24.4.21

GIORNATA DELLA TERRA E DEA MADRE

 GIORNATA DELLA TERRA E DEA MADRE


In occasione della giornata della terra svoltasi ieri, vorrei parlarvi della Dea Madre ed in particolare della Dea Madre Sarda in epoca nuragica e prenuragica. Molte statuine che la rappresentano sono state trovate in grotte o ripiani come ad esempio  nel Santuario di Monte Accodi. Si pensa che non si possa escludere una loro destinazione funeraria, nel senso che potrebbero appartenere a tombe poste ai margini di un centro abitato. Ne consegue che anche in Sardegna , in sintonia con quanto avviene anche in Europa e nel vicino medio oriente, il culto della Dea Madre ha una tradizione antichissima che affonda le sue origini fin dal paleolitico. La Dea Madre rappresentava una divinità primordiale, genitrice e nutrice, detentrice del segreto della vita degli esseri umani, animali e piante.Nella cultuta preistorica la capacità di dare vita ad un singolo essere umano, sembra dipendere solo dalla donna, in quanto in grado di partorire. La Dea Madre poteva inoltre  alleviare l'evento traumatico della morte ed assicurarne la vita dopo la stessa in una riebolazione ciclica dalla nascita alla rinascita nell'aldilà. I defunti venivano deposti in una posizione ranicchiata, con accanto il corredo ed una statuina che simboleggiava la Dea Madre.La più grande Dea Madre Sarda è quella di Turriga che viene considerata la più bella effige del mediterraneo, fu scoperta da un contadino,  dissoterrando la terra con l'aratro. Questo esemplare risulta essere il più grande e meglio conservato tra tutti quelli ritrovati in Sardegna sino ad oggi, si presenta come una figura femminile in marmo alta 45 cm e larga 18 cm, stilizzata e dai grossi seni, prodotta probabilmente intorno al IV secolo  a.C.; Essa è conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

 tratto dall'articolo  scritto da Maria Lidia Contu"  su Vistanet.it



Jana poesia di Daniela Bionda

Mi chiamo Jana e sono uno spirito dell'acqua, ed a me si rivolge la gente con offerte e sacrifici. Non sono una fata malvagia, un po' dispettosa, ma anche pietosa, quando dalla mia sorgente, dispenso la vita o la morte. Vorrei essere chiamata Jana, solo Jana, e non natura matrigna e traditrice, ma anche buona vicina, dono del cielo.
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Attorno al mio pozzo sacro io e le mie sorelle, spiriti allegri, danziamo a piedi nudi sull'erba umida, in una ridda sempre più veloce, sotto la luce argentea della luna.
L'arrivo dei conquistatori nell'isola dei venti, cambiò tutto, occuparono le nostre grotte, modificarono gli equilibri esistenti. Ogni notte mi insinuai nei loro sogni sussurrando dolci armonie, inutilmente li pregai di unirsi a me nella danza. Né latte o miele per evocare o placare Jana. Così poco a poco, la magia di cui era intrisa l'isola svani e con essa il popolo fatato, antica memoria di fiabe narrate accanto ad un fuoco

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