dollari. Per i campi si va dai 35 ai 250 dollari, è molto variabile. E le lezioni vanno dagli 80 ai 200". Appunto. Ma ormai ha interiorizzato il tenore di vita newyorchese ("Qui si deve moltiplicare tutto per tre, a partire dal prezzo di un caffè") e obietta che anche tennis e sci non sono da meno. Con il vantaggio supplementare, nel caso dell'indoor, che invece di stanziare cinque ore medie per terminare diciotto buche e un paio d'ore di viaggio per andare e venire dai campi fuori città qui in un'ora-un'ora e mezzo fai tutto. Sempre a patto di avere i tremila dollari di iscrizione annua.
Cliente chiama cliente
I suoi clienti sono perlopiù professionisti: "Tanti avvocati d'affari, specializzati in acquisizioni, oppure chirurghi, dentisti. Gente che ha poco tempo libero a disposizione e vuole ottimizzarlo. Il più delle volte diventiamo amici e finiamo a giocare insieme anche fuori dalle lezioni". L'indomani, per dire, partirà per quattro giorni sui campi della Florida invitato da un allievo. L'ingenuo registratore di cassa che è in me si allarma per il prolungato lucrum cessans: "È pur sempre un'importante occasione di networking. Non so chi ci sarà ma so che in questi anni clienti hanno portato altri clienti e altri clienti ancora. In altre parole giocare è un investimento". Pur soddisfatto del presente se proprio deve spingersi a immaginare un futuro lo colloca in California: "Campi da cartolina. Ritmi più lenti. Sole perenne. Mi vedrei bene a fare sempre l'Head Pro ma all'aperto, in un campo prestigioso a Los Angeles o a Santa Monica". In effetti ci sono prospettive peggiori.
In Italia torna un paio di volte all'anno, a trovare la famiglia. Tutta fiera del sogno americano realizzato dal ragazzo. D'altronde lo insegnava già 90 anni esatti fa Duke Ellington, parlando d'altro, in It Don't Mean a Thing (If It Ain't Got That Swing): "Non significa niente se non ha lo swing giusto". Il fatto che per acquisirlo ci sia da pagare dodici volte il salario minimo è uno di quei dettagli che New York digerisce meglio di qualsiasi altra metropoli.

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