Una coppia si è sposata nella Chiesa di San Salvatore in Lauro, nel cuore di Roma, senza nessun invitato. Solo loro due
È stato un matrimonio semplice, senza amici o parenti, quello celebrato nella Chiesa di San Salvatore in Lauro, nel cuore di Roma. I due sposi erano soli in una chiesa deserta a dirsi il fatidico sì, davanti l’altare. Davanti a loro il prete che ha svolto la funzione e accanto due testimoni. Niente invitati festanti. Nessun parente commosso. Ad immortalare l’intima cerimonia è stata Loredana Pronio, collaboratrice parlamentare del Movimento 5 Stelle ed ex delegata al Benessere animale della sindaca Virginia Raggi. Non appena pubblicata sul suo profilo Facebook, la foto è diventata immediatamente virale.“Credevo di aver visto, non dico tutto, ma abbastanza.” Scrive la Pronio. “E invece questa mattina sono passata nella mia parrocchia. È il mio rito quotidiano. Entro e noto due giovani all’altare. Guardo bene e vedo due sposi! Questi due ragazzi si stavano sposando in una chiesa completamente vuota! Nessun parente, nessun amico. Solo due pseudo fotografi che forse gli avranno fatto anche da testimoni. Mi sono avvicinata all’altare e noto che lei è in dolce attesa. E allora ho pensato che quella coppia di sposi non era sola. I due ragazzi erano in buona compagnia. La migliore in assoluta. Buona vita a tutti tre”.Innumerevoli sono stati i commenti di approvazione da parte della comunità di Facebook. “Bellissima scelta. Lo sfarzo e il lusso non servono a niente”. Scrive un utente. Molti altri commentano con esclamazioni quali “Che meravigli o “Che emozione”. Mentre un altro utente dice chiaramente: La migliore scelta possibile. Sfarzo e lusso non servono”. La stessa collaboratrice parlamentare poi scrive: “Forse questo è un matrimonio vero? Senza clamore. Senza bocche da sfamare al banchetto nuziale, senza regali obbligatori e senza fiori strappati solo per ornare la navata… senza “RISO” all’uscita. Ma , sicuramente, qualcosa che gli strapperà un “sorRISO “ nei prossimi anni!”.
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Neonato abbandonato in un sacchetto dalla mamma, dopo tre anni strappato ai genitori affidatari: «Deve tornare da chi l'ha partorito»
Ilaria Del Prete
Abbandonato alla nascita dai genitori, chiuso in un sacchetto di plastica con il cordone ombelicale ancora attaccato, arrivato in ospedale in grave ipotermia e ipoglicemia ma sopravvissuto dopo aver lottato strenuamente. La storia del piccolo Miele, questo il soprannome che gli hanno dato i genitori affidatari che lo crescono con amore da quando aveva solo 16 giorni, sembrava aver trovato il più felice dei finali. E invece no: il bambino oggi rischia di essere strappato dalle braccia di mamma e papà ed essere riconsegnato alla donna che lo ha partorito e che è ancora sotto processo penale per concorso in abbandono di minore, il tutto a causa di un errore giudiziario. Un provvedimento del Tribunale di Catania, dopo un intervento della Corte di Cassazione, dispone il ritorno del piccolo dalla madre biologica entro il prossimo 28 dicembre. Ma gli unici genitori che il bimbo abbia mai conosciuto, che avevano fatto richiesta di adozione, non ci stanno, e hanno lanciato una petizione affinché Miele resti a casa sua e al momento sono oltre 22mila le firme raccolte dalla petizione online sul portale Change.org "Lasciate Miele con la sua mamma e il suo papà".
La storia di Miele
Il neonato fu abbandonato a Ragusa nel novembre del 2020. A trovarlo fu il padre naturale, che finse di essersi casualmente ritrovato il piccolo davanti il suo esercizio commerciale. Il bambino era nato da una relazione extraconiugale con una donna che aveva già altri due figli, compresa una ragazzina di cui è lui il padre. L'uomo, col rito abbreviato, è stato condannato a due anni reclusione per abbandono di minorenni. Con la stessa accusa è a processo, con udienza a febbraio del 2024, davanti al Tribunale di Ragusa, la madre che adesso chiede di potere riavere suo figlio. La donna ha sostenuto di non aver mai avuto intenziona di abbandonare il piccolo, ma di averlo affidato al padre naturale per portarlo in un ospedale.
L'affido
Nella petizione lanciata dai genitori affidatari di Miele si legge: «Dopo 16 giorni dalla sua nascita, il Tribunale per i minorenni di Catania lo ha affidato a noi, da tempo in lista d'attesa per l'Adozione, dichiarandone - in assenza di segnali di interesse e riconoscimento da parte di nessuno - prima l'adottabilità e poi dopo due mesi l'affidamento pre adottivo, che tutela e avvia la nascita di un nuovo nucleo familiare. Se è in atto l'affido pre adottivo, infatti, non può più avvenire un riconoscimento tardivo da parte della famiglia biologica (articolo 11 L. 184/83), e non si può nemmeno chiedere la revoca dello stato di adottabilità del bambino (articolo 21 L. 184/83). Pensiamo quindi di poter dare a Miele un nuovo futuro, ma invece, per una catena di assurdi errori giudiziari, la corte d'appello di Catania revoca lo stato di adottabilità».
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