ma finitela di strumentalizzare le dolorose vicende dei figli della luna . Il caso di Malika

 in sottofondo 
Alice  - F.  de  Gregori


Lo so che     che  sarò  accusato   di :  minimizzare  la  sua  vicenda  e  d'essere  omofobo e transfobico  perchè critico    vedere  post    precedente  sulle  mie obbiezioni al    il decreto Zan . Cosa  ben 
lontane  da me  ,  ma  chi  :  1)  mi segue  con assiduità    .,  2)  chi  ha  un po'  d'onesta   culturale   e  vede  lontano  s'accorge  che   sono  l'apposto   e    che  la  sua  dolorosissima  (come quelle  di molte     che  rimangono nell'ombra  e  nascoste  ed  in  silenzio )   ma la  vicenda  è  strumentalizzata sia   in buona fede    (  come nel  caso sotto riportato )     sia   per  opportunismo    \  radical  chic    

Cacciare la propria figlia, una ragazzina di 22 di casa e cambiare la serratura perchè ama una ragazza è inaccettabile! Diamoci una mano 🤚
#DiamociUnaMano #DdlZan 
Vanity Fair Italia

Photo by Francesca Losappio







 da i  fautori  a  tutti i  costi    del  decreto Zan   e del politicamente   corretto . 
  Infatti   leggo   nell'articolo  sotto    riportato   alcuni retroscena   ignorati  dai media  ufficiali  sulla  sua  vicenda  .

da  https://feministpost.it/magazine/primo-piano/omissis-su-malika/

La storia di Malika è orripilante, questo è certo. Quando in una famiglia girano espressioni tipo “Ti taglio la gola”, le cose stanno andando veramente molto male. Probabilmente sono espressioni abituali quando corre violenza domestica. E la violenza sulle donne è un fenomeno incredibilmente diffuso. Solo che stavolta, diversamente dal solito, la violenza verbale è stata registrata e trasmessa online e in tv.

Malika Chalhy ha un fratello che si chiama Samir, suo padre si chiama Aberrazak (l’origine è marocchina).

 La madre invece è italiana. Gira una foto con tutta la famiglia velata: la foto è vera -tratta dal profilo FB del padre- non si tratta di un fake, ma le donne portano il velo in occasione di una festa. Non sappiamo quindi se la famiglia di Malika sia una famiglia islamica tradizionalista. Sappiamo però per certo che tutti i media hanno deliberatamente omesso di dire che il padre di Malika è di cultura musulmana.
Può essere che questo (difficile) non abbia nulla a che fare con il comportamento della famiglia nei confronti della ragazza. Può essere invece che le origini offrano una significativa chiave di lettura.
Più ancora che le terribili, viscerali e rabbiose parole della madre, colpiscono le minacce del fratello Samir: “ti taglio la gola”, “sei una tumorata lesbica”. Oggi è abbastanza difficile che un ragazzo sui vent’anni reagisca in questo modo alla notizia che sua sorella è omosessuale. Può rimanerci male, restare perfettamente indifferente oppure solidarizzare con lei. Quel tipo di reazione parla di una cultura del controllo, del possesso e del dominio che oggi dalle nostre parti, tra fratelli e sorelle, è del tutto inusuale (nel passato non lo è stata). Quindi di un atteggiamento robustamente patriarcale, che attiene al dovere di salvare l’onore della famigliatrasmesso in chiave patrilineare e garantito dalle donne di casa costrette alla trasmissione dei “valori” e all’autosessismo genealogico. Ma qui ci muoviamo nel campo delle ipotesi.
Restando alle certezze: Malika è stata trattata in modo orribile; i media hanno deliberatamente scelto di non parlare delle origini della famiglia. Una scelta ideologica che somiglia molto al silenzio sugli stupri “etnici” nel Nordeuropa: la stessa polizia svedese ha ammesso che per lungo tempo aveva taciuto sulle violenze sessuali a opera di giovani immigrati per non offrire argomenti alla destra xenofoba. Anche in questo caso si ritiene più opportuno e più corretto puntare l’obiettivo su un’omofobia generalizzata che sulla cultura del dominio patriarcale.
Ma la storia di Malika, che si è giustamente ribellata, potrebbe forse somigliare più di quanto appaia a quella della pakistana-bresciana Hina Saleem, uccisa dal padre con l’aiuto di parenti perché aveva un fidanzato italiano e voleva vivere come tutte le sue amiche: 12 anni dopo la sua morte il fratello Suleman ha rimosso la foto dalla sua tomba al cimitero perché in quella immagine appariva “troppo spogliata”. Potrebbe, dico: ma l‘ipotesi va messa in conto. E non può essere messa in conto se, contro ogni deontologia, i media nascondono parte delle notizie, potremmo anche dire le censurano per non andare a cercare guai e non apparire culturalmente scorretti.

Hina Saleem

Da meticcia “interna” (padre del Nord, madre di origini meridionali), la mia vita e il mio corpo sono stati campo di battaglia tra una cultura violentemente patriarcale, paradossalmente incarnata da una madre a sua volta vittima e ribelle, e una cultura decisamente più aperta di cui era portatore mio padre, figlio e nipote di donne già emancipate. Conosco intimamente quelle dinamiche, e le riconosco ogni volta con profondo dolore.Forse Malika è vittima di omofobia, e si presta benissimo come simbolo della battaglia per il ddl Zan -che dovrebbe concentrarsi su questo e lasciar perdere l’identità di genere-. O forse le cose non sarebbero andate diversamente se Malika avesse avuto un fidanzato maschio che non piaceva a casa. Forse, più ordinariamente -e ci sta dentro tutto- Malika è vittima del dominio maschile, quello che riempie le statistiche e nella sua “naturalità” continua a non fare notizia.

                                    Marina Terragni

AGGIORNAMENTO

Mentre  mi accingo   a premere  il  tasto  pubblica  , leggo sul  grupPo  facebook   I-dee  quest'articolo  di  https://www.dailymuslim.it/

La giovane Malika proviene da una famiglia non credente

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Malika Chahly, di anni 22, che avrebbe fatto coming out, rivelando la sua omosessualità è in parte marocchina, ma la famiglia non sarebbe particolarmente credente.I media italiani hanno prima accusato la Chiesa Cattolica, che non è solo quella dei vari Pillon e Adinolfi, ma è composta anche da lgbt credenti ed ora, accusano la religione musulmana, dimenticando che se è vero che molti nordafricani sono musulmani sunniti, non è scontato che un marocchino sia di religione islamica e che segua i dettami della fede. Inoltre, è bene ricordare, che nella stessa Umma vi sono voci discordanti sulla questione gay: si passa dalla condanna penale all’idea che sia una normale inclinazione. Non mancano infatti persino imam apertamente omosessuali, come l’algerino Ludovic Mohamed Zahed, passato dal letteralismo al “liberalismo”.

 Ecco che  al di là del credo    religioso  della famiglia   sempre  di  violenza   e discriminazione   della diversità si tratta 

 



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