Il 26 novembre del 1930 nasceva Aldo Biscardi, l’uomo dai capelli rossi con quell’accento esageratamente del sud che ha lottato per la moviola in campo. Ha fatto solo in in tempo a vedere quella strana sperimentazione che hanno chiamato VAR e non hanno deciso se è maschio o femmina. (è morto nel 2017). Aldo Biscardi è stato un brioso giornalista, intrattenitore, inventore del “processo del lunedì”. Con lui, dal 1980, le chiacchiere da bar arrivano direttamente in televisione e le persone che vi partecipano, siano essi giornalisti, attori o uomini politici, si comportano proprio come nei peggiori bar di Caracas: finisce tutto in caciara in nome del Dio tifo (e poco di Eupalla tanto cara al grande Gianni Brera). Sono cresciuto con quella strana trasmissione che andava in onda in un’allora sconosciuta Rai3 terribilmente comunista. Chiaramente non era così ma “il processo del lunedì” sapeva moltissimo di lasagne, fagioli e ceci, emanava profumo di trattoria e regalava sapori semplici, ruspanti, con molte frattaglie. Come il gallo che “ottimizzava” il tutto. Persona auto ironica e
non banale Biscardi, noto “Pel di Carota”, riusciva a costruire autentici melodrammi anche presentando un’amichevole tra scapoli e ammogliati. Tutto, per lui, era una grande iperbole e al centro di tutto vi era il gioco del calcio. Ricordo memorabili discussioni tra lui e Giulio Andreotti, Bruno Pizzul, alcuni giornalisti tifosi sfegatati che a lui piaceva “pizzicare” e la bellissima telefonata tra lui e il presidente del Milan Silvio Berlusconi al quale rimproverò, in diretta, la poca dimestichezza con il “pluralismo”. E’ stato un compagno di viaggio caciarone nei primi anni della trasmissione che guardavo con simpatia e un pizzico di allegria. Poi, un po’ come tutte le cose, il processo si è “imborghesito” e dalla trattoria si è passati ad un mesto e lurido fast-food americano. Pieno di sceriffi e di gente che voleva solo menare. E Aldo Biscardi sempre più raccolto nelle sue parole e nel suo accento. Un tramonto rosso spento, come i suoi capelli che si erano ingrigiti. Alla fine la tanto agognata moviola in campo è arrivata ma il calcio non è cambiato. Siamo noi che abbiamo finito di considerarlo uno sport. Il romanticismo è finito da un pezzo. Come il tuo vecchio processo. Anzi, in questi giorni di mondiale dove noi non ci siamo (non oso immaginare cosa avrebbe raccontato il Biscardone) lo sport è passato in secondo piano davanti a diritti negati, a morti sul lavoro, a divieti assurdi in uno Stato dove il campo di calcio non è più un luogo dove rotola la palla e dove tutte le nostre metafore sembrano non funzionare. Tutto questo, credo, non sarebbe piaciuto ad Aldo Biscardi, come non piace a me.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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