16.7.23

dopo il caso di Beatrice Verzi ecco il caso DI Alberto Veronesi direttore del Festival Puccini che ha diretto la boheme bendato

   COSA  E' SUCCESSO 

Alberto Veronesi dirige la Boheme bendato per protesta, il pubblico non gradisce e fischia. Figlio dell’oncologo Umberto, è passato dal Pd a Fdi

Alberto Veronesi dirige la Boheme bendato per protesta, il pubblico non gradisce e fischia. Figlio dell’oncologo Umberto, è passato dal Pd a Fdi

Il direttore del Festival Puccini contro la scelta del regista di ambientare l'opera nel '68 francese. "Non voglio partecipare allo scempio visivo di un autore, che viene stuprato"

Stuprano la Boheme di Puccini e io la dirigo bendato. Ha fatto scalpore la decisione provocatoria del maestro Alberto Veronesi che la sera del 14 luglio sul palco del Gran Teatro Puccini di Torre del Lago è salito con una benda sugli occhi. Rivolgendosi al pubblico ha spiegato: “Non voglio vedere queste scene”.


 Christophe Gayral, regista   di  questa   versione  della boheme  commenta ,  sempre  sul  corriere  del 16\7\2023 il gesto del direttore d’orchestra: «Sapeva tutto fin dall’inizio e non aveva avuto nulla da ridire, quella benda è arrivata dopo le uscite di Sgarbi» .
Ora  
Di prime tempestose e di regie contestate è piena la storia del teatro d’opera. Nel 2015 ad  esempio   alla Royal Opera House il Guillaume Tell firmato da Damiano Michieletto creò scandalo per una scena di stupro, e già alla prima della Scala del 2009 aveva fatto scalpore la sensualissima Carmen di Emma Dante: Zeffirelli se ne disse sconcertato. "Ma che il direttore d’orchestra si bendi gli occhi per non vedere quanto viene presentato sul palco, lo trovo un’assoluta sciocchezza", commenta Alberto Mattioli, storico della musica, critico e drammaturgo, autore di vari saggi, fra cui Pazzo per l’opera e il più recente Gran Teatro Italia (Garzanti).    Infatti   ecco    cosa    ancora  Alberto Mattioli, in  https://www.quotidiano.net/cronaca/il-critico-musicale-modernizzare-lopera-scelta-normale-e-giusta-3a8cbdca

Mattioli, perché non approva il gesto del maestro Veronesi ?

"Perché suppongo che un direttore d’orchestra, quando conduce un’opera, abbia visto prima la messinscena e l’allestimento: avrà sicuramente parlato con il regista, avrà effettuato delle prove... Non ho assistito alla recita a Torre del Lago, quindi non posso parlare da testimone, ma che senso ha bendarsi gli occhi la sera della prima? Se non ritiene adatta la regia, il direttore può bocciare lo spettacolo in anticipo e abbandonare il progetto".

Qualcuno lo ha già fatto nella storia?

"Certo. È rimasta memorabile la querelle fra Luca Ronconi, al suo debutto operistico alla Scala nel 1974, con il maestro tedesco Wolfgang Sawallisch. Era stato progettato un intero Ring di Wagner con la regia di Ronconi e le scene di Pier Luigi Pizzi, ma dopo Valchiria e Sigfrido il direttore decise di abbandonare il progetto per i dissapori con il regista. L’intero Ring venne poi ripreso e completato a Firenze con Zubin Mehta sul podio".

Il direttore rischia davvero di essere soltanto un ‘battitore del tempo’?

"Ma per carità... Il direttore è il responsabile dello spettacolo, il vero dominus. Proprio per questo può far notare le sue osservazioni prima dello spettacolo: non ha senso farlo dopo. Nel 1924, Arturo Toscanini annunciò che non avrebbe diretto la prima postuma di Turandot se avesse dovuto eseguire anche Giovinezza: Mussolini allora restò a casa e Toscanini la spuntò".

È sbagliato ambientare una Bohème nel ‘68 francese?

"Assolutamente no. Tra l’altro una Bohème calata negli stessi anni, con la regia di Stefano Trespidi, vicedirettore artistico della Fondazione Arena, è andata in scena proprio pochi mesi fa al teatro Filarmonico di Verona e nessuno ha mosso ciglio. Chi si scandalizza per una Bohème sessantottina allora non dovrà mai mettere piede all’Opèra di Parigi, dove è in repertorio un allestimento con Rodolfo e Mimì astronauti nello spazio".

Ma non è una provocazione?

"Qui la provocazione non c’entra. In base ad alcuni riferimenti storici presenti nel libretto, i fatti narrati nella Bohème si possono datare attorno al 1845-‘46 a Parigi. I giovani protagonisti hanno esattamente gli stessi ideali e le stesse passioni di quelli che (tra l’altro nelle stesse strade) avrebbero dato vita al ‘68 francese. E quindi la gioventù della soffitta ha gli identici sentimenti di quella dei nostri anni. Portare le opere a un’epoca più vicina al pubblico è utile per aiutarlo a comprenderne il significato e anche a identificarsi nei personaggi. La più bella Bohème che io abbia visto è quella firmata da Graham Vick per il Comunale di Bologna: era ambientata fra gli studenti dell’Erasmus".

Forse troppo?

"No, perché anche in tutta la storia dell’arte troviamo tantissime attualizzazioni. Pensi a capolavori come la Vocazione di San Matteo di Caravaggio, dipinta nel 1599, dove i personaggi sono vestiti con abiti di quell’epoca, e non certo del periodo storico a cui si riferisce l’episodio, e alle Madonne dei grandi artisti che indossano vesti rinascimentali. Dovremmo cancellarle tutte  ?  

 ma   allora    non  si può neppure  contestare     ?   certo che  si  può   e si  deve      è  il  sale della democrazia  .  Ma  farlo   perchè lo senti  tu  non  come le pecore     perchè   te lo suggerisce l'altro .Ma   soprattutto    farlo   informandoti   vedendola  prima   .  Infatti  Sgarbi e Veronesi contestano proprio quella valenza sociale e politica. «Si vede che non conoscono bene il libretto di Giacosa e Illica, ispirato al romanzo di Henri Murger, Scene di vita di Bohème. Dove un gruppo di giovani, Rodolfo e i suoi amici, poeti, pittori, filosofi, vogliono amare, ubriacarsi di vino e di carezze, cambiare il mondo. Non mi pare così strano e ancor meno forzato trovare un parallelo tra quegli artisti poveri, traboccanti di vitalità e ideali, e i ragazzi del ’68. La Bohème di Puccini è intrisa di poesia e emozioni ma anche di un contesto utopico e sociale».E  quindi   un riadattamento  ci  può anche  stare   senza  però  snaturare   completamente la  base  dell'opera  . Ed  da quel che ho letto   non mi sembra    che  cio'  sia  avvenuto  . 


prima    fa  " lo  scemo "  ed  i  servizievole  visto  che  lo ha  fatto  cosi sembrerebbe  su   sugerimento  di Sgarbi      e  poi  anzichè  accettare  le  conseguenze  cosa  fa  piange   e  fa la  vittima  

  da  Bufera al Pucciniano, la Fondazione licenzia Veronesi. L'ira del Maestro: "Momento triste per la cultura" - Luccaindiretta

Bufera al Pucciniano, la Fondazione licenzia Veronesi. L’ira del Maestro: “Momento triste per la cultura”

La decisione dopo l'esibizione 'bendata' sul palco di Torre del Lago. Ma il direttore d'orchestra rivendica la protesta: "Chiedo al ministero se sia corretto finanziare l’arte strumentalizzata nel nome della propaganda politica"


non rendendosi      conto   che   anche   il  filogovernativo  IL GIORNALE   lo rimprovera

Dirigendo senza guardare l'orchestra, Veronesi ha mortificato l'opera
Storia di Giovanni Gavazzeni  6 h fa

Dirigendo senza guardare l'orchestra, Veronesi ha mortificato l'opera
Dirigendo senza guardare l'orchestra, Veronesi ha mortificato l'opera© Fornito da Il Giornale

La competenza regnante è foriera di accadimenti che non potrebbero albergare nemmeno nelle menti più confuse. Un direttore d'orchestra, Alberto Veronesi (foto), in segno di protesta verso la regia decide di dirigere bendato (se dissenti, o ne discuti prima o non dirigi, come è accaduto tante volte anche a direttori di certa autorità). Il suddetto direttore ha spiegato che intendeva protestare contro il ruolo ancillare del direttore d'orchestra ridotto dai registi a battitore di misura, cioè a fare esattamente quello che lui fa da decenni. Il pubblico, quello del Festival pucciniano di Torre del Lago, lo apostrofa salacemente, ma lui tira dritto e conclude una prestazione definita in vari modi, dai quali vogliamo escludere quella che fa riferimento al «pagliaccio», essendo ingiusto accostare un simile episodio a quella gente seria che sono gli artisti circensi e i pagliacci in particolare. Una voce istituzionale ha ironizzato sull'episodio grottesco e imbarazzante: era uno sfoggio di memoria. Chiunque abbia messo piede in un teatro sa che per tenere assieme uno spettacolo d'opera ci vuol altro che la memoria (fingerla non è cosa né rara, né impossibile), ma c'è bisogno del costante contatto visivo tra direttore, orchestra e palcoscenico. A maggior ragione in un'opera come La bohème dove il discorso è un continuo e difficilissimo movimento, suscettibile di imprevisti ad ogni istante. Davanti a simili accadimenti l'Opera ne esce, per usare un eufemismo, mortificata; mentre l'interessato incassa titoloni e clamore, quando invece ci vorrebbe un definitivo altolà. Se fossero stati al mondo due musicisti della levatura e del temperamento di Giacomo Puccini e Pietro Mascagni (il celebre operista che diresse per primo La bohème a Torre del Lago) l'attore di questa demenziale sceneggiata non sarebbe stato fatto entrare in teatro nemmeno pagando il biglietto




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